Alla Camera arrivano i microfoni che si spengono da soli

Serviranno a limitare i discorsi troppo lunghi dei deputati, ma secondo alcuni rischiano di creare nuove polemiche e complicazioni nelle sedute
ANSA/Camera dei Deputati
ANSA/Camera dei Deputati
«Onorevole, concluda la prego. «Presidente, un minuto, per favore». «Presidente, vado a concludere». «No, concluda ora, onorevole». E ancora: «Ha ancora un minuto, deputato». «Presidente, me ne dia altri due». Spesso, durante le sedute della Camera, quando si avvicina la fine dei discorsi dei deputati, si sentono ripetere botta e risposta del genere tra i parlamentari e i presidenti di turno che dirigono i lavori dell’assemblea. Alla Camera infatti, così come al Senato, i deputati hanno tempi ben precisi per intervenire, a seconda del tipo di seduta. Per esempio, durante le discussioni iniziali di una proposta di legge, se interviene un deputato per ciascun gruppo parlamentare il tempo di parola per ognuno è di al massimo venti minuti, mentre durante il question time i deputati hanno al massimo un minuto di tempo per illustrare la loro domanda al ministro che poi risponde. 

Il problema, però, è che spesso i deputati vanno oltre i tempi prestabiliti, chiedendo al presidente di turno qualche secondo, se non qualche minuto in più. A volte i deputati sforano per la loro foga oratoria, altre volte invece per rallentare i tempi dei lavori, come tattica di ostruzionismo. Così la Camera ha deciso di prendere provvedimenti: da martedì 9 settembre, con la ripresa dei lavori dell’aula dopo la pausa estiva, sarà sperimentato il nuovo impianto audio, con i nuovi microfoni temporizzati per i deputati. In pratica, quando mancheranno pochi secondi prima della conclusione dell’intervento di un deputato, il suo micronfono inizierà a lampeggiare segnalando al parlamentare che il tempo sta per scadere. E allo scadere del tempo, il microfono si spegnerà automaticamente. Questo sistema, già in vigore al Senato, serve a garantire più ordine negli interventi, ma ci sono comunque alcuni dubbi.

Il nuovo impianto audio

Il funzionamento dei nuovi microfoni è stato spiegato più nel dettaglio a Pagella Politica dal deputato di Forza Italia Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera. Mulè dirigerà i lavori proprio la prossima settimana, alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, e sarà quindi il primo a guidare l’assemblea della Camera con i microfoni temporizzati. «Se il deputato oratore farà un intervento il cui tempo previsto è inferiore a due minuti, il microfono comincerà a lampeggiare 15 secondi prima della scadenza del tempo. Se invece l’intervento durerà più di due minuti, inizierà a lampeggiare 30 secondi prima della fine. In ogni caso, allo scadere del tempo previsto il microfono si spegnerà», ha spiegato Mulè, che è alla sua seconda legislatura da deputato dal 2018 ed è noto per la sua particolare conduzione dell’aula, caratterizzata anche da ironia e sarcasmo.
Il vicepresidente ha comunque precisato che il presidente di turno che dirige l’assemblea potrà fare delle eccezioni: «Se un deputato lo richiede verso la fine del suo intervento, il presidente potrà premere un pulsante che consentirà al deputato di prolungare il proprio intervento e posticipare di 30 secondi lo spegnimento del microfono». 

Come anticipato, i microfoni temporizzati fanno parte del nuovo impianto audio che la Camera ha deciso di installare, sostituendo quello vecchio. «In questi anni abbiamo avuto problemi con l’impianto, i microfoni spesso non andavano e i deputati erano costretti a cambiare di banco per poter parlare», ha aggiunto Mulè. I malfunzionamenti dei microfoni della Camera hanno generato nel tempo situazioni bizzarre e alcuni siparietti. Per esempio, a dicembre 2015 – poco prima di un intervento dell’allora deputato del PD Ettore Rosato – l’impianto audio dell’aula si bloccò non permettendo a nessun deputato di intervenire, salvo all’allora presidente della Camera Laura Boldrini. «In quest’aula abbiamo molti docenti universitari ma pochi elettricisti evidentemente», disse Rosato dopo che il problema era stato risolto. Situazioni simili si sono ripetute altre volte alla Camera.
Secondo diversi deputati, l’introduzione dei microfoni a tempo è una buona iniziativa, perché consentirà di dare più ordine alle sedute. «Vista l’incontinenza verbale di noi tutti mi sembra una giusta soluzione», ha commentato con velo di ironia a Pagella Politica il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, già vicepresidente della Camera tra il 2013 e il 2018. Della stessa opinione è il deputato della Lega Rossano Sasso: «È una bella notizia. Spero che questo spinga tanti colleghi a essere più sintetici e diretti nei loro discorsi, anziché eccedere nella retorica». 

