Una delle proposte più dibattute in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022 è stata senza dubbio quella relativa al salario minimo, ovvero l’introduzione di una soglia di retribuzione sotto la quale un datore di lavoro non può andare per legge.
In linea di massima, sono favorevoli alla misura i partiti di centrosinistra, tra cui il Partito democratico, il Movimento 5 stelle e Azione-Italia viva, mentre sono contrari i partiti di centrodestra che attualmente costituiscono la maggioranza di governo: in passato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito il salario minimo come «la classica arma di distrazione di massa rispetto ai problemi del lavoro in Italia», ricordando poi che la misura riguarderebbe «una fetta di lavoratori già garantiti dal contratto nazionale di lavoro».
Anche tra i partiti che sostengono il salario minimo ci sono però alcune differenze di vedute. Il 30 novembre 2022, i partiti di opposizione hanno presentato una serie di mozioni per l’introduzione del salario minimo, che si differenziavano tra loro non solo rispetto alla soglia minima di retribuzione da fissare, ma anche nelle premesse e nelle richieste al governo. In pratica, pur essendo tutti favorevoli all’introduzione di un salario minimo, Partito democratico, Movimento 5 stelle, Azione-Italia viva e Alleanza Verdi-Sinistra non sono riusciti ad accordarsi per presentare una mozione unitaria, che in ogni caso sarebbe comunque stata molto probabilmente bocciata, visto che alla Camera questi partiti non hanno la maggioranza dei voti. Da un punto di vista politico, però, sarebbe stato un messaggio di condivisione su un tema di cui si sente parlare ormai da anni (ricordiamo che Partito democratico, Movimento 5 stelle e Italia viva hanno governato insieme da settembre 2019 a febbraio 2021, senza introdurre il salario minimo).
Al momento l’Italia è uno dei sei Paesi dell’Unione europea a non avere una legge nazionale sul salario minimo. Il 6 giugno 2022 il Consiglio dell’Unione europea e i negoziatori del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla direttiva che regolerebbe l’applicazione del salario minimo o di altre forme di protezione contrattuale nei 27 Paesi dell’Unione europea. Questo accordo non è però vincolante e l’introduzione o meno di questa norma spetta ai singoli governi nazionali.
In linea di massima, sono favorevoli alla misura i partiti di centrosinistra, tra cui il Partito democratico, il Movimento 5 stelle e Azione-Italia viva, mentre sono contrari i partiti di centrodestra che attualmente costituiscono la maggioranza di governo: in passato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito il salario minimo come «la classica arma di distrazione di massa rispetto ai problemi del lavoro in Italia», ricordando poi che la misura riguarderebbe «una fetta di lavoratori già garantiti dal contratto nazionale di lavoro».
Anche tra i partiti che sostengono il salario minimo ci sono però alcune differenze di vedute. Il 30 novembre 2022, i partiti di opposizione hanno presentato una serie di mozioni per l’introduzione del salario minimo, che si differenziavano tra loro non solo rispetto alla soglia minima di retribuzione da fissare, ma anche nelle premesse e nelle richieste al governo. In pratica, pur essendo tutti favorevoli all’introduzione di un salario minimo, Partito democratico, Movimento 5 stelle, Azione-Italia viva e Alleanza Verdi-Sinistra non sono riusciti ad accordarsi per presentare una mozione unitaria, che in ogni caso sarebbe comunque stata molto probabilmente bocciata, visto che alla Camera questi partiti non hanno la maggioranza dei voti. Da un punto di vista politico, però, sarebbe stato un messaggio di condivisione su un tema di cui si sente parlare ormai da anni (ricordiamo che Partito democratico, Movimento 5 stelle e Italia viva hanno governato insieme da settembre 2019 a febbraio 2021, senza introdurre il salario minimo).
Al momento l’Italia è uno dei sei Paesi dell’Unione europea a non avere una legge nazionale sul salario minimo. Il 6 giugno 2022 il Consiglio dell’Unione europea e i negoziatori del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla direttiva che regolerebbe l’applicazione del salario minimo o di altre forme di protezione contrattuale nei 27 Paesi dell’Unione europea. Questo accordo non è però vincolante e l’introduzione o meno di questa norma spetta ai singoli governi nazionali.