In ogni elezione un ruolo centrale è ricoperto dal sistema elettorale, ossia l’insieme di regole con cui si trasformano i voti ricevuti dai partiti in un corrispondente numero di seggi in Parlamento. L’attuale legge elettorale è la legge n. 165 del 3 novembre 2017, meglio nota nel gergo giornalistico e politico con il nome pseudolatino di Rosatellum. Questo nome viene da quello di Ettore Rosato (oggi presidente di Italia viva), che, quando la legge è stata approvata, era capogruppo del Partito democratico alla Camera e uno dei principali sostenitori del testo.
Il Rosatellum è stato usato per la prima volta in occasione delle elezioni politiche del 2018. La precedente legge elettorale, nota con il nome di Italicum, era stata approvata nel 2015, quando era in carica il governo guidato da Matteo Renzi. Quest’ultima legge è stata giudicata in parte incostituzionale dalla Corte Costituzionale ed è quindi stato necessario approvare una nuova legge elettorale, il Rosatellum appunto.
La cosa principale da sapere quando si parla di una legge elettorale è la differenza tra “sistema proporzionale” e “sistema maggioritario”. Semplificando un po’, le leggi elettorali possono basarsi solo su uno di questi due sistemi o su un ibrido tra i due. Quest’ultimo è il caso del Rosatellum, che è una legge elettorale mista. Poco meno di due terzi dei posti in Parlamento è assegnato con un sistema proporzionale. Nei cosiddetti “collegi plurinominali” in cui è suddiviso il territorio italiano, i partiti presentano una lista di candidati e ricevono un numero di seggi in Parlamento in proporzione al numero di voti ottenuti. In questo caso, gli elettori non possono indicare preferenze sui nomi dei candidati, che sono eletti in base all’ordine dei nomi sulle liste presentate dai partiti. Dall’altro lato, Poco più di un terzo dei seggi è assegnato con un sistema maggioritario. Nei cosiddetti “collegi uninominali”, che di nuovo coprono tutto il territorio italiano, i partiti presentano un singolo candidato e vince chi prende anche un solo voto in più rispetto agli avversari.
In base al Rosatellum, i partiti possono coalizzarsi e presentare un programma comune. Inoltre, non tutti i partiti che ricevono voti alle elezioni entrano in Parlamento. Esistono infatti alcune soglie di sbarramento: i singoli partiti devono prendere almeno il 3 per cento dei voti a livello nazionale, mentre le coalizioni almeno il 10 per cento.
Il Rosatellum è stato usato per la prima volta in occasione delle elezioni politiche del 2018. La precedente legge elettorale, nota con il nome di Italicum, era stata approvata nel 2015, quando era in carica il governo guidato da Matteo Renzi. Quest’ultima legge è stata giudicata in parte incostituzionale dalla Corte Costituzionale ed è quindi stato necessario approvare una nuova legge elettorale, il Rosatellum appunto.
La cosa principale da sapere quando si parla di una legge elettorale è la differenza tra “sistema proporzionale” e “sistema maggioritario”. Semplificando un po’, le leggi elettorali possono basarsi solo su uno di questi due sistemi o su un ibrido tra i due. Quest’ultimo è il caso del Rosatellum, che è una legge elettorale mista. Poco meno di due terzi dei posti in Parlamento è assegnato con un sistema proporzionale. Nei cosiddetti “collegi plurinominali” in cui è suddiviso il territorio italiano, i partiti presentano una lista di candidati e ricevono un numero di seggi in Parlamento in proporzione al numero di voti ottenuti. In questo caso, gli elettori non possono indicare preferenze sui nomi dei candidati, che sono eletti in base all’ordine dei nomi sulle liste presentate dai partiti. Dall’altro lato, Poco più di un terzo dei seggi è assegnato con un sistema maggioritario. Nei cosiddetti “collegi uninominali”, che di nuovo coprono tutto il territorio italiano, i partiti presentano un singolo candidato e vince chi prende anche un solo voto in più rispetto agli avversari.
In base al Rosatellum, i partiti possono coalizzarsi e presentare un programma comune. Inoltre, non tutti i partiti che ricevono voti alle elezioni entrano in Parlamento. Esistono infatti alcune soglie di sbarramento: i singoli partiti devono prendere almeno il 3 per cento dei voti a livello nazionale, mentre le coalizioni almeno il 10 per cento.