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Vincolo di mandato

I “cambi di casacca” sono da tempo una caratteristica della politica italiana e la scorsa legislatura, la diciottesima della storia repubblicana, non è stata da meno: da marzo 2018 a settembre 2022, durante la XVIII legislatura, quasi 300 tra deputati e senatori hanno deciso di cambiare partito in Parlamento, con oltre 400 cambi di gruppo parlamentare.

Per disincentivare il fenomeno del trasformismo parlamentare, il Senato ha modificato il suo regolamento interno, penalizzando gli onorevoli che cambiano gruppo parlamentare, mentre la Camera al momento non ha introdotto nessuna norma di questo tipo. 

In passato, per eliminare il trasformismo, alcuni partiti proponevano l’introduzione in Italia del cosiddetto “vincolo di mandato”, per obbligare i parlamentari a votare come indicato dal partito per cui sono stati eletti, pena la perdita della carica. Una regola di questo tipo è presente in pochissimi Paesi al mondo (qui avevamo fatto un elenco, non c’è nessuna grande democrazia occidentale) e, per introdurla, sarebbe necessario modificare la Costituzione italiana. Quest’ultima all’articolo 67 recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».

Alle elezioni del 2018 l’introduzione del vincolo di mandato era stata proposta da vari partiti, dal Movimento 5 stelle alla Lega, passando per Forza Italia e Fratelli d’Italia, mentre alle elezioni del 2022 l’unico partito ad avere il vincolo di mandato nel suo programma era Forza Italia.
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