È vero che la destra ha vietato l’educazione sessuale nelle scuole?

Un emendamento approvato in Parlamento ha riacceso il dibattito su che cosa si può insegnare agli studenti  
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Il 16 ottobre, in un video pubblicato su Instagram, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha accusato «la destra» di aver vietato «l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole medie e primarie». Schlein ha aggiunto che il nostro Paese è «uno dei soli sette» nell’Unione europea a non avere l’educazione sessuale obbligatoria nelle scuole.

Abbiamo verificato se le cose stanno davvero come dice Schlein.

Che cosa dice l’emendamento sull’educazione sessuale

L’accusa di Schlein fa riferimento a un emendamento approvato il 15 ottobre dalla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, che in questi giorni sta esaminando il disegno di legge «in materia di consenso informato in ambito scolastico», presentato dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

L’articolo 1 di questo disegno di legge prevede che le scuole debbano ottenere il consenso informato preventivo dei genitori, o degli studenti se maggiorenni, prima di svolgere qualsiasi attività che tratti temi legati alla sessualità. Il consenso deve essere richiesto per iscritto, dopo aver messo a disposizione il materiale didattico e indicato obiettivi, contenuti e modalità delle attività. In caso di mancata adesione, gli studenti non partecipano o, se l’attività rientra nell’offerta formativa della scuola, devono essere previste attività alternative.

Il comma 4 dell’articolo 1, inoltre, stabilisce che nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria (cioè all’asilo e alle elementari) siano «escluse, in ogni caso, le attività didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi a oggetto temi attinenti all’ambito della sessualità».

L’emendamento approvato in Commissione Cultura – presentato da tre deputate della Lega e sostenuto dagli altri partiti di maggioranza – ha modificato proprio questo comma, estendendo il divieto anche alla scuola secondaria di primo grado, cioè alle scuole medie. In sostanza, dunque, non si potranno organizzare attività dedicate ai temi della sessualità né alle elementari né alle medie, salvo quanto previsto dalle norme nazionali sull’insegnamento.

Di che cosa si potrà parlare

Il testo precisa infatti che questo divieto si applica nel rispetto di quanto stabilito dalle “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione”. Il primo ciclo d’istruzione comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado. Le indicazioni nazionali sono il documento che definisce gli obiettivi e i traguardi comuni dell’insegnamento in tutte le scuole italiane, lasciando però a ciascun istituto la libertà di organizzare programmi, metodi e attività in base alle proprie esigenze e al proprio piano dell’offerta formativa.

Nelle indicazioni nazionali attualmente in vigore, approvate nel 2012, tra gli obiettivi di apprendimento alla fine della quinta elementare compare quello di «acquisire le prime informazioni su riproduzione e sessualità». Alla fine della terza media, invece, si prevede che gli studenti debbano «acquisire corrette informazioni sullo sviluppo puberale e la sessualità». Questi obiettivi sono stati confermati anche nella bozza delle nuove indicazioni nazionali pubblicata lo scorso giugno dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, che aggiunge per la scuola media anche il traguardo di «conoscere i rischi delle malattie sessualmente trasmissibili».

Ricapitolando: il disegno di legge non elimina del tutto la possibilità di affrontare in classe temi legati alla sessualità, ma limita le attività specificamente dedicate a questo argomento al di fuori del programma scolastico, rendendole subordinate al consenso delle famiglie.

Il dibattito in commissione

Durante l’esame in commissione, l’approvazione dell’emendamento è stata criticata da vari esponenti dei partiti di opposizione. Per esempio, secondo la deputata di Alleanza Verdi-Sinistra Elisabetta Piccolotti, la modifica ha «addirittura peggiorato il testo del disegno di legge in esame», perché ha impedito «che anche nella scuola secondaria di primo grado si possano trattare i temi della sessualità e dell’affettività, rinunciando così a contrastare gli stereotipi di genere e la violenza sulle donne».

«Ora l’educazione sessuale ed affettiva sarà ostacolata nelle scuole superiori, mentre sarà proprio vietata alle primarie e alle medie», ha scritto su Facebook il deputato del Movimento 5 Stelle Antonio Caso, che fa parte della Commissione Cultura della Camera. «In un Paese dove la violenza di genere e gli stereotipi sessisti sono ancora profondamente radicati, vietare percorsi educativi che promuovono il rispetto reciproco, la consapevolezza del corpo e delle relazioni, significa abbandonare i nostri giovani al buio dell’ignoranza».

Di parere opposto è stato il deputato della Lega Rossano Sasso, ex sottosegretario all’Istruzione nel governo Draghi. Secondo Sasso, il provvedimento serve a impedire l’ingresso nelle scuole della cosiddetta “ideologia gender”, un’espressione con cui la destra indica l’insegnamento o la promozione di teorie che, a suo giudizio, metterebbero in discussione le differenze biologiche tra maschi e femmine.

Dove si insegna l’educazione sessuale

Un rapporto pubblicato nel 2022 dalla Commissione europea mostra che l’insegnamento dell’educazione sessuale, e più in generale dell’educazione affettiva, avviene in modo molto diverso da Paese a Paese all’interno dell’Unione europea. L’Italia è uno degli otto Stati membri in cui questa materia è facoltativa. Nei Paesi dove l’educazione sessuale è obbligatoria non cambia soltanto l’età in cui si inizia a ricevere questo insegnamento, ma anche le modalità e i contenuti.

Nella maggior parte degli Stati europei l’educazione sessuale si concentra soprattutto sugli aspetti biologici e sulla prevenzione delle gravidanze, mentre solo in alcuni Paesi vengono affrontati anche temi legati alle differenze di genere, ai ruoli sociali, all’orientamento sessuale, alla violenza domestica e di genere e alle questioni LGBT. Proprio questi aspetti hanno un ruolo importante nella prevenzione della violenza di genere, di cui i femminicidi rappresentano una delle forme più estreme.

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