Il 30 settembre, ospite a Omnibus su La7, il deputato di Liberi e uguali Stefano Fassina ha criticato (min. 0:45) il governo Draghi, colpevole di voler riportare la spesa per la sanità sotto i livelli del 2019, con la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef).
Ricordiamo che il Documento di economia e finanza (Def) per il 2021 – approvato ad aprile scorso – specifica le politiche economiche e finanziarie che l’esecutivo intende adottare, mentre la Nadef – approvata lo scorso 29 settembre – serve per «aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del Def in relazione alla maggiore disponibilità di dati ed informazioni sull’andamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica».
È vero che in base ai numeri contenuti nella Nadef la spesa per la sanità tornerà ai livelli pre-pandemia? Abbiamo verificato.
– Leggi anche: I tagli alla sanità ci sono stati, oppure no?
Che cosa dice la Nadef
Secondo le stime contenute nella Nadef, a legislazione vigente – ossia in base alle leggi oggi in vigore – la spesa per la sanità passerà dal 7,5 per cento del Pil nel 2020 al 7,3 per cento nel 2021. Questa percentuale scenderà ancora nei tre anni successivi: al 6,7 per cento nel 2022, al 6,3 per cento nel 2023 e al 6,1 per cento nel 2024.
In valori assoluti la dinamica è però diversa. Nel 2020 la spesa sanitaria è stata di circa 123,5 miliardi di euro e salirà a quasi 129,5 miliardi nel 2021, per poi scendere a 125,7 miliardi nel 2022 e a 123,5 miliardi nel 2023, e risalire a quasi 124,5 miliardi nel 2024.
Questi dati – che, in quanto previsioni, vanno prese con la dovuta cautela – come si rapportano con quelli registrati prima della pandemia? Nel 2019 – anno a cui fa riferimento Fassina – la spesa in sanità era stata di 115,7 miliardi di euro, pari al 6,5 per cento del Pil.
Dunque è vero che secondo la Nadef nel 2023 e 2024 nella sanità si tornerà a percentuali inferiori rispetto a quelli pre-pandemici, mentre i valori assoluti rimarranno più alti. Su queste previsioni bisogna però fare almeno un paio di osservazioni.
In primo luogo, la Nadef sottolinea che il calo della spesa tra il 2020 e il 2021 «dipende sostanzialmente dall’aumento del Pil visto che nell’anno in corso la spesa sanitaria è attesa crescere del 4,8 per cento in termini nominali per l’attuazione della campagna vaccinale e per il potenziamento dei servizi sanitari». «Nel biennio 2022-2023 la spesa sanitaria a legislazione vigente calerà del -2,3 per cento medio annuo per via dei minori oneri connessi alla gestione dell’emergenza epidemiologica», aggiunge la Nadef. «A fine periodo, è prevista una crescita limitata, dello 0,7 per cento, e il ritorno a un livello del 6,1 per cento del Pil». Insomma, secondo il governo un calo è dovuto fisiologicamente al crescere del Pil e al ridursi delle spese connesse con la pandemia.
In secondo luogo, nella stessa Nadef il governo ha promesso che con la prossima legge di Bilancio per il 2022-2024 «sarà rafforzato il sistema sanitario nazionale, al fine di migliorare l’accesso alle cure e incoraggiare la prevenzione». Ma su questo punto non state fornite cifre precise, dunque non è possibile sapere come cambieranno i dati che abbiamo visto in precedenza.
Il verdetto
Secondo Stefano Fassina, con la Nota di aggiornamento al Def il governo Draghi riporterà la spesa per la sanità pubblica «sotto il livello del 2019». Abbiamo verificato e, in effetti, si prevede che la spesa in sanità passerà dal 7,5 per cento sul Pil nel 2020 al 6,1 per cento nel 2024, una percentuale più bassa del 6,5 per cento del 2019. In valori assoluti, invece, la spesa nei prossimi anni rimarrà superiore.
Bisogna aggiungere che, secondo la Nadef, il calo della spesa in sanità nel 2021 in rapporto al Pil è motivato dal forte miglioramento dei conti pubblici e che nei prossimi anni – salvo sorprese – dovrebbero calare i costi legati alla gestione della pandemia.
Il governo ha anche promesso nuove risorse per la sanità con la prossima legge di Bilancio, senza però dare cifre precise a riguardo.
In conclusione, Fassina merita un “C’eri quasi”.
«Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»
7 dicembre 2024
Fonte:
Instagram