Schlein sbaglia: con Meloni non sono partiti 500 mila giovani

L’emigrazione giovanile è un problema serio, ma i dati ISTAT smentiscono il numero citato dalla segretaria del PD
ANSA/MATTEO CORNER
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Il 26 ottobre, ospite a Che tempo che fa su Nove, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha detto che durante il governo Meloni le condizioni di vita degli italiani sono peggiorate. A sostegno della sua tesi, ha dichiarato che «500 mila giovani hanno fatto la valigia e sono partiti perché i contratti sono troppo precari e perché i salari sono troppo bassi». «È una specie di decreto “Flussi” all’incontrario, che porta la firma di Giorgia Meloni», ha aggiunto Schlein. 

Con quell’espressione, Schlein ha fatto riferimento al decreto con cui ogni anno il governo stabilisce quanti lavoratori stranieri non comunitari possono entrare legalmente in Italia per motivi di lavoro. Secondo la leader del Partito Democratico, dunque, mentre il governo autorizza l’ingresso di lavoratori stranieri, nello stesso periodo centinaia di migliaia di giovani italiani sarebbero costretti a emigrare per la mancanza di opportunità e salari adeguati.

Abbiamo verificato che cosa dicono le statistiche ufficiali, e il numero citato da Schlein risulta molto esagerato.

In Italia le stime sull’emigrazione dei cittadini italiani si basano sui dati dell’ISTAT, raccolti attraverso l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), alla quale devono iscriversi coloro che vivono fuori dal Paese per più di dodici mesi. Le iscrizioni all’AIRE rappresentano quindi la misura ufficiale delle partenze e permettono di stimare quante persone, ogni anno, lasciano stabilmente l’Italia.

Secondo i dati più aggiornati, nei primi due anni di governo Meloni sono emigrati nel complesso circa 270 mila italiani, di tutte le età: 156 mila nel 2024 e 114 mila nel 2023. Il numero sale a circa 370 mila se si considera anche il 2022, quando però l’attuale governo si è insediato solo a fine anno. Anche tenendo conto di quest’ultimo dato, si resta ben lontani dai «500 mila giovani» evocati da Schlein: in due anni gli italiani che hanno lasciato il Paese sono quasi la metà, e non tutti giovani.
È vero che i 156 mila espatri registrati nel 2024 rappresentano un record dal 2002, cioè da quando l’ISTAT dispone di dati comparabili. Ma c’è una spiegazione importante: nel 2024 è entrata in vigore una sanzione per chi, pur vivendo all’estero da oltre un anno, non si iscrive all’AIRE come previsto dalla legge. È quindi probabile che una parte degli espatri registrati quell’anno riguardi cittadini già trasferiti all’estero da tempo, che hanno semplicemente regolarizzato la propria posizione anagrafica per evitare la multa.

Nel suo database, l’ISTAT fornisce anche i numeri relativi all’emigrazione dei cittadini tra i 18 e i 39 anni, la fascia che possiamo considerare “giovane” in senso ampio. Nel 2024 circa 93 mila giovani italiani hanno trasferito la residenza all’estero, nel 2023 quasi 67 mila. In totale, 160 mila nei primi due anni del governo Meloni: un dato distante dal mezzo milione citato dalla segretaria del Partito Democratico.

Da dove nasce allora quella cifra? Molto probabilmente da una confusione con un altro dato, rilanciato negli scorsi mesi da diverse testate giornalistiche. In un rapporto pubblicato nell’ottobre 2024, la Fondazione Nord Est – un centro studi che analizza le dinamiche economiche e sociali dell’Italia – ha stimato che tra il 2011 e il 2023 siano emigrati circa 550 mila giovani italiani. Sottraendo coloro che sono poi rientrati, il saldo netto risulta di circa 377 mila giovani che hanno effettivamente lasciato il Paese.

Secondo la Fondazione, molti di loro hanno scelto di emigrare per cercare migliori opportunità professionali o di studio e per una qualità della vita più alta. Solo una minoranza ha indicato come motivo principale l’aumento del salario. Una volta all’estero, la maggior parte ha trovato lavoro e si è dichiarata più soddisfatta della propria vita rispetto ai coetanei rimasti in Italia. Tra i motivi che spingono a non tornare prevalgono la mancanza di meritocrazia, le scarse prospettive di crescita e la percezione di un ambiente poco innovativo, dove i salari non sono proporzionati al costo della vita.

In ogni caso, il dato di oltre mezzo milione di giovani emigrati si riferisce a un periodo molto più lungo – tredici anni, dal 2011 al 2023 – e descrive un fenomeno strutturale, che ha coinvolto governi di ogni colore politico, compresi quelli guidati dal Partito Democratico. Schlein, citando quella cifra, ha attribuito a due anni un fenomeno che si è sviluppato nell’arco di oltre un decennio, trasformando una tendenza di lungo periodo in un presunto effetto immediato del governo Meloni.

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