È vero che il gas estratto in più in Italia sarà «subito» disponibile?

Lo ha detto il ministro Pichetto Fratin, sottolineando che le aziende dipendenti dal gas lo avranno in tempi rapidi, a un prezzo conveniente: ecco se e come sarà possibile
MARTIN SCHUTT/ANSA
MARTIN SCHUTT/ANSA
Il 14 novembre, in un’intervista con Avvenire, il ministro per l’Ambiente e la Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha difeso la misura, introdotta dal governo con il nuovo decreto “Aiuti”, per aumentare le concessioni per l’estrazione di gas nel mare Adriatico. Secondo Fratin, non bisognerà aspettare anni e questo gas sarà «subito» messo a disposizione delle aziende, a un prezzo più basso di quello attuale, per contrastare i rincari energetici. 

È davvero così? Abbiamo verificato.

Il provvedimento del governo

Il 10 novembre il Consiglio dei ministri ha approvato un nuovo decreto “Aiuti”, che, tra le altre cose, contiene una misura per aumentare la produzione di gas naturale nel territorio italiano. Al momento, il testo del decreto non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, ma sono state diffuse alcune bozze del testo e il suo contenuto è comunque stato presentato nella conferenza stampa del 4 novembre dal ministro Pichetto Fratin. 

Semplificando un po’, il governo intende favorire l’autorizzazione di nuove concessioni per la ricerca e l’estrazione di gas naturale in Italia, anche in deroga ad alcune norme oggi in vigore. Per esempio, per i giacimenti in mare la distanza minima dalle coste a partire da cui sarà possibile estrarre gas è stata ridotta da 12 a 9 miglia. Oggi in Italia sono presenti 138 piattaforme marine, ma 94 si trovano in aree protette oppure a meno di 12 miglia dalla costa, e sono quindi inutilizzabili. 

I permessi per esplorare ed estrarre gas saranno concessi per i soli giacimenti che hanno una capienza minima stimata di 500 milioni di metri cubi, per evitare la proliferazione di pozzi poco produttivi. Inoltre, tutte le operazioni estrattive dovranno svolgersi al di sotto del quarantacinquesimo parallelo, ossia all’incirca all’altezza di Rovigo, in Veneto, in modo da proteggere l’area dell’alto Adriatico e in particolare la laguna di Venezia, dove le attività legate alla ricerca e all’estrazione di idrocarburi sono vietate dal 2008 a causa del rischio di subsidienza, ossia il possibile abbassamento del livello del suolo.

L’11 novembre, in conferenza stampa, Meloni ha affermato che la riattivazione dei siti posti tra le 9 e le 12 miglia dalla costa e la concessione di nuovi permessi consentirà di ottenere 2 miliardi di metri cubi di gas all’anno, una quantità che permetterebbe di coprire «l’intero fabbisogno delle aziende gasivore italiane», ossia quelle che utilizzano grosse quantità di gas naturale per le loro attività, come il settore delle siderurgia, del vetro e della ceramica. La quantità non avrebbe però un impatto significativo sul fabbisogno nazionale del Paese: l’Italia consuma in media tra i 70 e i 75 miliardi di metri cubi di gas all’anno, e quindi i 2 miliardi di metri cubi di gas stimati dal governo coprirebbero circa il 2,5 per cento della richiesta.

In ogni caso, la messa in attività di nuovi siti estrattivi può richiedere diversi anni. Per fare in modo che le imprese italiane possano beneficiare nel breve termine di un aumento delle forniture, il governo intende attivare accordi specifici con le aziende concessionarie del gas, che dovranno impegnarsi a consegnare fin dall’inizio del 2023 le quote di gas che si aspettano di estrarre nei mesi e negli anni successivi.

L’accordo tra concessionari, Gse e imprese gasivore

Secondo le informazioni attualmente disponibili, i concessionari interessati ad aumentare l’estrazione di gas naturale e approfittare delle nuove norme potranno aderire autonomamente all’iniziativa del governo, accettando però di cedere i diritti di acquisto del nuovo gas estratto al Gestore dei servizi energetici (Gse), una società controllata dal Ministero dell’Economia. In particolare, i concessionari si impegnano a fornire al Gse, a partire dal 1° gennaio 2023, almeno il 75 per cento del gas che presumono di estrarre, grazie ai nuovi permessi, nei primi due anni di attività, e in seguito il 50 per cento fino a 10 anni. Il gas in questione sarà rivenduto alle imprese gasivore a un prezzo calmierato, compreso tra i 50 e i 100 euro al megawattora. 

Di fatto quindi, almeno in un primo periodo, i concessionari che si occuperanno delle attività estrattive forniranno alle imprese il gas che hanno già a disposizione, e non necessariamente quello estratto in Italia dai nuovi giacimenti, la cui attivazione potrebbe richiedere anni. 

Quanto gas abbiamo in Italia

I dati più aggiornati sulle riserve di gas disponibili in Italia sono pubblicati sul sito del Ministero della Transizione ecologica (rinominato Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dal governo Meloni). 

Al 31 dicembre 2021, l’Italia aveva riserve certe di gas naturale – quindi con una probabilità di estrazione e commercializzazione pari almeno al 90 per cento – per quasi 39,9 miliardi di standard metri cubi. Lo standard metro cubo è la quantità di gas contenuta in un metro cubo a condizioni standard di temperatura (15 °C) e di pressione (1.013,25 millibar, cioè la pressione atmosferica). Le riserve probabili, recuperabili con una probabilità superiore al 50 per cento, erano pari a 44,5 miliardi di standard metri cubi, mentre quelle possibili, ossia più difficilmente sfruttabili ed estraibili, di 26,7 miliardi. 

Complessivamente quindi, secondo le stime del Ministero, in Italia sono presenti circa 111 miliardi di metri cubi di gas, sufficienti a coprire il fabbisogno nazionale per circa un anno e mezzo. Per avere un ordine di grandezza, secondo la società energetica britannica Bp in Russia sono presenti 37.400 miliardi di metri cubi, 32.100 in Iran e 24.700 in Qatar.

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