Con un post sul suo profilo Facebook in cui riprende la prima pagina di Libero del 14 febbraio – che apre con il titolo “Renzi ha svenduto il nostro mare ai francesi” – la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha accusato il governo di aver stipulato e non pubblicizzato un accordo internazionale che prevede la cessione di “ampie zone di acque italiane” alla Francia. Vediamo se le accuse di Giorgia Meloni sono fondate.



Il peschereccio “Mina”



La questione dei confini marittimi tra Italia e Francia è arrivata sulla stampa italiana pochi giorni fa, dopo una lunga serie di interpellanze parlamentari, ma la sua prima comparsa sui media italiani è di quasi un mese fa. Tutto comincia dalla vicenda del peschereccio “Mina”, proveniente da Sanremo sulla riviera ligure, che venne fermato a metà gennaio 2016 dalla guardia costiera francese, portato a Nizza e multato con 8.300 euro perché, secondo le autorità francesi, aveva sconfinato dalle acque territoriali italiane.



È interessante notare che i primi articoli a dare notizia della vicenda del “Mina”, sulla stampa locale, non facevano parola di un nuovo accordo territoriale, quanto piuttosto che “da tempo in quella zona è in atto una ‘guerra’ tra i pescherecci italiani e francesi per la pesca del gambero”. Sembra insomma che le questioni di pesca in quel tratto di mare fossero già da tempo oggetto di controversia. Il trattato però compare già in un articolo del Secolo XIX del 18 gennaio che dava conto del seguito della vicenda. Alcuni giorni dopo ci sono state le prime interpellanze parlamentari sulla vicenda, come questa del 27 gennaio presentata da diversi senatori del M5S.



Il caso si allarga



Più di recente, il deputato sardo del Pdl – ed ex presidente della Regione – Mauro Pili ha denunciato una vicenda simile che sarebbe avvenuta in Sardegna e ha avviato una campagna di opposizione durissima all’accordo molto visibile sulla sua pagina Facebook, formata anche da interrogazioni parlamentari. Recentemente ci sono state proteste e manifestazioni di diversi pescatori nel nord della Sardegna.



L’assessore regionale della Liguria, Stefano Mai (Lega Nord), ha chiesto un incontro con il governo e la mancata ratifica dell’accordo nella sua forma attuale, in quanto danneggerebbe pesantemente l’economia ittica della sua regione. A dimostrazione di quanto il tema sia politicamente trasversale – e abbia toccato ormai tutte le sedi istituzionali – l’eurodeputata del Pd, Renata Briano, ha presentato un’interrogazione alla Commissione Europea.



Che cosa si sa del trattato



Ma veniamo al trattato. Il 21 marzo 2015, all’Abbaye aux Dames di Caen, i ministri italiani Paolo Gentiloni (Esteri) e Roberta Pinotti (Difesa) si sono incontrati con i loro omologhi francesi per discutere di diversi temi, tra cui la questione libica. In quella occasione venne firmato anche il famoso trattato.



Dell’accordo non si trova traccia tra i comunicati del Mae (Ministero Affari Esteri) del marzo 2015 né in quelli successivi (il Ministero della Difesa aveva invece rilasciato un comunicato stampa in occasione dell’incontro, in cui esso non è nominato esplicitamente), anche se sul sito istituzionale ci sono alcune foto che mostrano i due ministri degli Esteri – Paolo Gentiloni e Laurent Fabius (ministro degli Esteri francese fino a pochi giorni fa) – firmare “l’accordo bilaterale sulle delimitazioni marittime”. Dopo le polemiche, il Mae ha pubblicato una nota il 18 febbraio 2016 in cui difende la necessità di un accordo di delimitazione dei confini e sottolinea che esso non è comunque entrato in vigore, in quanto manca la ratifica parlamentare.



