Il 20 agosto Meta ha rimosso il gruppo Facebook “Mia moglie”. Il giorno prima la scrittrice Carolina Capria, nota su Instagram come lhascrittounafemmina, aveva denunciato l’esistenza di quello spazio dove oltre 30 mila utenti – soprattutto uomini e soprattutto in anonimo – condividevano fotografie di mogli, compagne, fidanzate o presunte tali. Dopo il post di Capria, molte persone hanno sporto denuncia alla Polizia postale e segnalato il gruppo, che il giorno seguente è stato eliminato da Meta per «violazione delle policy contro lo sfruttamento sessuale di adulti».
Quel gruppo oggi non esiste più, anche se è probabile che, nel frattempo, ne siano stati creati altri con nomi diversi o su altri canali, come Telegram. Gli stessi utenti avevano annunciato di essersi spostati altrove. «Abbiamo appena creato un nuovo gruppo privato e sicuro, chiedete informazioni qui sotto, e vi mandiamo il link, solo dopo essere stati autenticizzati come coppia reale… saluti ed in c*lo ai moralisti…», si leggeva in uno degli ultimi messaggi.
“Mia moglie” era pubblico, quindi visibile da chiunque, non solo dagli iscritti ed era stato creato nel 2019 ma, come hanno spiegato fonti di Meta al Financial Times, è rimasto inattivo senza contenuti per anni, fino a maggio di quest’anno. Sul gruppo si trovava di tutto: foto di donne vestite, in costume, in intimo, ritratte in atteggiamenti quotidiani o in pose sensuali. A volte, il viso veniva tagliato o oscurato in modo da non renderle riconoscibili da chiunque. E sotto le foto c’erano decine di commenti degli utenti, la maggior parte dei quali sessualmente espliciti.
In questi giorni alcuni giornali hanno parlato di foto «sottratte senza consenso». La natura del materiale però è ancora oggetto di indagine, in alcuni casi potrebbe esserci stato il consenso delle donne ritratte, ma in altri no: ci sono utenti che hanno specificato che la propria moglie era «ignara» delle fotografie e Barbara Strappato, vicedirettrice della Polizia postale di Roma, ha spiegato ai giornali che «alcune donne si sono riconosciute e hanno sporto denuncia».
Il gruppo “Mia moglie” non è un caso isolato. Secondo i dati diffusi da “Permesso Negato”, un’associazione europea attiva nel contrasto alla proliferazione della pornografia non consensuale, nel 2023 erano attivi almeno 147 gruppi e canali solo su Telegram «all’interno dei quali possiamo trovare contenuti intimi e pedopornografici, materiale presente nei social media e profili di sex worker su OnlyFans, e divulgazione di dati personali» con oltre 6,5 milioni di condivisioni. E anche su Facebook i gruppi sono numerosi.
Come ha spiegato su Instagram Silvia Semenzin, ricercatrice e attivista per i diritti digitali specializzata in violenza di genere online e discriminazioni sul web, ci sono piattaforme in cui sono diffusi «centinaia di thread che contengono istruzioni su come installare e utilizzare le spycam, annunci per organizzare incontri sessuali con mogli ignare e non consenzienti, condivisione di foto leakate [cioè diffuse senza autorizzazione, ndr] di donne comuni o più o meno famose, richieste di modificare foto con l’AI, link diretti a gruppi Telegram in cui questi materiali continuano a circolare». Si tratta di «piattaforme, grandi e piccole, costruite per massimizzare il traffico, l’attenzione e la condivisione».
Quel gruppo oggi non esiste più, anche se è probabile che, nel frattempo, ne siano stati creati altri con nomi diversi o su altri canali, come Telegram. Gli stessi utenti avevano annunciato di essersi spostati altrove. «Abbiamo appena creato un nuovo gruppo privato e sicuro, chiedete informazioni qui sotto, e vi mandiamo il link, solo dopo essere stati autenticizzati come coppia reale… saluti ed in c*lo ai moralisti…», si leggeva in uno degli ultimi messaggi.
“Mia moglie” era pubblico, quindi visibile da chiunque, non solo dagli iscritti ed era stato creato nel 2019 ma, come hanno spiegato fonti di Meta al Financial Times, è rimasto inattivo senza contenuti per anni, fino a maggio di quest’anno. Sul gruppo si trovava di tutto: foto di donne vestite, in costume, in intimo, ritratte in atteggiamenti quotidiani o in pose sensuali. A volte, il viso veniva tagliato o oscurato in modo da non renderle riconoscibili da chiunque. E sotto le foto c’erano decine di commenti degli utenti, la maggior parte dei quali sessualmente espliciti.
In questi giorni alcuni giornali hanno parlato di foto «sottratte senza consenso». La natura del materiale però è ancora oggetto di indagine, in alcuni casi potrebbe esserci stato il consenso delle donne ritratte, ma in altri no: ci sono utenti che hanno specificato che la propria moglie era «ignara» delle fotografie e Barbara Strappato, vicedirettrice della Polizia postale di Roma, ha spiegato ai giornali che «alcune donne si sono riconosciute e hanno sporto denuncia».
Il gruppo “Mia moglie” non è un caso isolato. Secondo i dati diffusi da “Permesso Negato”, un’associazione europea attiva nel contrasto alla proliferazione della pornografia non consensuale, nel 2023 erano attivi almeno 147 gruppi e canali solo su Telegram «all’interno dei quali possiamo trovare contenuti intimi e pedopornografici, materiale presente nei social media e profili di sex worker su OnlyFans, e divulgazione di dati personali» con oltre 6,5 milioni di condivisioni. E anche su Facebook i gruppi sono numerosi.
Come ha spiegato su Instagram Silvia Semenzin, ricercatrice e attivista per i diritti digitali specializzata in violenza di genere online e discriminazioni sul web, ci sono piattaforme in cui sono diffusi «centinaia di thread che contengono istruzioni su come installare e utilizzare le spycam, annunci per organizzare incontri sessuali con mogli ignare e non consenzienti, condivisione di foto leakate [cioè diffuse senza autorizzazione, ndr] di donne comuni o più o meno famose, richieste di modificare foto con l’AI, link diretti a gruppi Telegram in cui questi materiali continuano a circolare». Si tratta di «piattaforme, grandi e piccole, costruite per massimizzare il traffico, l’attenzione e la condivisione».