Lunedì 13 ottobre, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha tenuto una conferenza stampa per commentare la vittoria del candidato di centrosinistra Eugenio Giani alle elezioni regionali in Toscana, sostenuto anche dal Movimento 5 Stelle.
Durante il suo intervento, Schlein ha ringraziato Giani, sottolineando che «in questa elezione ha avuto una netta crescita del proprio consenso, rispetto alle ultime elezioni regionali, segno che ha governato bene». La segretaria del Partito Democratico ha inoltre ribadito che «l’unità è la condizione necessaria per riuscire a battere le destre». «Mi pare abbiano cantato troppo presto dall’altra parte, perché come abbiamo sempre detto i conti si fanno alla fine. Ma se le proiezioni di queste ore sono confermate, noi possiamo già dire che, sommando i voti assoluti delle tre regioni che hanno appena votato, la coalizione progressista ha già più voti rispetto al centrodestra che governa, e il PD si afferma nettamente come primo partito», ha concluso Schlein.
Numeri alla mano, vediamo che cosa non torna in queste dichiarazioni.
Giani ha vinto le elezioni regionali con il 53,9 per cento dei consensi, raccogliendo oltre 752 mila voti. Alle precedenti elezioni regionali del 2020 aveva ottenuto il 48,6 per cento, una percentuale più bassa, ma i voti in valore assoluto erano stati di più: oltre 864 mila. Dunque, rispetto a cinque anni fa, il rieletto presidente della Toscana ha perso circa 112 mila voti. A queste elezioni regionali l’affluenza è calata di 15 punti rispetto al 2020 (dal 62,6 per cento al 47,7 per cento), ma dire che Giani abbia «avuto una netta crescita dei consensi», come sostiene Schlein, è fuorviante: la sua percentuale è aumentata perché hanno votato meno elettori, non perché abbia convinto più persone.
Passiamo ora al calcolo della segretaria del PD, secondo cui sommando i voti assoluti ottenuti dalla coalizione progressista (formata dai partiti di centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle) in Toscana, Calabria e Marche, si ottiene un numero maggiore dei voti raccolti dalla coalizione di centrodestra.
Nelle tre regioni che sono andate al voto in queste settimane, le liste della coalizione progressista hanno ottenuto un milione e 253 mila voti, mentre quelle della coalizione di centrodestra un milione e 264 mila. Il centrodestra, quindi, risulta in vantaggio, seppure di misura, e la ricostruzione di Schlein secondo cui il centrosinistra avrebbe raccolto più voti non trova riscontro nei dati ufficiali. È vero che la segretaria del PD parlava sulla base di proiezioni ancora parziali, ma i risultati definitivi non cambiano la sostanza del suo errore.
Abbiamo considerato i voti alle liste, e non quelli ai candidati presidenti di regione, perché il voto ai presidenti ha una forte componente personale e non riflette necessariamente il peso politico delle coalizioni. Confrontare i voti di lista, invece, permette di misurare in modo più coerente la forza elettorale dei due schieramenti, al netto della popolarità dei singoli candidati.
In ogni caso, al di là dei numeri, il calcolo di Schlein è poco solido per vari motivi. Innanzitutto, sommare i risultati di tre elezioni regionali diverse non ha molto senso per trarre conclusioni sul piano nazionale: si tratta di contesti politici e territoriali differenti. In secondo luogo, le tre regioni hanno un peso elettorale molto diverso – la Toscana conta da sola più abitanti e votanti di Marche e Calabria messe insieme – e ciò rende la somma complessiva fuorviante. Infine, la Toscana è storicamente una roccaforte del centrosinistra, per cui includerla nello stesso calcolo di due regioni che nelle ultime tornate elettorali sono state più favorevoli al centrodestra altera ulteriormente il confronto.
Durante il suo intervento, Schlein ha ringraziato Giani, sottolineando che «in questa elezione ha avuto una netta crescita del proprio consenso, rispetto alle ultime elezioni regionali, segno che ha governato bene». La segretaria del Partito Democratico ha inoltre ribadito che «l’unità è la condizione necessaria per riuscire a battere le destre». «Mi pare abbiano cantato troppo presto dall’altra parte, perché come abbiamo sempre detto i conti si fanno alla fine. Ma se le proiezioni di queste ore sono confermate, noi possiamo già dire che, sommando i voti assoluti delle tre regioni che hanno appena votato, la coalizione progressista ha già più voti rispetto al centrodestra che governa, e il PD si afferma nettamente come primo partito», ha concluso Schlein.
Numeri alla mano, vediamo che cosa non torna in queste dichiarazioni.
Giani ha vinto le elezioni regionali con il 53,9 per cento dei consensi, raccogliendo oltre 752 mila voti. Alle precedenti elezioni regionali del 2020 aveva ottenuto il 48,6 per cento, una percentuale più bassa, ma i voti in valore assoluto erano stati di più: oltre 864 mila. Dunque, rispetto a cinque anni fa, il rieletto presidente della Toscana ha perso circa 112 mila voti. A queste elezioni regionali l’affluenza è calata di 15 punti rispetto al 2020 (dal 62,6 per cento al 47,7 per cento), ma dire che Giani abbia «avuto una netta crescita dei consensi», come sostiene Schlein, è fuorviante: la sua percentuale è aumentata perché hanno votato meno elettori, non perché abbia convinto più persone.
Passiamo ora al calcolo della segretaria del PD, secondo cui sommando i voti assoluti ottenuti dalla coalizione progressista (formata dai partiti di centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle) in Toscana, Calabria e Marche, si ottiene un numero maggiore dei voti raccolti dalla coalizione di centrodestra.
Nelle tre regioni che sono andate al voto in queste settimane, le liste della coalizione progressista hanno ottenuto un milione e 253 mila voti, mentre quelle della coalizione di centrodestra un milione e 264 mila. Il centrodestra, quindi, risulta in vantaggio, seppure di misura, e la ricostruzione di Schlein secondo cui il centrosinistra avrebbe raccolto più voti non trova riscontro nei dati ufficiali. È vero che la segretaria del PD parlava sulla base di proiezioni ancora parziali, ma i risultati definitivi non cambiano la sostanza del suo errore.
Abbiamo considerato i voti alle liste, e non quelli ai candidati presidenti di regione, perché il voto ai presidenti ha una forte componente personale e non riflette necessariamente il peso politico delle coalizioni. Confrontare i voti di lista, invece, permette di misurare in modo più coerente la forza elettorale dei due schieramenti, al netto della popolarità dei singoli candidati.
In ogni caso, al di là dei numeri, il calcolo di Schlein è poco solido per vari motivi. Innanzitutto, sommare i risultati di tre elezioni regionali diverse non ha molto senso per trarre conclusioni sul piano nazionale: si tratta di contesti politici e territoriali differenti. In secondo luogo, le tre regioni hanno un peso elettorale molto diverso – la Toscana conta da sola più abitanti e votanti di Marche e Calabria messe insieme – e ciò rende la somma complessiva fuorviante. Infine, la Toscana è storicamente una roccaforte del centrosinistra, per cui includerla nello stesso calcolo di due regioni che nelle ultime tornate elettorali sono state più favorevoli al centrodestra altera ulteriormente il confronto.