Il ritorno del Ministero del Mezzogiorno
Alcuni dicasteri sono nati esattamente per affrontare questioni di carattere territoriale. A partire dall’ottavo governo De Gasperi (1953), fu istituito il comitato ministeriale per la Cassa del Mezzogiorno e per l’esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell’Italia settentrionale e centrale, presieduto dal ministro senza portafoglio
Pietro Campilli. Il comitato diventerà successivamente il Ministero per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno con il secondo governo Moro (
1964-1966). A 23 anni dalla sua soppressione, il Ministero per il Mezzogiorno
tornerà con una nuova denominazione nel 2016.
L’arrivo della Lega e i ministeri per le riforme
Per contro, la crescente popolarità delle istanze federaliste della Lega Nord ha portato alla creazione di un Ministero per le Riforme istituzionali nel 1988 (il primo senatore leghista, Umberto Bossi, fu eletto nel 1987). Spesso guidato da esponenti leghisti, nel corso degli anni ha assunto varie denominazioni, tra le quali “Riforme Istituzionali e Devoluzione” e “Riforme per il Federalismo”. Ha avuto invece vita breve il Ministero per la Sussidiarietà e il Decentramento istituito nel 2010 e guidato per 17 giorni dall’ex sacerdote veneto
Aldo Brancher.
All’Economia e Finanze quasi sempre un tecnico
L’attuale Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) è nato nel 2001, dalla fusione dei ministeri del Bilancio, del Tesoro e delle Finanze. È il Ministero considerato più importante, perché responsabile, tra le altre cose, della scrittura dell’annuale manovra di bilancio. Con poche eccezioni (Giulio Tremonti e Roberto Gualtieri), al Mef è sempre stato nominato un tecnico.
Negli ultimi 20 anni nessun ministro del Sud in via XX Settembre
Pur in un contesto di prevalenza di ministri originari del Nord, alla guida dei più importanti dicasteri economici durante la prima Repubblica si sono avvicendati ministri provenienti da varie aree del Paese. Nessuno dei ministri dell’Economia e delle Finanze nominati dal 2001 in poi proviene invece dal Sud: sei sono infatti originari del Nord (Tremonti, Siniscalco, Padoa Schioppa, Monti, Grilli e Franco), mentre quattro erano originari del Lazio (Saccomanni, Padoan, Tria e Gualtieri).
L’ultimo “meridionale” a essere nominato ministro di uno tra Bilancio, Tesoro e Finanze è stato il foggiano
Vincenzo Visco, alla guida del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica durante il secondo governo Amato (2000-01).
Giorgio Bo, il primatista
Progressivamente svuotato di competenze e definitivamente abolito a seguito del referendum abrogativo del 1993, il Ministero delle Partecipazioni Statali coordinava le attività delle imprese di Stato. Dei 16 ministri che hanno guidato il dicastero, solo due – il sardo Mario Ferrari Aggradi e il siciliano Antonino Gullotti – provenivano dal Centro-Sud.
Il più longevo tra i ministri è stato
Giorgio Bo, ligure appartenente alla sinistra democristiana che ha ricoperto l’incarico in otto governi (tra il 1957 e il 1958, e tra il 1960 e il 1968). Nella storia della Repubblica, nessuno ha conservato ininterrottamente lo stesso incarico ministeriale per più tempo.
Poste e Telecomunicazioni: il Ministero economico “meridionale”
Tra gli altri dicasteri economici, quello più a “trazione” meridionale è stato quello delle Comunicazioni (già Poste e Telecomunicazioni), successivamente incorporato assieme a quelli dell’Industria e del Commercio Internazionale nell’attuale Ministero allo Sviluppo Economico. Circa il 60 per cento dei 41 ministri provenivano infatti dal Sud. Feudo della Democrazia Cristiana tra il 1948 e il 1987 (con una breve interruzione tra il 1980 e il 1981), il Ministero divenne negli anni un’importante macchina per acquisire consenso e potere.
Tra i nomi che hanno guidato questo dicastero negli anni Ottanta, ricordiamo i potenti notabili democristiani
Antonio Gava e
Remo Gaspari.
Nord, Centro e Sud negli altri dicasteri
Meno significative invece le differenze territoriali negli altri ministeri. Tra quelli più “settentrionali” vi sono il Ministero delle Infrastrutture (una prerogativa soprattutto di lombardi e emiliani), il Ministero della Salute e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il Ministero dell’Interno, spesso viatico verso la Presidenza del Consiglio, è invece quello che vanta la maggiore presenza di rappresentanti del Sud: oltre la metà dei titolari del Viminale sono infatti originari di una delle regioni meridionali. All’Interno seguono il Ministero della Giustizia, il Ministero delle Politiche Agricole e quello dei Trasporti.
Le regioni centrali sono invece rappresentate soprattutto agli Esteri (Giulio Andreotti, Lamberto Dini e Franco Frattini sono tra i più longevi titolari della Farnesina) e in alcuni tra i dicasteri di più recente istituzione, come Beni Culturali, Ambiente e quello soppresso di Turismo e Spettacolo (che è tornato ad avere il portafoglio con il governo Draghi dopo la soppressione del 1993).
Più aumenta la responsabilità, più diminuisce la rappresentanza del Sud
I dati mostrano inoltre che al crescere della responsabilità ministeriale la quota di ministri provenienti dal Sud diminuisce progressivamente. Tra i sottosegretari e i viceministri, infatti, le regioni del Meridione contano oltre il 41 per cento di propri rappresentanti, contro il 39 per cento delle regioni del Nord e il 19 per cento di quelle del Centro. Questa quota scende a circa il 37 per cento tra i ministri senza portafoglio, ossia quelli con
minore autonomia di spesa, contro il 42 per cento delle regioni settentrionali e al 20 per cento di quelle centrali, e al 32 per cento tra i ministri con portafoglio, rispetto il 45 per cento per il Nord e 23 per il Centro (Grafico 2,
qui consultabile nella versione interattiva).