La proposta di legge per tenere i bambini fuori dal carcere

Dopo l’approvazione della Camera, ora passa al Senato. Tra le altre cose, permette alle detenute con figli piccoli di scontare le pene fino a quattro anni al domicilio o in case famiglia
Unsplash/Chuttersnap
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Il 30 maggio la Camera ha approvato la proposta di legge che modifica le norme sulla detenzione per le madri di bambini. Il testo, approvato con 241 voti favorevoli e sette contrari, ora passa all’esame del Senato e vuole fare in modo che i bambini non debbano mai entrare in un vero e proprio carcere per seguire le madri, ma possano invece usufruire di strutture detentive alternative, come le case famiglia protette o gli istituti a custodia attenuata.

«L’interesse del minore viene posto in cima ai pensieri del legislatore», ha commentato su Twitter il deputato Paolo Siani (Partito democratico), primo firmatario della proposta, dopo l’approvazione della Camera. Non tutti però hanno accolto con favore il voto dei deputati.

Che cosa prevede la proposta di legge

Il testo approvato alla Camera è il risultato dell’unificazione di tre proposte di legge, avanzate tra il 2019 e il 2021 da Edmondo Cirielli e Monica Ciaburro (Fratelli d’Italia), Maria Teresa Bellucci (FdI), e Paolo Siani (Pd). La proposta di legge prevede che le donne con bambini piccoli non possano essere detenute in carcere, nemmeno – tranne in situazioni straordinarie – in caso di custodia cautelare, ma si debba invece fare ricorso a strutture detentive più adatte. 

In particolare, l’articolo 3 del testo si riferisce al caso in cui una donna incinta, o con un figlio di età inferiore a 10 anni, debba scontare una condanna in carcere non più lunga di quattro anni (anche se questa costituisce la parte mancante di una condanna più lunga). In questo caso la proposta di legge sancisce che la detenzione non deve mai avvenire in carcere, ma può essere scontata direttamente al domicilio della donna o in “case famiglia protette”, ossia strutture residenziali istituite nel 2013 proprio per accogliere persone imputate o condannate con al seguito bambini piccoli. La possibilità di ricorrere alle case famiglia protette è già prevista dell’ordinamento attuale, ma la decisione è lasciata al giudice. La proposta di legge elimina questa discrezionalità. 

L’obbligo di scontare la pena al domicilio si applica anche ai padri con figli minori di 10 anni, ma solo nel caso in cui la madre sia deceduta o «assolutamente impossibilitata a dare assistenza ai figli». 

Inoltre, solo nel caso ci sia il pericolo concreto che la detenuta commetta altri delitti, la pena verrebbe scontata in Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam). Si tratta di strutture detentive che somigliano più a una casa che a un carcere tradizionale: al posto delle sbarre ci sono sistemi di sicurezza non riconoscibili dai bambini piccoli, le guardie non indossano la divisa, e sono presenti operatori specializzati che possono aiutare le detenute e assicurare uscite regolari per i figli. Oggi in Italia sono attivi solo cinque Icam: a Milano, Venezia, Torino, Avellino e Cagliari. 

Secondo gli ultimi dati disponibili, riportati dalla relazione della Camera sulla proposta di legge appena approvata, al 30 aprile 2022 i centri Icam ospitavano 14 donne e 14 bambini, mentre in generale nelle strutture detentive italiane erano presenti 18 detenute e 20 bambini. 

La proposta di legge approvata alla Camera modifica (art. 1) anche le norme sulla custodia cautelare, prevedendo che in nessun caso questa possa essere scontata in carcere per donne incinte o con figli al seguito di età inferiore ai 6 anni, o per i padri nel caso in cui la madre sia deceduta o impossibilitata ad assistere i figli. Oggi il divieto esiste già, ma può venir meno se ci sono «esigenze cautelari di eccezionale rilevanza». Il testo prevede invece che nemmeno in questo caso la misura possa essere scontata in carcere, ma negli Icam. 

Il testo prevede anche l’obbligo per il Ministero della Giustizia di stipulare accordi con gli enti locali per individuare strutture idonee, preferibilmente di proprietà comunale, a essere riconvertite in case famiglia. 

Durante la votazione alla Camera, il 30 maggio, è stato approvato un emendamento, inizialmente proposto dalla Lega, secondo cui una detenuta sottoposta al regime detentivo definito dall’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario (quello sul cosiddetto “carcere duro”) non può scontare la pena in case famiglia o Icam, nemmeno se ha figli piccoli, che verrebbero affidati ai servizi sociali. Un altro emendamento, proposto dal Movimento 5 stelle e approvato dall’aula, specifica che se una detenuta in custodia cautelare presso gli Icam «evada, o tenti di evadere», oppure commetta atti «idonei a compromettere l’ordine o la sicurezza pubblica o dell’istituto» o l’integrità altrui, il giudice può disporre la custodia cautelare in carcere. Anche in questo caso i bambini verrebbero affidati ai servizi sociali. 

Le ragioni dei contrari

Durante la votazione alla Camera, il deputato Gianluca Vinci di Fratelli d’Italia ha spiegato che il voto del partito «sarà contrario». Secondo FdI, infatti, una proposta di legge sul tema dovrebbe tenere in considerazione anche l’idoneità del genitore condannato a fare da tutore a un bambino, ed eventualmente intervenire per sospendere la responsabilità genitoriale: «Non avere bambini in carcere è giustissimo, è quello che chiediamo anche noi, ma noi chiediamo di valutare anche che vi siano genitori adeguati», ha detto Vinci. 

Inoltre, il deputato ha correttamente sottolineato che alcune sezioni della legge, sebbene siano state pensate per le madri, si applicano anche ai padri. Secondo Vinci, questo aprirebbe alla possibilità che molti «cittadini extracomunitari» possano scontare la condanna fuori dal carcere.

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