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Madia è troppo ottimista: i fuorisede che rischiano di non votare sono più di «due milioni»

| 03 agosto 2022
La dichiarazione
«Circa due milioni di persone, molte delle quali giovani, che lavorano e studiano fuori casa non potranno votare perché la caduta del governo ha impedito l’approvazione della proposta di legge #votodovevivo. Eravamo a un passo»
Fonte: Twitter | 2 agosto 2022
ANSA / IGOR PETYX
ANSA / IGOR PETYX
Verdetto sintetico
La deputata Pd è troppo ottimista sui numeri e sullo stato della proposta di legge
In breve
  • In Italia i fuorisede sono 4,9 milioni. Sono circa due milioni quelli che vivono ad almeno due ore di distanza dal luogo di residenza. TWEET
  • Tutte le proposte di riformare il diritto di voto per i fuorisede negli ultimi anni sono ferme in Parlamento, e nessuna sembra vicina a diventare legge. TWEET
Il 2 agosto la deputata del Partito democratico Marianna Madia ha commentato il tema del diritto di voto ai cosiddetti “fuorisede”, ossia di chi vive in una provincia o città metropolitana diversa rispetto a quella di residenza, per esempio per motivi di studio o lavoro. Più nel dettaglio, la deputata del Pd ha scritto su Twitter che «circa due milioni di italiani» non potranno votare alle prossime elezioni politiche del 25 settembre perché la fine anticipata della legislatura ha impedito l’approvazione di una proposta di legge che avrebbe permesso ai fuorisede di votare senza dover necessariamente tornare nei comuni di residenza, spesso molto lontani. «Eravamo a un passo. Un diritto negato, un fatto grave» ha concluso Madia.

Ma davvero i fuorisede in Italia sono due milioni? Abbiamo verificato e Madia considera solo una parte dei dati. Inoltre, anche prima della caduta del governo, la legge citata dalla deputata non era proprio «a un passo» dall’approvazione.

Quanti fuorisede ci sono in Italia

In base ai dati Istat più aggiornati, raccolti nel libro bianco Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto – una relazione della commissione di esperti istituita dal ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà (Movimento 5 Stelle) –, nel 2018, anno delle ultime elezioni politiche, i fuorisede erano circa 4,9 milioni, più del 10 per cento del totale degli aventi diritto al voto. Questo dato è quindi più del doppio di quello citato da Madia: con tutta probabilità la deputata del Pd ha fatto riferimento ai cittadini che impiegano più di due ore per rientrare nel comune di residenza, che in base alla relazione della commissione sono 1,9 milioni e rappresentano circa il 4 per cento del corpo elettorale italiano. 

Ma è vero che prima della caduta del governo la nuova legge sul voto per i fuorisede era «a un passo» dall’approvazione?

La legge in vigore…

Il sistema elettorale italiano prevede che ogni cittadino sia iscritto alle liste elettorali del comune di residenza, e che voti recandosi personalmente al seggio assegnatogli. Per le elezioni politiche, il diritto di voto è esteso anche ai cittadini che si trovano all’estero per un periodo di almeno tre mesi, ai quali è permesso il voto per corrispondenza. Al contrario, i fuorisede che vivono in Italia devono per forza spostarsi nel comune di residenza e votare nel seggio di appartenenza. Secondo il libro bianco della commissione di esperti istituita dal ministro D’Incà, l’obbligo di spostamento per i fuorisede è tra le principali cause del cosiddetto “astensionismo involontario”, ossia la mancata partecipazione al voto per motivi indipendenti dalle proprie scelte politiche.

A causa dello scioglimento delle Camere e delle elezioni previste tra meno di due mesi, è molto difficile che il Parlamento riesca ad approvare in tempi rapidi nuove norme per risolvere il problema. Come abbiamo visto in passato, però, anche prima della caduta del governo Draghi i partiti faticavano a trovare un accordo sulla questione.

… e i tentativi di cambiarla

A maggio 2021, la Commissione Affari costituzionali della Camera ha iniziato l’esame di cinque proposte di legge sul tema, una di iniziativa popolare e quattro di iniziativa parlamentare. Tra queste ultime c’è anche quella a prima firma Madia, indicata dalla stessa deputata con l’hashtag “#votodovevivo”.

Dopo l’avvio dell’esame in commissione, il ministero dell’Interno ha però bloccato l’iter delle cinque proposte, sollevando alcune obiezioni. Fra i dubbi del ministero, c’erano i possibili ritardi nello spoglio delle schede – anche a causa dei molti comuni coinvolti – e il rischio di riconoscibilità del voto nei casi in cui un solo elettore voti in un’altra città, a distanza, per il proprio comune di residenza. 

Il deputato Giuseppe Brescia (M5s), relatore delle cinque proposte di legge, avrebbe dovuto presentare un testo unificato (quindi una sintesi dei contenuti delle diverse proposte in esame) entro la pausa estiva della Camera, prevista per la seconda settimana di agosto. Una volta approvato dalla Camera, il testo sarebbe passato al Senato per ottenere il via libera definitivo, ma a causa della crisi di governo e del conseguente scioglimento delle camere, il testo unificato non è mai stato presentato, ed è improbabile che le cose cambino entro il prossimo 25 settembre. 

Il verdetto

Secondo Marianna Madia (Pd) «circa due milioni di persone fuorisede» non potranno votare perché la caduta del governo ha bloccato la proposta di legge #votodovevivo, che era «a un passo» dall’approvazione.

Abbiamo verificato e le cose non stanno proprio così: secondo i dati Istat i fuorisede sono 4,9 milioni, mentre circa due milioni (1,9) sono i fuorisede che vivono ad almeno due ore di distanza dal luogo di residenza.

Ad oggi, tutte le proposte di legge per riformare il diritto di voto per i fuorisede sono ferme in Parlamento, compresa quella a prima firma Madia, e sembra quindi fin troppo ottimista considerarla «a un passo» dall’approvazione.

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