Che cosa non torna nel videomessaggio di Meloni su La7

Abbiamo verificato le dichiarazioni fatte dalla presidente del Consiglio in un contestato filmato mandato in onda in vista delle elezioni europee
Pagella Politica
Il 26 maggio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pubblicato sui social network un suo videomessaggio elettorale trasmesso sull’emittente televisiva La7 in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. Il videomessaggio di Meloni è stato criticato, tra gli altri, dal giornalista Corrado Formigli, che su La7 conduce il programma Piazzapulita. Secondo Formigli, la leader di Fratelli d’Italia ha «sbeffeggiato» e «insultato» i telespettatori di La7. Meloni ha infatti iniziato il suo videomessaggio criticando la copertura che l’emittente ha dato al suo governo: «Cari telespettatori de La7, è da un po’ che non ci si vede, e però spero di trovarvi rincuorati per lo scampato pericolo della deriva autoritaria, del collasso dell’economia, dell’isolamento dell’Italia a livello internazionale».
Nel filmato, la presidente del Consiglio ha poi rivendicato una serie di risultati che, a detta sua, il governo avrebbe raggiunto da quando si è insediato, invertendo la tendenza nell’economia e nel mondo del lavoro. «Oggi, pur in una situazione difficile, l’Italia è finalmente tornata a crescere più della media europea. È cresciuto l’export, è sceso lo spread e la borsa italiana nel 2023 è stata la migliore in Europa. Ma soprattutto abbiamo toccato il tasso di occupazione più alto di sempre, aumentano i contratti stabili, aumenta l’occupazione femminile, diminuisce il rischio di povertà, e dopo tre anni i salari sono tornati a crescere più dell’inflazione», ha dichiarato Meloni.

Al di là della polemica con La7, abbiamo verificato che cosa c’è di vero e che cosa no nelle parole della leader di Fratelli d’Italia.

La crescita del Pil

Partiamo dell’andamento dell’economia. Secondo Eurostat, nel 2023 il Pil italiano è cresciuto dello 0,9 per cento rispetto all’anno precedente, mentre la crescita media dell’Unione europea è stata pari allo 0,4 per cento. L’anno scorso 12 Paesi Ue sono comunque cresciuti più dell’Italia, tra cui la Spagna (+2,5 per cento), mentre la Francia è cresciuta meno (+0,7 per cento) e in Germania il Pil è lievemente sceso (-0,2 per cento). Ma anche nel 2022 e nel 2021, due anni in cui ha governato perlopiù il governo Draghi, il Pil italiano era cresciuto più della media europea. 

Le previsioni per il 2024 sono meno ottimistiche. Secondo le previsioni di primavera della Commissione europea, pubblicate il 15 maggio, quest’anno il Pil italiano crescerà dello 0,9 per cento, poco meno della media europea (+1 per cento). Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la crescita italiana sarà meno alta, e pari al +0,7 per cento.

L’export resta fermo

Secondo Meloni, grazie al suo governo l’export italiano è cresciuto. I dati più aggiornati le danno torto. 

Secondo il Ministero degli Esteri, nel 2023 le esportazioni italiane verso l’estero hanno raggiunto un valore pari 626,2 miliardi di euro, la stessa cifra raggiunta l’anno prima. Come si vede nel Grafico 1, le due barre blu – che indicano il valore dell’export – sono alte uguali.
Grafico 1. Interscambio commerciale dell’Italia con l’estero, valori in milioni di euro – Fonte: Ministero degli Esteri
Grafico 1. Interscambio commerciale dell’Italia con l’estero, valori in milioni di euro – Fonte: Ministero degli Esteri
Di recente, anche l’Istat ha evidenziato che lo scorso anno non ci sono stati particolari cambiamenti nel valore delle esportazioni italiane. «Nel 2023, rispetto all’anno precedente, l’export nazionale in valore risulta stazionario ed è sintesi di dinamiche territoriali molto differenziate: l’aumento delle esportazioni è marcato per il Sud (+16,9 per cento) e più contenuto per il Nord-ovest (+2,4 per cento), mentre si registra una flessione per il Nord-est (-0,8 per cento) e il Centro (-3,1 per cento) e una netta contrazione per le Isole (-19,2 per cento)», ha scritto Istat in un report pubblicato ad aprile. 

L’andamento dello spread

Nel videomessaggio su La7 la presidente del Consiglio ha detto che con il suo governo il valore dello spread è sceso. Ricordiamo che lo spread indica la differenza tra il rendimento dei Btp, ossia i titoli di Stato italiani con scadenza a dieci anni, e quello dei suoi corrispettivi tedeschi, i Bund. Di norma, un aumento dello spread è interpretato come un peggioramento della fiducia nei titoli di Stato italiani da parte degli investitori, mentre un calo dello spread è letto come un aumento della fiducia.

Il 22 ottobre 2022, quando si è insediato il governo Meloni, lo spread valeva 233 punti base: c’era una differenza del 2,33 per cento tra il rendimento dei titoli italiani e quello dei titoli tedeschi. Oggi lo spread vale circa 130 punti base, con una differenza dell’1,3 per cento tra il rendimento dei titoli italiani e quello dei titoli tedeschi. Come mostra il Grafico 2, lo spread ha avuto un andamento altalenante durante il governo Meloni: inizialmente è calato, durante l’autunno del 2023 è tornato a salire, per poi tornare a scendere.
Grafico 2. Andamento dello spread dal 22 ottobre 2022 al 27 maggio 2024 – Fonte: Il Sole 24 Ore
Grafico 2. Andamento dello spread dal 22 ottobre 2022 al 27 maggio 2024 – Fonte: Il Sole 24 Ore
Come abbiamo spiegato in un altro articolo, lo spread è calato in altri Paesi europei e un ruolo in questa dinamica lo ha avuto soprattutto il peggioramento delle condizioni economiche della Germania, che hanno fatto aumentare il rendimento dei titoli di Stato tedeschi, restringendo lo spread.

