Nella notte tra il 15 e il 16 agosto la direzione del Partito democratico, guidata dal segretario Enrico Letta, ha approvato le liste dei candidati ai collegi uninominali e plurinominali di Camera e Senato per le prossime elezioni politiche del 25 settembre.
Come riportato da diverse fonti stampa, la votazione è arrivata dopo una lunga giornata per il Pd: la riunione del direttivo era infatti inizialmente convocata alla sede del Nazareno per le ore 11 di mattina del 15 agosto, ma è slittata prima alle 15, poi alle 20, alle 21:30 e non è iniziata se non dopo le 23.
Quando è stata approvata, la delibera con le liste registrava ancora tre voti contrari e cinque astenuti all’interno della direzione del partito, segno che il suo contenuto non è stato condiviso all’unanimità. Ma perché la stesura delle liste è stata un processo così divisivo?
In breve: i malumori all’interno del Pd sono nati a causa dell’esclusione di diversi esponenti di primo piano dalle candidature di Camera e Senato, dovuta in parte alla riduzione del numero dei parlamentari, che passeranno da 945 a 600 nella prossima legislatura. Molti parlamentari uscenti non potranno quindi competere per un seggio in Parlamento nella prossima legislatura. Inoltre, alcuni parlamentari di lungo corso sono stati candidati in collegi considerati “perdenti” dai sondaggi e difficilmente risulteranno eletti.
Come riportato da diverse fonti stampa, la votazione è arrivata dopo una lunga giornata per il Pd: la riunione del direttivo era infatti inizialmente convocata alla sede del Nazareno per le ore 11 di mattina del 15 agosto, ma è slittata prima alle 15, poi alle 20, alle 21:30 e non è iniziata se non dopo le 23.
Quando è stata approvata, la delibera con le liste registrava ancora tre voti contrari e cinque astenuti all’interno della direzione del partito, segno che il suo contenuto non è stato condiviso all’unanimità. Ma perché la stesura delle liste è stata un processo così divisivo?
In breve: i malumori all’interno del Pd sono nati a causa dell’esclusione di diversi esponenti di primo piano dalle candidature di Camera e Senato, dovuta in parte alla riduzione del numero dei parlamentari, che passeranno da 945 a 600 nella prossima legislatura. Molti parlamentari uscenti non potranno quindi competere per un seggio in Parlamento nella prossima legislatura. Inoltre, alcuni parlamentari di lungo corso sono stati candidati in collegi considerati “perdenti” dai sondaggi e difficilmente risulteranno eletti.