Il 13 gennaio su Facebook è stata pubblicata una foto di Mario Monti, con un testo in cui si legge che l’ex presidente del Consiglio sarebbe stato indagato perché “invece di aiutare i poveri favoriva le banche”.

Questa notizia è però falsa, come abbiamo spiegato in un altro articolo, e riguarda una vicenda iniziata tre anni, conclusasi nel giugno scorso, e in cui Mario Monti non è mai stato indagato. Andiamo con ordine.

Ad aprile 2016, i media hanno pubblicato la notizia che la Procura regionale della Corte dei conti del Lazio aveva formulato l’accusa di un danno erariale da 3,8 miliardi di euro nella ristrutturazione dei derivati sottoscritti dal Tesoro con la banca d’affari Morgan Stanley avvenuta nel 2012, sotto il governo guidato da Mario Monti: «La vicenda Morgan Stanley è nota. A gennaio 2012 – governo Monti – quando lo spread era a 500 punti, il Tesoro ristruttura, perdendoci, 5 contratti derivati sottoscritti con la banca in un accordo quadro del 1994. Per i magistrati contabili, i dirigenti che li firmarono dovrebbero ora rispondere del danno».

Più di un anno dopo, a luglio del 2017, Il Sole 24 Ore scriveva che «arriva la chiamata in giudizio per Morgan Stanley, oltre che per quattro alti dirigenti attuali e passati del Tesoro, nell’inchiesta che la Corte dei conti ha avviato l’anno scorso sui derivati dello Stato». «Alla banca d’affari – continuava il quotidiano –, i magistrati contabili contestano un danno da 2,7 miliardi; altri 1,18 miliardi sarebbero a carico del direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via, di Maria Cannata, dal 2000 a capo della direzione generale sul debito pubblico, e agli ex ministri dell’Economia Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, entrambi direttori generali al Tesoro prima di entrare nell’organigramma dei governi di Silvio Berlusconi e Mario Monti. Il totale del danno, quindi, sarebbe di 3,88 miliardi». Il nome di Mario Monti non compare mai.

Il 13 dicembre 2017, in un’audizione davanti alla Commisssione di inchiesta sulle banche, il procuratore presso la Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti, Andrea Lupi, ha affermato che il derivato siglato dal Mef con Morgan Stanley ha determinato un esborso di 4 miliardi a fronte di 40 milioni euro annui ricevuti: «La Procura ha chiesto il 70% del danno, ovvero 2 miliardi 760 milioni, a Morgan Stanley. Il 30% rimanente è chiesto ai dirigenti del Mef dell’epoca, tra i quali Grilli, Siniscalco e Maria Cannata. Ad aprile 2018, si è tenuta la prima udienza del processo. A giugno, il caso si è concluso con la sentenza (qui il testo) della Corte dei conti che ha stabilito che i contratti sono stati legittimi e, allo stesso tempo, insindacabili dal punto di vista delle scelte amministrative, come ha spiegato anche Il Sole 24 Ore.

Per quanto ci sia stata un’azione giudiziaria sulla questione dei derivati sottoscritti dalle autorità italiane, l’ex presidente del Consiglio Monti non è tra le persone coinvolte nell’inchiesta.