Cingolani sbaglia (per difetto) sull’innalzamento dei mari e l’emergenza climatica

Ansa
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Il 26 marzo il Ministero della Transizione ecologica ha pubblicato un comunicato stampa con alcune dichiarazioni rilasciate dal ministro Roberto Cingolani durante un webinar in vista della Cop 26 di novembre prossimo, la conferenza sul clima delle Nazioni unite organizzata quest’anno dal Regno Unito insieme al nostro Paese.

Tra i vari dati elencati da Cingolani, ce n’è uno sull’aumento del livello degli oceani causato dal riscaldamento globale. Secondo il ministro, «se non riusciremo a controllare» il cambiamento climatico, avremo «un innalzamento dei mari di 20 centimetri nel prossimo secolo».

Almeno in un’altra occasione da quando è ministro, Cingolani ha sottolineato i rischi legati all’emergenza climatica, citando il dato dei “20 centimetri” in maniera un po’ diversa. «Già un aumento della temperatura di un grado e mezzo – aveva detto in una conferenza il 3 marzo – equivale a un innalzamento del livello dei mari di circa 20 centimetri».

Che cosa dicono le previsioni più affidabili degli scienziati sull’impatto dei cambiamenti climatici e il livello degli oceani? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza e entrambe queste dichiarazioni sono imprecise per difetto. Sia in uno scenario di contenimento dei cambiamenti climatici, sia nello scenario peggiore possibile, i mari cresceranno più di 20 centimetri, al di là che come orizzonte temporale si prenda il 2100 o il «prossimo secolo», ossia tra il 2100 e il 2200.

Che cosa c’entra il riscaldamento globale con l’innalzamento dei mari

Ormai da decenni la comunità scientifica internazionale è concorde nel sottolineare come il livello dei mari e degli oceani si sia alzato e stia aumentando a causa dell’aumento delle temperature dovuto alle attività umane. Valutare questo fenomeno, e fare previsioni future, non è però per nulla semplice, come spiega nel dettaglio un approfondimento di Carbon Brief, un sito britannico specializzato nella divulgazione sui cambiamenti climatici.

L’innalzamento dei mari nei decenni scorsi è stato comunque chiaro, in base a numerose rilevazioni. Abbiamo a disposizione una lunga serie di dati provenienti dalle stazioni mareografiche e, più di recente, dai satelliti. Le stime recenti più affidabili sono state raccolte, analizzate e pubblicate nel 2019 dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) delle Nazioni unite, formato da decine di scienziati ed esperti che studiano il riscaldamento globale e i suoi effetti.

Secondo l’Ipcc, dal 1900 ad oggi il livello medio dei mari è cresciuto in tutto il mondo di circa 20 centimetri (poiché si tratta di una crescita media alcune zone hanno registrato aumenti più considerevoli, altre delle diminuzioni), con una costante accelerazione. Se tra il 1901 e il 1990 si è registrato un aumento di circa 1,4 millimetri l’anno, si è passati a +3,6 millimetri l’anno nel periodo tra il 2006 e il 2015. Secondo altre stime – per esempio una pubblicata su Science a fine 2020 – l’innalzamento nell’ultimo decennio sarebbe ancora più elevato rispetto a quanto quantificato dall’Ipcc.

L’innalzamento del livello dei mari è insomma un fenomeno reale. Ed è certo che sia dovuto sempre di più dai cambiamenti climatici causati dalle attività umane. Secondo l’Ipcc, quest’ultime hanno causato un aumento medio delle temperature di circa 1°C rispetto al periodo pre-industriale (1850-1900). Il riscaldamento del pianeta ha due conseguenze principali per il livello dei mari: crescendo la temperatura, da un lato le acque aumentano di volume e si “alzano” (è la cosiddetta “espansione termica”), dall’altro si sciolgono i ghiacci che si riversano così negli oceani (ci sono poi fenomeni causati dagli esseri umani, e non legati al clima, che causano un aumento del livello dei mari, come la subsidenza, ossia lo sprofondamento del terreno).

Una delle sfide più complesse è quantificare quanto questi fattori abbiano contribuito all’innalzamento dei mari. Ma soprattutto prevedere con un certo grado di affidabilità che cosa succederà nei prossimi anni. E qui entrano in gioco le previsioni fatte da Cingolani.

Quando si alzeranno gli oceani

Secondo l’attuale ministro della Transizione ecologica, «il cambiamento climatico è qualcosa che, se non riusciremo a controllare, porterà a un innalzamento dei mari di 20 centimetri nel prossimo secolo». In base a quanto visto prima, sembrerebbe dunque che tra il 2100 e il 2200 gli oceani si alzeranno dello stesso aumento registrato tra il 1900 e oggi. Messa così, questa previsione è sbagliata per difetto, e di parecchio, in base alle stime più affidabili fatte dalla comunità scientifica.

