Il “vado a votare” di Meloni sui referendum significa non votare

La presidente del Consiglio ha detto che andrà al seggio, ma non ritirerà la scheda: un comportamento che equivale all’astensione
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Il 2 giugno, a margine delle celebrazioni per la Festa della Repubblica, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato a proposito dei referendum dell’8 e 9 giugno su cittadinanza e lavoro: «Vado a votare e non ritiro la scheda, è una delle opzioni». Ma è davvero così?

In breve, un elettore può andare al seggio e può chiedere di non ritirare una o più schede dei referendum. Ma di fatto questo significa astenersi: è come se non andasse a votare.

Che cosa dicono le regole

I cinque referendum che si voteranno l’8 e 9 giugno sono abrogativi: chiedono che siano eliminate, in tutto o in parte, alcune leggi. Votando Sì ai referendum si è d’accordo con l’abrogazione della norma oggetto del quesito referendario, votando No si è contrari.

In base all’articolo 75 della Costituzione, i risultati di un referendum abrogativo sono validi solo se si raggiunge il quorum, cioè se vota la maggioranza degli aventi diritto di voto. In altre parole, un referendum è valido solo se vota il 50 per cento più uno degli elettori. Durante la scrittura della Costituzione, l’Assemblea costituente decise di introdurre il quorum solo per i referendum abrogativi (per quelli costituzionali non è previsto), per impedire che una minoranza degli elettori potesse eliminare una legge votata dalla maggioranza dei cittadini rappresentati in Parlamento.

In vista del referendum, il Ministero dell’Interno ha pubblicato le “Istruzioni per le operazioni degli uffici di sezione”, che spiegano i compiti del presidente e degli altri componenti delle sezioni in cui gli elettori vanno a votare. Un capitolo di queste istruzioni disciplina le circostanze in cui un elettore si rifiuta di ritirare una scheda, oppure la restituisce prima di entrare nella cabina elettorale, oppure dichiara di volersi astenere. Vediamo nel dettaglio che conseguenze ha ognuna di queste tre scelte.

Le istruzioni ribadiscono che «in caso di svolgimento contemporaneo di più referendum» – come avverrà l’8 e 9 giugno – «l’elettore può astenersi dalla partecipazione al voto per uno o più di essi e quindi può legittimamente ritirare la scheda per alcuni referendum e rifiutarla per altri». Questo comportamento si chiama “astensione selettiva”. In questo caso, l’elettore viene conteggiato ai fini del quorum solo per i quesiti per cui ha ritirato la relativa scheda, e non per gli altri. Gli scrutatori devono prendere nota dei referendum a cui l’elettore non partecipa e per i quali non può essere considerato come votante.

Ma un elettore può rifiutarsi di ritirare anche tutte le schede: in questa ipotesi, secondo le istruzioni, non è considerato come votante e non deve essere conteggiato tra i votanti. «Qualora il seggio abbia già “registrato” l’elettore nella lista sezionale o nel registro per l’annotazione del numero di tessera – spiegano le istruzioni del Ministero dell’Interno – occorre provvedere, nei relativi riquadri e colonne di tali documenti, a un’ulteriore annotazione (ad es., con la dicitura: “NON VOTANTE”)», e «sulla tessera elettorale il bollo della sezione non deve essere apposto».

È pure possibile che l’elettore, dopo aver ritirato le schede, le restituisca al presidente di seggio senza essere entrato nella cabina elettorale, e dunque senza aver votato. In questo caso, la scheda è annullata e quindi l’elettore è conteggiato come votante. In altre parole, chi compie l’atto di prendere materialmente le schede e le restituisce prima di entrare in cabina viene conteggiato ai fini del quorum.

Può pure accadere che «l’elettore chieda che vengano verbalizzati i suoi reclami o dichiarazioni di astensione dal voto o di protesta o di altro contenuto». Allora, «il presidente del seggio, per non rallentare il regolare svolgimento delle operazioni elettorali, deve mettere a verbale, in maniera sintetica e veloce, le generalità dell’elettore e i suoi reclami o dichiarazioni, allegando gli eventuali documenti scritti che l’elettore medesimo ritenesse di consegnare al seggio».

Ricapitolando, possono verificarsi tre situazioni. L’elettore ritira solo una parte delle schede: solo le schede ritirate concorrono al quorum degli specifici quesiti referendari. L’elettore si rifiuta di ritirare tutte e cinque le schede: non può essere considerato votante e non deve quindi essere conteggiato come tale. L’elettore ritira le schede e senza nemmeno entrare in cabina le restituisce al presidente di seggio: è conteggiato come votante, ma la scheda viene annullata.

La scelta di Meloni

Meloni ha detto testualmente che non ritirerà «la scheda», senza chiarire quale delle cinque schede referendarie. È probabile che, pur usando il singolare, la presidente del Consiglio si volesse riferire a tutte le schede. Se così fosse, il comportamento di Meloni rientrerebbe nell’ipotesi in cui l’elettore si rifiuta di ritirare tutte le schede e viene considerato come non votante.

In base alle regole, è legittimo andare al seggio e non ritirare alcuna scheda, ma dal punto di vista giuridico questa condotta non si differenzia in alcun modo rispetto al non recarsi al seggio, cioè all’astensione. Di conseguenza, siccome il non ritirare alcuna scheda equivale esattamente al non andare a votare, questa condotta non concorre al raggiungimento del quorum previsto dall’articolo 75 della Costituzione per il referendum abrogativo.

Dunque, se sul piano politico la scelta di andare al seggio ed essere conteggiati come se non ci si fosse andati può avere un senso, sul piano giuridico non ce l’ha. Anche perché la presidente del Consiglio non ha detto di volersi recare alle urne per verbalizzare reclami o dichiarazioni di astensione dal voto o di protesta, o di altro contenuto.

L’affermazione della presidente del Consiglio è quindi equiparabile a quella del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che il 2 giugno ha ribadito che non andrà a votare ai referendum: «Il non far scattare il quorum è un altro modo di votare». La stessa dichiarazione è stata fatta più volte negli scorsi giorni dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. 

Una considerazione finale. Quando Meloni dice: «Vado a votare ma non ritiro la scheda», di fatto fa un’affermazione inesatta, che può confondere i cittadini. Poiché non ritirare la scheda significa non votare, la presidente del Consiglio avrebbe più correttamente e chiaramente dovuto dire che in occasione dei referendum andrà al seggio senza ritirare la scheda, e cioè senza votare.

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