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No, il “carcere duro” non esiste ancora grazie al governo Meloni

| 17 gennaio 2023
La dichiarazione
«Matteo Messina Denaro andrà al “carcere duro” perché quell’istituto esiste ancora grazie a questo governo»
Fonte: Quarta repubblica – Rete 4 | 16 gennaio 2023
Pagella Politica
Verdetto sintetico
La presidente del Consiglio confonde il “carcere duro” con l’ergastolo ostativo.
In breve
  • Il “carcere duro” è regolato dall’articolo 41-bis della legge sull’ordinamento penitenziario e stabilisce una serie di restrizioni severe per i detenuti anche per reati mafiosi. TWEET
  • L’ergastolo ostativo, regolato dall’articolo 4-bis, prima dell’intervento del governo Meloni escludeva gli autori di reati di stampo mafioso dai possibili benefici penitenziari se non collaboravano con la giustizia. TWEET
  • Il governo è intervenuto sull’ergastolo ostativo, ma non sul “carcere duro”. TWEET
Aggiornamento 17 gennaio, ore 16 – Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha firmato il decreto che dispone il regime del 41-bis per Messina Denaro. 

***


Il 16 gennaio, ospite a Quarta repubblica su Rete 4, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato (min. 4:56) l’arresto di Matteo Messina Denaro dicendo che il principale latitante italiano «andrà al “carcere duro”», un regime che «esiste ancora» solo grazie all’attuale governo.

Le cose però non stanno così: con questa dichiarazione la presidente del Consiglio ha fatto confusione tra il cosiddetto “carcere duro” e l’ergastolo ostativo.

Che cos’è il “carcere duro”

Con l’espressione “carcere duro” si fa generalmente riferimento a quanto previsto dall’articolo 41-bis della legge sull’ordinamento penitenziario. Come ha spiegato in un approfondimento per la Treccani Angela Della Bella, professoressa di Diritto penale all’Università degli Studi di Milano, questo articolo fu modificato nel 1992 per introdurre un regime detentivo speciale che riguardasse in particolare i detenuti per reati legati alla mafia. All’inizio la norma sul “carcere duro” fu introdotta solo in via temporanea, ma negli anni successivi fu prorogata e modificata varie volte, diventando poi parte stabile dell’ordinamento penitenziario.

In breve, i detenuti che sono sottoposti all’articolo 41-bis devono rispettare restrizioni più severe rispetto agli altri detenuti. Per esempio, un detenuto sotto il “carcere duro” deve stare da solo in una cella, isolato da tutti gli altri detenuti, e non ha la possibilità di accedere a spazi comuni. Al massimo si possono trascorrere due ore al giorno negli spazi all’aperto dell’istituto penitenziario (la cosiddetta “ora d’aria”). Esistono limitazioni anche per i colloqui: in persona ne è concesso solo uno al mese e solo con i familiari, senza la possibilità di passarsi oggetti, mentre per via telefonica si può fare al massimo una chiamata di dieci minuti al mese, registrata.

Che cos’è l’ergastolo ostativo

Parlando di Matteo Messina Denaro in tv, Meloni ha fatto più volte riferimento al cosiddetto “ergastolo ostativo”, ossia il regime carcerario che esclude gli autori di alcuni reati particolarmente gravi, tra cui quelli di stampo terroristico o mafioso, da possibili benefici penitenziari, a meno che questi non decidano di collaborare con la giustizia. L’ergastolo ostativo è regolato dall’articolo 4-bis della già citata legge sull’ordinamento penitenziario, che è stato modificato a fine ottobre 2022 dal governo Meloni con il suo primo decreto-legge, poi convertito in legge dal Parlamento lo scorso 30 dicembre 2022. 

Il governo è intervenuto con urgenza sul tema perché nel 2021 la Corte costituzionale aveva dichiarato incompatibile con la Costituzione il regime dell’ergastolo ostativo, invitando il Parlamento a intervenire, prima di un nuovo giudizio sul tema, previsto inizialmente per l’8 novembre 2022. Nel suo primo decreto-legge, il governo Meloni ha così riproposto alcune modifiche al regime dell’ergastolo ostativo contenute in una proposta di legge approvata dalla Camera il 31 marzo 2022, ma non dal Senato, vista la fine anticipata della legislatura. 

Tra le altre cose, il decreto ha stabilito che i condannati per reati connessi all’associazione di tipo mafioso potranno accedere ai benefici penitenziari anche senza aver collaborato con la giustizia, a patto che sia rispettata una serie di condizioni. Per esempio, dovrà essere esclusa la presenza di legami attuali con la criminalità organizzata, il condannato dovrà aver adempiuto a tutte le obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, e il giudice dovrà valutare la presenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime. Inoltre, potranno essere ammessi alla libertà condizionale solo i detenuti che hanno scontato almeno due terzi della pena oppure, in caso di condanna all’ergastolo, almeno trent’anni di pena.

I detenuti sottoposti al regime del 41-bis, condannati all’ergastolo ostativo, possono accedere ai nuovi benefici disposti dal decreto solo nel caso in cui gli sia revocato il “carcere duro”.

L’errore di Meloni

Al di là del caso specifico di Matteo Messina Denaro, che negli anni è stato condannato più volte all’ergastolo nonostante la latitanza, Meloni sbaglia nel dire che il regime del “carcere duro” «esiste ancora» grazie al suo governo.

Come abbiamo visto, il “carcere duro” è regolato dall’articolo 41-bis della legge sull’ordinamento penitenziario: non necessariamente riguarda detenuti condannati all’ergastolo e non è stato modificato dal governo Meloni. L’esecutivo è invece intervenuto sull’ergastolo ostativo, regolato dall’articolo 4-bis, per evitare un nuovo giudizio della Corte costituzionale.

Il verdetto

Secondo Giorgia Meloni, «Matteo Messina Denaro andrà al “carcere duro” perché quell’istituto esiste ancora grazie a questo governo». Al di là del caso specifico del principale latitante italiano, la presidente del Consiglio fa confusione tra il cosiddetto “carcere duro” e l’ergastolo ostativo.

Il primo, regolato dall’articolo 41-bis della legge sull’ordinamento penitenziario, stabilisce una serie di restrizioni severe per i detenuti anche per reati mafiosi. Il secondo, regolato dall’articolo 4-bis, prima dell’intervento del governo Meloni escludeva gli autori di reati di stampo mafioso dai possibili benefici penitenziari se non collaboravano con la giustizia. Il governo è intervenuto sull’ergastolo ostativo per rispettare una sentenza della Corte costituzionale, ma non sul “carcere duro”.

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