Abbiamo visto però che Cingolani ha dato anche un’altra versione di questa statistica, dicendo che 20 centimetri sarebbe l’aumento che si registrerebbe con la crescita media delle temperature di 1,5 °C (lo scenario attualmente più ottimistico, come vedremo tra poco). Anche questa dichiarazione è imprecisa, in base alle evidenze scientifiche a disposizione.

Il già citato rapporto del 2019 dell’Ipcc spiega che le stime sull’innalzamento attuale e futuro dei mari dipendono «fortemente» da quale scenario si realizzerà a livello globale sulle emissioni di gas che causano il riscaldamento globale. Detta altrimenti, esistono diverse previsioni in base a quanto peggioreranno le temperature sul nostro pianeta a causa delle attività umane.

Il Grafico 1 mostra quanto si prevede aumenterà in media il livello dei mari con il passare dei decenni in base a due scenari, per così dire, opposti. Lo scenario Rcp2.6 è quello in cui si riesce a mantenere l’aumento medio delle temperature entro il 2100 sotto i 2 °C rispetto al periodo pre-industriale, rispettando così l’accordo di Parigi e cercando di stare nell’aumento di 1,5 °C. Lo scenario Rcp8.5 è quello in cui i cambiamenti climatici non riescono a essere arginati, con un continuo aumento delle emissioni e della crescita delle temperature.
Grafico 1. Innalzamento dei mari entro il 2300 sulla base di due scenari – Fonte: Ipcc
Grafico 1. Innalzamento dei mari entro il 2300 sulla base di due scenari – Fonte: Ipcc
L’Ipcc ha sottolineato che dopo il 2050 le previsioni si fanno via via sempre più incerte. In ogni caso, anche contenendo entro fine secolo l’aumento delle temperature sotto i 2 °C, si prevede un innalzamento del livello dei mari tra i 40 e i 50 centimetri entro il 2100 rispetto ai livelli attuali (con un intervallo di incertezza tra 29 centimetri e 59 centimetri). La crescita annua si aggirerebbe tra i 4 e i 9 millimetri, quasi il doppio di quella registrata nei primi anni Duemila. Nello scenario migliore possibile, la crescita «nel prossimo secolo» – quello indicato da Cingolani – continuerebbe ma molto lentamente.

Nel caso in cui i cambiamenti climatici dovessero diventare incontrollabili, entro il 2100 l’innalzamento dei mari potrebbe superare un metro ed entro «il prossimo secolo» arrivare a quasi 2 metri (una probabilità quantificata dall’Ipcc attorno al 17 per cento). Come abbiamo detto, si tratta di previsioni a lungo termine che vanno prese con cautela. Ma in ogni caso sono ben peggiori di quanto indicato da Cingolani, sia in riferimento allo scenario ottimistico del contenimento tra gli 1,5 °C e i 2 °C di aumento delle temperature sia in riferimento allo scenario di non contenimento dei cambiamenti climatici.

In uno scenario intermedio (Rcp4.5), in cui si supera l’aumento di 2 °C ma si riesce in parte a contenere i cambiamenti climatici, entro il 2100 l’innalzamento dei mari sarebbe molto probabilmente intorno al mezzo metro.

In ogni caso, secondo il Climate action tracker – un consorzio di ricercatori indipendenti, che monitora gli Stati nel mondo e le loro politiche ambientali in relazione all’Accordo di Parigi – di fatto quasi nessun Paese al mondo è ad oggi in linea per rispettare gli impegni e contenere l’aumento medio delle temperature entro 1,5 °C.

In conclusione

Da quando è ministro della Transizione ecologica, in almeno due occasioni Roberto Cingolani ha citato una statistica relativa all’innalzamento del livello dei mari e i cambiamenti climatici.

Il 26 marzo Cingolani ha detto che «se non riusciremo a controllare» il cambiamento climatico, avremo «un innalzamento dei mari di 20 centimetri nel prossimo secolo». Il 3 marzo ha invece dichiarato una stima un po’ diversa: «Già un aumento della temperatura di un grado e mezzo equivale a un innalzamento del livello dei mari di circa 20 centimetri».

Abbiamo analizzato che cosa dicono le stime ad oggi più affidabili della comunità scientifica e Cingolani sbaglia per difetto.

L’aumento di 20 centimetri del livello dei mari è quello che si è registrato tra il 1900 e oggi, quando le temperature globali sono cresciute in media di circa 1 °C rispetto ai livelli pre-industriali.

Secondo le stime dell’Ipcc, se riuscissimo a mantenere l’aumento delle temperature tra gli 1,5 °C e 2 °C, prima del 2100 il livello dei mari crescerebbe comunque di quasi mezzo metro rispetto ai livelli attuali, salendo poi più lentamente nel secolo dopo.

Se invece i cambiamenti climatici dovessero diventare incontrollabili, in uno degli scenari peggiori possibili, entro il 2100 l’aumento potrebbe essere di circa un metro e di quasi 2 metri entro la fine del prossimo secolo.

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