La crescita della borsa

È vero, come dice Meloni, che nel 2023 la borsa italiana «è stata la migliore in Europa». L’anno scorso il FTSE MiB, il principale indice italiano che raggruppa le più grandi società quotate del Paese, è cresciuto di più degli altri indici borsistici europei.

Meloni esagera però nel prendersi i meriti dell’andamento della borsa. I mercati sono infatti influenzati da molti fattori esterni, come gli eventi globali e le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime, su cui si basano le scelte di molti attori, dalle imprese agli investitori internazionali. Se il valore della borsa italiana è aumentato in un anno, questo non è automaticamente merito del governo italiano e delle misure economiche che ha adottato.

Tra l’altro, una parte della crescita della borsa è stata frutto della crescita degli indici bancari. Nel 2023 molte banche italiane hanno registrato utili molto più alti rispetto all’anno precedente, per effetto dell’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea (BCE). La crescita degli utili ha avuto un riflesso anche in borsa, con la crescita appunto dei titoli degli istituti finanziari. La stessa Meloni, però, ha più volte criticato gli utili in più fatti dalle banche, tanto che ad agosto 2023 il suo governo aveva annunciato l’introduzione di una tassa sui cosiddetti “extraprofitti”. Nelle settimane successive, il governo ha fatto marcia indietro, di fatto eliminando l’imposta straordinaria.

Il mercato del lavoro

Meloni ha ragione quando dice che è stato toccato il «tasso di occupazione più alto di sempre», che aumentano i contratti stabili e l’occupazione femminile. 

Secondo Istat, in Italia ci sono quasi 23,9 milioni di occupati, 600 mila in più rispetto a quando si è insediato il governo Meloni. Questo è il numero di occupati più alto dal 2004, da quando sono disponibili i dati mensili. Il tasso di occupazione (15-64 anni) è al 62,1 per cento, anche questo un record (sebbene resti la percentuale più bassa tra i Paesi dell’Unione europea). I lavoratori a tempo indeterminato sono circa 16 milioni, 700 mila in più rispetto a quando si è insediata Meloni e da agosto 2023 il numero di occupati donne è superiore ai 10 milioni, risultato mai raggiunto prima.

A differenza di quanto lascia intendere Meloni nel suo videomessaggio, l’aumento del numero degli occupati e del tasso di occupazione non è però iniziato con l’insediamento del suo governo. Il miglioramento dei dati del mercato del lavoro è infatti iniziato nei primi mesi del 2021, durante il governo Draghi.

La povertà scende o sale?

Meloni ha rivendicato anche un altro risultato: secondo lei, in Italia è diminuito il rischio di povertà. Come abbiamo spiegato in un altro fact-checking, a inizio marzo Istat ha pubblicato un report in cui ha stimato che nel 2023 è in effetti calato il rischio di povertà nel nostro Paese. Senza entrare troppo nei dettagli, questo indicatore quantifica la percentuale di persone che vive in famiglie con un reddito inferiore alla soglia di rischio di povertà. Secondo Istat, questa percentuale è calata nel 2023 rispetto all’anno prima, ma grazie a misure che erano state introdotte prima dell’insediamento del governo Meloni (tra cui l’assegno unico universale) e che l’attuale governo ha solo modificato in parte. In più, già nel 2022 – quindi durante il governo Draghi – Istat aveva stimato un calo del rischio di povertà in Italia.

Nel suo videomessaggio Meloni ha omesso un altro dato importante per comprendere l’andamento della povertà nel nostro Paese. Secondo le stime preliminari più aggiornate di Istat, nel 2023 è leggermente aumentata la percentuale di cittadini e di famiglie che vive in povertà assoluta (Grafico 3). È considerato in “povertà assoluta” chi non raggiunge una soglia di spesa mensile ritenuta necessaria per avere uno standard di vita accettabile (questa soglia varia a seconda della zona dove si vive e dal numero di componenti del nucleo familiare).
Grafico 3. Incidenza della povertà assoluta familiare e individuale in Italia, anni 2014-2023 – Fonte: Istat
Grafico 3. Incidenza della povertà assoluta familiare e individuale in Italia, anni 2014-2023 – Fonte: Istat

Il rapporto tra salari e inflazione

Infine, la presidente del Consiglio ha detto nel suo videomessaggio su La7 che, grazie al suo governo, «dopo tre anni i salari sono tornati a crescere più dell’inflazione». Con tutta probabilità, Meloni ha fatto riferimento a un dato contenuto nel nuovo “Rapporto annuale” di Istat, pubblicato il 15 maggio, dove però c’è scritta una cosa un po’ diversa.

«Dopo un periodo di quasi tre anni, la dinamica tendenziale delle retribuzioni contrattuali è tornata, a ottobre 2023, a superare quella dei prezzi, grazie alla continua decelerazione dell’inflazione. In media di anno, tuttavia, la crescita salariale è risultata ancora inferiore a quella dell’inflazione», ha sottolineato Istat. «Le retribuzioni contrattuali orarie nel 2023 sono aumentate del 2,9 per cento, in rafforzamento rispetto al 2022 (1,1 per cento). I prezzi al consumo, seppure in decelerazione, hanno comunque segnato nel 2023 una crescita del 5,9 per cento, che ha determinato un ulteriore arretramento in termini reali delle retribuzioni». In parole semplici, negli ultimi mesi del 2023 c’è stato un miglioramento, ma non abbastanza per compensare la crescita dell’inflazione, che è comunque rallentata.
 

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