Negli ultimi giorni sono circolate molte informazioni sulle depenalizzazioni del governo Renzi. Il deputato Alessandro Di Battista, ospite della trasmissione Quinta colonna, ha citato questa misura all’interno di una critica ad azioni del governo che sarebbero state intraprese “sostanzialmente per salvare dei politici corrotti”. Come sono andate davvero le cose?



Che cosa ha fatto il governo



Le decisioni degli ultimi giorni vengono da piuttosto lontano. Il 15 gennaio 2016 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva due decreti legislativi, uno contenente “Disposizione in materia di depenalizzazione” e l’altro “Disposizione in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili”.






Non sono stati provvedimenti piovuti dal cielo né inattesi. Nel caso dei decreti legislativi, il governo agisce su delega del parlamento, che stabilisce prima quali sono i criteri entro cui si può muovere la norma: in questo caso, il Consiglio dei Ministri ha dato attuazione a una delle disposizioni della legge 28 aprile 2014, n. 67. Inoltre, gli schemi dei decreti legislativi sono sempre sottoposti, per prassi, al parere delle commissioni parlamentari interessate.



Anche se Di Battista sembra suggerire che il governo abbia agito in un certo senso di nascosto, in realtà i decreti sulle depenalizzazioni sono arrivati al termine di un percorso che ha avuto l’approvazione e il coinvolgimento del parlamento. Come vedremo, non si tratta neppure di reati particolarmente gravi (“fior di reati”, come dice Di Battista).



Che tipo di reati sono interessati



Il testo definitivo dei decreti non è ancora stato pubblicato, ma possiamo farci un’idea precisa attraverso alcuni documenti apparsi dopo l’approvazione preliminare dei decreti lo scorso novembre, come le due schede di lettura curate dai servizi studi di Camera e Senato (uno e due).



Come stabiliva la legge delega, il primo dei due decreti legislativi trasforma in illeciti amministrativi i reati che non si trovano nel codice penale (perché previsti da altre leggi) per cui non era prevista la pena del carcere, ma solo una multa.



Non tutti, però: sono esclusi dal provvedimento – cioè restano reati – quelli che riguardano alcune materie: edilizia e urbanistica; ambiente, territorio e paesaggio; alimenti e bevande; salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; sicurezza pubblica; giochi d’azzardo e scommesse; armi ed esplosivi; elezioni e finanziamento dei partiti; proprietà intellettuale e industriale. Sono esclusi anche i reati che riguardano l’immigrazione (per questo non è stato ancora abolito il reato di immigrazione clandestina). Per i reati depenalizzati, le sanzioni pecuniarie amministrative che ora li puniscono sono state aumentate.



Nel seguito del primo decreto si depenalizzano poi alcuni reati che invece sono previsti dal codice penale (torneremo sull’elenco più avanti). Il secondo decreto si occupa invece di togliere dal codice penale, abolendo alcuni articoli, altri reati, che nello stesso decreto vengono in sostanza ridefiniti come illeciti civili sottoposti a sanzione pecuniaria.



Quali sono i reati depenalizzati



Riassumendo, per i reati fuori dal codice penali che sono stati depenalizzati non si può produrre un elenco esaustivo. È stata citata a volte la coltivazione della cannabis, ma in realtà, ha spiegato il ministro Lorenzin, si tratta di depenalizzazione solo per chi non fa le cose in regola nei rarissimi casi in cui la coltivazione è già stata autorizzata, come l’Istituto farmaceutico militare.



I reati del codice penale trasformati in illeciti amministrativi, ma che rimangono nel codice penale, sono sei (bisogna precisare che rimangono pene detentive per casi specifici o in presenza di aggravanti): atti osceni; pubblicazioni e spettacoli osceni; rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto; abuso della credulità popolare; rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive; atti contrari alla pubblica decenza e turpiloquio. Le pene detentive previste prima del decreto sono ora sostituite da multe dai 5.000 ai 50.000 euro secondo questa equivalenza.



Altri 6 reati contenuti in leggi speciali sono stati depenalizzati e sono quindi anch’essi illeciti amministrativi: vanno dal mancato versamento dei contributi da parte di un datore di lavoro a altri più esotici come “l’abusiva installazione o esercizio di impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso di autotrazione”.



Con il secondo decreto, alcuni reati sono stati cancellati dal codice penale: falsità in scrittura privata; falsità in foglio firmato in bianco; ingiuria; sottrazione di cose comuni (cioè in comproprietà); appropriazione di cose smarrite; danneggiamento. Questi reati non scompaiono, ma vengono reintrodotti dallo stesso decreto come “illeciti civili sottoposti a sanzioni pecuniarie”: in altre parole, chi li commette non rischia più il carcere ma una multa.



Il verdetto



Di Battista pone eccezionale enfasi nel fatto che si tratti di “fior di reati” e che la depenalizzazione sia avvenuta “quasi nel silenzio assoluto”. Sebbene un provvedimento in materia sia stato effettivamente approvato, ci sembra che i reati non siano particolarmente gravi – per la stessa logica dell’intervento normativo – e che questa iniziativa legislativa sia passata tutt’altro che inosservata (il 16 gennaio era sulle prime pagine, seppur con peso diverso, di quasi tutti i quotidiani italiani). Nonostante qualche informazione allarmistica circolata su Internet, non sono certo stati depenalizzati reati più gravi come il sequestro di persona, lo stalking, l’omicidio colposo e l’evasione. “Nì” per l’esponente del Movimento 5 Stelle.