Da quando il virus è uscito dai confini africani per sbarcare in Europa (Spagna) e Stati Uniti (Texas), gli aggiornamenti di tv e giornali del mondo occidentale si sono fatti più frequenti, alimentando in alcuni casi la psicosi, soprattutto tra i viaggiatori. La situazione è in continua evoluzione, e le stime di incidenza del virus cambiano di mese in mese, come dimostra questa dichiarazione del ministro Lorenzin. Cerchiamo quindi di fare chiarezza sulle stime più recenti, su quale sia il livello di allerta e i rischi che corriamo in Europa.


Ebola, di cosa si tratta?


Come riportato sul sito del Ministero della Salute, l’Ebola è una malattia causata da un virus che può colpire sia uomini che primati. Il virus si trasmette dagli animali selvatici all’uomo e si diffonde tramite contatto con fluidi corporei e con cadaveri infetti. La situazione è senz’altro preoccupante, considerando che al momento non esiste un vaccino (ma soltanto cure di supporto), ragion per cui il livello di mortalità è alto (71% secondo l’OMS). Messe così le cose, risulta di cruciale importanza il contenimento della diffusione nelle prime fasi, in modo da ridurre gli sforzi e i costi futuri.


A favore della lotta al virus gioca il fatto che l’Ebola non è una malattia altamente contagiosa. Il virus si può contrarre attraverso il contatto diretto (tramite ferita o mucose del nostro corpo) con i fluidi di una persona malata o di un morto. Il tasso di riproduzione R0, che misura il numero di persone a cui un individuo infetto può passare il virus, è pari a circa 1.5-2: un numero inferiore a molte altre patologie, come parotite (R0=10) o il morbillo (R0=18).



Fonte npr.org


Chi se ne sta occupando?


Sars e influenze pandemiche hanno aumentato la capacità dei sistemi sanitari occidentali di individuare e isolare le persone affette o potenzialmente affette dal virus. Tuttavia, anche da parte di alcuni membri del Congresso americano sono piovute molte critiche nei confronti della gestione statunitense dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC). I motivi delle polemiche sono i noti casi di contagiati, riscontrati in territorio americano. Stiamo parlando del “paziente zero”, il liberiano morto a Dallas pochi giorni fa e dell’infermiera americana, lasciata salire a bordo di un volo commerciale poco prima che le fosse diagnosticato il virus.



Ban Ki-moon, Segretario delle Nazioni Unite, ha invece indirettamente criticato la scarsa partecipazione al contrasto del virus da parte di altri big-player, come Russia e Cina.


La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, che dal 2007 ha l’autorità di dichiarare lo stato di emergenza di salute globale (lo ha già fatto per l’influenza suina H1N1 nel 2009 e per la poliomielite nel 2014) in base all’International Health Regulations, è stata oggetto di critiche per aver sottovalutato i rischi della diffusione di Ebola in Guinea, Sierra Leone e Liberia, nonostante gli avvertimenti di Medici Senza Frontiere e dei suoi medici sul campo. A ciò si aggiunge il rischio dei tagli al budget degli ultimi anni di cui l’organizzazione potrebbe risentire: per il 2012-2013 i membri dell’OMS hanno accettato di stanziare 3,9 miliardi come bilancio dell’organizzazione, quasi 1 miliardo di dollari in meno rispetto a quanto originariamente richiesto dal Direttore Generale.


Per far fronte alla conseguenze che ne deriverebbero, numerosi sono stati i personaggi in vista (come gli Zuckerberg e i Gates) che hanno abbracciato la causa donando milioni di dollari al CDC, all’ONU e ad altre organizzazioni che si stanno occupando dei malati e del contenimento dell’epidemia.


Ebola, emergenza senza precedenti?



L’allarme è attualmente al livello 3 nella scala del CDC americano (il più alto) in Guinea, Liberia e Sierra Leone, e a livello 2 in Congo. Il livello rimane invece basso in Nigeria (1) dove l’epidemia sembra essere stata contenuta: è di ieri (20 ottobre 2014) la notizia secondo cui l’OMS l’ha dichiarata “Ebola-free”, a differenza di quanto sostiene il politico nostrano Di Battista. Come sottolinea l’Economist, da cui è tratta la cartina a destra, la situazione in Africa occidentale è sicuramente molto preoccupante.


Al di là di questi Paesi, il rischio di contrarre l’Ebola nel resto del mondo rimane estremamente basso anche considerando gli episodi statunitensi di Dallas. A differenza di quanto alcuni politici italiani hanno provato a far intendere – come Grillo in questa dichiarazione – il rischio che l’Ebola arrivi sulle nostre coste attraverso i barconi degli immigrati clandestini è basso non solo grazie ai controlli sanitari effettuati al momento dello sbarco, ma anche perché il virus ha un periodo di incubazione media di 8-10 giorni. In generale, gli esperti del Ministero sembrano inclini ad evitare allarmismi e come ricorda il quotidiano inglese The Guardian, l’Occidente per ora corre rischi maggiori con altre malattie come la comune influenza, di cui si parla molto meno.