Sasso, già sottosegretario all’Istruzione del governo Draghi, è noto per le sue posizioni conservatrici e i suoi discorsi in aula alla Camera hanno suscitato spesso critiche da parte delle opposizioni. Per esempio, a ottobre 2023 alla Camera Sasso ha definito una «nefandezza» un emendamento di Alleanza Verdi-Sinistra che chiedeva di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole, suscitando la reazione dei deputati di Sinistra Italiana ed Europa Verde, che formano l’alleanza in Parlamento.

I costi e i dubbi

Secondo il progetto di bilancio interno per il 2025, approvato a fine luglio dall’aula, per quest’anno il rinnovamento dell’impianto audio e dei microfoni costerà alla Camera circa 2,6 milioni di euro, a fronte dei circa 980 milioni di euro di spese di funzionamento complessive. Oltre ai microfoni, sempre quest’anno la Camera ha in programma di rinnovare i sistemi di votazione presenti sui banchi dei deputati: la spesa prevista in questo caso è di circa 900 mila euro. Come si legge nel progetto di Bilancio, i nuovi terminali di voto dei deputati «saranno dotati di display di maggiori dimensioni per una migliore fruizione delle informazioni» e «saranno corredati di una nuova tecnologia di sensori finger print», per riconoscere l’impronta digitale del deputato e dunque più facilmente la sua identità. Quest’anno la Camera ha poi messo a bilancio la spesa di circa mezzo milione di euro per implementare tre sistemi di intelligenza artificiale, che serviranno tra le altre cose ad aiutare i deputati nella loro attività, come la scrittura degli emendamenti.

Al di là di questo, c’è comunque qualche dubbio sull’idea di installare i microfoni a spegnimento automatico. «Questo sistema lo abbiamo già adottato da tempo al Senato e sinceramente funziona male. Il microfono inizia a lampeggiare un minuto prima della fine prevista dell’intervento di un senatore, ma il presidente può concedere più tempo se il senatore lo richiede. Così noi senatori siamo sempre a “mendicare” del tempo in più al termine dei nostri interventi», ha raccontato a Pagella Politica il senatore del Partito Democratico Filippo Sensi. In altre parole, per Sensi, se da un lato questo sistema consente di dare maggiore ordine alle sedute, dall’altro lato limita eccessivamente la possibilità di intervenire. E, almeno al Senato, non ha messo fine alle richieste dei parlamentari di avere più tempo per i loro discorsi. 
Lo stesso Mulè teme che i nuovi microfoni possano creare qualche polemica in aula, soprattutto durante i question time, ossia le sedute in cui i ministri rispondono alle domande dei deputati. Queste sedute hanno tempi molto contingentati: un minuto per il deputato per esporre la domanda, tre minuti al ministro per rispondere e altri due minuti al deputato per la replica. «Normalmente, quando avevamo i microfoni normali, capitava di dare qualche minuto in più a chi interveniva. Con lo spegnimento automatico dei microfoni, invece, sarà secondo me più difficile gestire questo aspetto. Se un deputato chiederà al presidente di avere 30 secondi in più per il suo intervento, di conseguenza lo dovremmo dare anche agli altri per non scontentare nessuno e non destare polemiche, visto che il question time è sempre in diretta televisiva e non passa inosservato», ha spiegato Mulè. 

Secondo Mulè, un altro momento problematico con questo nuovo sistema potrebbero essere le dichiarazioni di voto, ossia gli interventi che precedono la votazione finale su un provvedimento. «Di solito questi interventi sono molto intensi, certi deputati sono abituati a “sbrodolare” nei loro discorsi e non sarà semplice convincerli a dover fermarsi per forza. A parte questo, chi vivrà vedrà». 

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