Un sito istituzionale francese, invece, riporta la notizia: è quello del Shom, il Service hydrographique et océanographique de la Marine, un ente del Ministero della Difesa francese che cura, tra le altre cose, la pubblicazione delle carte nautiche ufficiali. In un breve comunicato, sprovvisto di data e pubblicato sul suo sito, l’ente ha informato dell’avvenuta firma dell’accordo pubblicando una mappa che indica, appunto, i nuovi confini.






Un documento che sembra la scansione dell’accordo è stato pubblicato il 14 febbraio da Affaritaliani.it. Si tratta di sole quattro pagine firmate da Gentiloni e dall’omologo francese Fabius, una delle quali elenca una serie di coordinate geografiche che definiscono la nuova frontiera marittima.



Come hanno fatto notare diversi parlamentari nelle loro interrogazioni, la legge con cui l’accordo viene presentato al parlamento – la cui approvazione è necessaria, essendo un trattato internazionale – non è ancora stata presentata dal governo, e dunque non esiste un testo ufficiale italiano. Diverse fonti di stampa, lo stesso onorevole Pili e il sottosegretario agli Esteri Della Vedova, hanno scritto che l’accordo ha concluso il suo iter di ratifica in Francia, ma noi non siamo riusciti a trovarne traccia nella lista dei trattati bilaterali stipulati tra Italia e Francia a cura dell’amministrazione francese.



Che cosa cambia?



Sul fronte ittico, il ministro Martina ha dichiarato il 15 febbraio che “dal punto di vista dei diritti di pesca non cambia alcunché per l’Italia” e ha aggiunto che è in corso una fase di verifica.



Sul fronte politico e diplomatico, la posizione del governo è stata espressa dal sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, che rispondendo a un’interpellanza parlamentare ha elencato i motivi che rendevano necessario il trattato (i confini marittimi non erano mai stati definiti in modo organico, basandosi su accordi vecchi di decenni), il coinvolgimento di molti politici (i negoziati sono andati avanti dal 2006 al 2012 e hanno coinvolto sei ministeri italiani) e alcuni guadagni territoriali ottenuti dall’Italia dalla stipula dell’accordo.



In concreto, di quanto cambiano i confini? È praticamente impossibile rispondere a questa domanda, in assenza di verifiche ufficiali. Un articolo de La Nuova Sardegna ha scritto che “il confine dello spazio francese si sposterebbe di un solo miglio che contiene la fossa del Cimitero, cinque punti di pesca profondi da 550 a 900 metri chiamati dagli operatori Cimitero, Fuori Sanremo, Ossobuchi, Vapore e il Banco” (la Fossa del Cimitero, ricca dei pregiati gamberoni rossi pescati ad esempio dalla sanremese “Mina”, è citata spesso nei resoconti di stampa di questi giorni). D’altro canto, “i pescatori italiani – e i sardi – guadagnerebbero tre secche nel mare tra la Capraia, l’Elba e la Corsica”.



L’accordo sarebbe, dunque, una sorta di scambio, anche se le valutazioni dell’impatto economico delle misure, ha promesso Martina, sono tuttora in corso. Secondo i più agguerriti oppositori dell’accordo, invece, la differenza a sfavore dell’Italia sarebbe di decine di miglia nautiche a nord della Sardegna (l’area afferente alla Corsica passerebbe dalle 12 alle 40 miglia nautiche). Impossibile chiarire come stanno le cose.



Il verdetto



L’accordo di Caen è stato effettivamente firmato da Gentiloni, a marzo del 2015, e ha ricevuto in effetti poca pubblicità. L’iter formale è stato però rispettato: il parlamento lo dovrà appunto approvare, perché esso entri in vigore. È difficile esprimersi sugli “ampi tratti di mare”, perché non esistono stime affidabili di quanto siano cambiati i confini – in quanto, prima, alcuni di essi non erano stabiliti incontrovertibilmente. Ma dovrebbe essere difficile esprimersi anche per Giorgia Meloni, che invece mostra molta sicurezza. Per questo, e per la questione procedurale che finora è stata rispettata, la dichiarazione per noi è un “Nì”.