Non ci sono prove che l’80 per cento delle leggi italiane venga da Bruxelles

Tajani rilancia un mito che circola ormai da decenni sia tra gli euroscettici sia tra i principali sostenitori dell’Ue 
Philipp von Ditfurth/dpa
Philipp von Ditfurth/dpa
Il 29 maggio il segretario di Forza Italia Antonio Tajani ha invitato gli elettori ad andare a votare alle elezioni europee con un video pubblicato su Instagram, girato dalla sede del Parlamento europeo a Bruxelles. Secondo Tajani, votare è «importante» perché «l’80 per cento delle leggi che approviamo in Italia sono frutto delle leggi che si approvano qui a Bruxelles». «Si decide a Bruxelles e poi si trasformano in norme italiane alla Camera e al Senato», ha aggiunto il ministro degli Esteri.

Quanto è affidabile la percentuale citata da Tajani? E da dove viene questa stima? Abbiamo controllato e non ci sono prove che il segretario di Forza Italia abbia ragione. La storia dell’«80 per cento» è una sorta di mito che circola da parecchio tempo: gli studi accademici hanno calcolato percentuali più basse, ma vanno presi comunque con la dovuta cautela.

Quali leggi sono approvate in Italia

Un punto di partenza per capire se quello che dice Tajani è corretto oppure no sono i numeri pubblicati dall’Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati. Questo osservatorio calcola periodicamente quante norme sono approvate dal Parlamento italiano e dal governo, e le loro tipologie.

Durante la diciottesima legislatura, iniziata il 23 marzo 2018 e finita il 12 ottobre 2022, sono state approvate 315 leggi, di cui cinque (il 2 per cento) rientrano nella categoria delle cosiddette “leggi europee”. Le leggi di questo tipo hanno vari obiettivi: per esempio recepiscono il contenuto di norme approvate dalle istituzioni dell’Unione europea o modificano le leggi italiane che contrastano con il diritto europeo. Nella diciassettesima legislatura, iniziata il 5 marzo 2013 e finita il 22 marzo 2018, sono state approvate 10 leggi europee, il 2,6 per cento sulle 379 leggi approvate in totale. Nell’attuale legislatura, dal 13 ottobre 2022 al 14 maggio 2024, è stata approvata solo una legge europea, meno dell’1 per cento delle 119 leggi approvate in questo periodo.

Dunque, se si prendono le leggi approvate dal Parlamento che riguardano esclusivamente l’ambito europeo, la loro percentuale sul totale delle leggi approvate è di gran lunga più bassa dell’«80 per cento» citato da Tajani. 

La distanza si accorcia se si guardano i numeri dei decreti legislativi, ossia quei decreti approvati dal governo per attuare le disposizioni contenute nelle leggi delega approvate dal Parlamento o recepire le disposizioni approvate dalle istituzioni europee. Durante la diciottesima legislatura sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale 164 decreti legislativi, di cui il 77 per cento ha recepito una qualche normativa europea. Nella legislatura precedente questa percentuale è stata pari al 60 per cento su un totale di 260 decreti legislativi, mentre nell’attuale legislatura al momento la percentuale è pari al 56,5 per cento (35 decreti legislativi su 62).

Il mito dell’80 per cento

Non è chiaro se con la sua dichiarazione Tajani abbia voluto fare riferimento solo ai decreti legislativi, e non a tutte le leggi in generale. È certo però che da oltre 15 anni molti politici in vari Paesi europei hanno ripetuto senza prove solide che l’80 per cento delle leggi nazionali «viene da Bruxelles». Come ha spiegato nel 2014 l’Istituto Jacques Delors, un centro di ricerca che si occupa di Unione europea, nel tempo questa percentuale è diventato un vero e proprio «mito» citato sia dai partiti euroscettici, per criticare l’eccessiva ingerenza dell’Unione europea nelle questioni nazionali, sia dai principali sostenitori dell’Ue, per dimostrare quanto sono importanti le istituzioni europee e la loro influenza sulla vita dei cittadini. 

In un approfondimento, pubblicato ormai dieci anni fa, Yves Bertoncini – l’allora presidente dell’istituto che prende il nome dal presidente francese della Commissione europea, rimasto in carica tra il 1985 e il 1995 – ha sottolineato che è molto difficile da «un punto di vista tecnico» stabilire con precisione quante leggi nazionali sono una diretta conseguenza delle decisioni prese dall’Ue. Prendiamo il già citato caso dell’Italia: per esempio è difficile individuare tra tutte le leggi approvate quelle che hanno almeno un articolo collegato a una qualche norma europea.

Ma perché allora si ripete da anni la percentuale dell’80 per cento? Con tutta probabilità, ha spiegato Bertoncini, l’origine di questo mito va ricercata in una dichiarazione fatta nel 1988 dal presidente Delors: «Entro il 2000 l’80 per cento della legislazione economica – e forse persino quella fiscale e sociale – avranno origine dalle istituzioni europee». La frase pronunciata quasi mezzo secolo fa dal presidente della Commissione europea, quindi, era una previsione, e non una puntuale valutazione statistica. 

È vero che dagli anni Novanta in poi l’influenza dell’Ue sulle leggi nazionali è aumentata, ma secondo alcuni ricercatori la percentuale dell’80 per cento – se presa sul serio – resta esagerata. Per esempio uno studio pubblicato nel 2012 ha stimato che tra il 1986 e il 2005 al massimo il 30 per cento delle leggi approvate a livello nazionale in otto Paesi europei, tra cui l’Italia, derivava da norme decise a Bruxelles. In tre settori questa percentuale si avvicinava al 40 per cento: stiamo parlando dell’agricoltura, della finanza e dell’ambiente. 

In un articolo pubblicato nel 2012 sul blog della London School of Economics di Londra, la ricercatrice Annette Elisabeth Toeller – autrice di uno studio sull’impatto dell’Ue sulla produzione legislativa tedesca – ha raccolto i risultati di alcune ricerche condotte in Germania, Regno Unito, Francia, Danimarca, Austria e Finlandia. Secondo questi studi, la percentuale delle leggi «europizzate», ossia frutto di disposizioni approvate nell’Ue, è «sorprendentemente» più bassa della percentuale dell’80 per cento. Toeller ha comunque sottolineato che questo non significa che l’impatto dell’Ue sia marginale, anzi. Come abbiamo visto, ci sono specifici ambiti in cui l’influenza dell’Ue è più alta, negli anni la produzione normativa dell’Ue è cresciuta e nel tempo questo potrebbe aver avuto – e potrà avere – un impatto sempre più crescente sulle leggi degli Stati membri.

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