Il fact-checking di Elly Schlein a DiMartedì

Dalla sanità al salario minimo, abbiamo verificato sei dichiarazioni fatte dalla segretaria del PD in televisione
ANSA/ETTORE FERRARI
ANSA/ETTORE FERRARI
Il 22 maggio la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein è stata ospite (min. -2:11:15) del programma televisivo DiMartedì su LA7. Dal salario minimo al costo dei carburanti, passando per la riforma dell’Irpef e i soldi alla sanità, abbiamo verificato sei dichiarazioni per controllare quali sono supportate dai fatti e quali no. Schlein ha commesso alcuni errori.

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I soldi alla sanità

«Ma davvero ancora non si vuole prendere mezza responsabilità di quello che loro stanno facendo, perché loro hanno deciso di far scendere i fondi della spesa sanitaria, non noi» (min. -2:10:24)

In questa dichiarazione la segretaria del PD omette di dire una cosa importante. 

Partiamo dai numeri. Secondo le stime contenute nel Documento di economia e finanza, pubblicato ad aprile, tra il 2024 e il 2027 la spesa sanitaria italiana continuerà a crescere in valori assoluti, passando da 138,8 miliardi di euro a 147,4 miliardi. In rapporto al Prodotto interno lordo (Pil), però, ci sarà un calo dal 6,4 per cento al 6,2 per cento. 

Schlein dice che questa riduzione in rapporto al Pil l’ha decisa il governo Meloni, e non il suo partito. In realtà di recente, quando ha supportato il governo Draghi con Roberto Speranza ministro della Salute, anche il PD aveva previsto un calo della spesa sanitaria in rapporto al Pil negli anni successivi al 2021.

Il rifinanziamento al fondo per l’affitto

«Hanno cancellato 330 milioni di fondo per l’affitto che sostenevano le famiglie che non riuscivano a più pagarlo» (min. -2:08:47)

Questa è una delle dichiarazioni più ripetute da Schlein da quando è diventata segretaria del PD: ne abbiamo scritto più approfonditamente in un altro fact-checking. 

In breve: è vero che con la legge di Bilancio per il 2023 il governo Meloni non ha rifinanziato il fondo che aiuta a pagare le spese per l’affitto previsto da una legge del 1998. Questo non vuol dire però che il fondo sia stato cancellato. Il mancato rifinanziamento del fondo rientrava già nelle previsioni sia del secondo governo Conte sia del governo Draghi e in passato, in almeno cinque casi, non è stato rifinanziato.

L’andamento dei salari

«Negli ultimi tre anni i prezzi sono aumentati del 17 per cento, i salari reali solo del 4,7 per cento» (min. -2:08:03)

Questa dichiarazione è sostanzialmente corretta. 

Nel suo “Rapporto annuale 2024”, pubblicato il 15 maggio, Istat ha scritto che nei tre anni tra il 2021 e il 2023 «le retribuzioni contrattuali orarie sono cresciute a un ritmo decisamente inferiore a quello osservato per i prezzi, con una differenza particolarmente marcata nel 2022». In questo periodo, ha sottolineato Istat, «i prezzi al consumo sono complessivamente aumentati del 17,3 per cento, mentre le retribuzioni contrattuali sono cresciute del 4,7 per cento».

Il costo del salario minimo

«Noi abbiamo fatto una proposta che sarebbe a costo zero: quella di dire finalmente con una legge che sotto i 9 euro all’ora non è lavoro, ma è sfruttamento» (min. -2:07:37)

Questa dichiarazione invece è scorretta: la proposta del PD sul salario minimo ha dei costi. 

A luglio 2023 tutti i partiti dell’opposizione, eccetto Italia Viva, hanno presentato alla Camera una proposta di legge che chiedeva di introdurre un salario minimo di 9 euro lordi l’ora. Dopo un lungo esame, alla fine il governo Meloni ha deciso di “svuotare” questa proposta, trasformandola in una proposta di legge delega. In risposta, i leader dei partiti di opposizione, tra cui Schlein, hanno tolto la loro firma dal testo.

L’articolo 7 della proposta di legge, sostenuta dal PD, proponeva che con la legge di Bilancio per il 2024 il governo Meloni creasse un fondo per compensare gli aumenti dei costi a cui avrebbero dovuto far fronte le imprese dopo l’introduzione del salario minimo. La proposta di legge non indicava però né quanti soldi sarebbero serviti per questo fondo né le coperture economiche. Un costo in ogni caso, a differenza di quello che dice Schlein, ci sarebbe comunque stato.

Ci possono poi essere altri costi “nascosti” per lo Stato con l’introduzione del salario minimo, per esempio la perdita di gettito nel caso in cui aumentasse il lavoro irregolare. Ne abbiamo scritto più nel dettaglio in un altro fact-checking.

Il costo della benzina

«Ce la ricordiamo tutti davanti al benzinaio a dire: “Abbasseremo tutte le accise”. E adesso la benzina è tornata sopra ai 2 euro» (min. -2:05:56)

In questo caso la segretaria del PD ha ragione a metà. 

A maggio 2019, durante la campagna elettorale per le scorse elezioni europee, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni aveva pubblicato sui social network un filmato, in cui criticava il peso delle imposte sui carburanti mentre faceva rifornimento da un benzinaio. «Non solo noi chiediamo che non aumentino le accise sulla benzina: noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite, perché è uno scandalo che le tasse dello Stato italiano compromettano così la nostra economia», diceva oltre tre anni fa la leader di Fratelli d’Italia.

Una volta diventata presidente del Consiglio, Meloni ha rinnovato fino alla fine del 2022 il taglio temporaneo delle accise introdotto dal governo Draghi per far fronte al forte aumento dei prezzi dei carburanti. Dal 1° gennaio 2023 il valore delle accise è così tornato quello in vigore prima del taglio.

Schlein sbaglia però quando dice che «adesso la benzina è tornata sopra ai 2 euro». Secondo i dati più aggiornati del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, nella settimana tra il 13 e il 19 maggio 2024, un litro di benzina costava in media 1,88 euro, un litro di gasolio 1,73 euro. Nell’ultimo mese i prezzi dei carburanti sono in calo. Da quando è in carica il governo Meloni, la soglia dei 2 euro è stata superata solo per la benzina, a fine settembre 2023.

I benefici della riforma dell’Irpef

«I 4 miliardi che hanno messo sulla riforma dell’Irpef si tradurranno in un risparmio di 15 euro al mese» (min. -2:04:54)

È vero: i numeri citati da Schlein sono giusti.

Il governo Meloni ha ridotto temporaneamente, solo per il 2024, il numero degli scaglioni e delle aliquote dell’Irpef da quattro a tre (il governo Draghi le aveva ridotte strutturalmente da cinque a quattro). Per finanziare questa misura e coprire la riduzione del gettito, il governo Meloni ha stanziato per quest’anno oltre 4 miliardi di euro, la cifra correttamente citata da Schlein. 

Lo scorso novembre l’Ufficio parlamentare di bilancio, un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici, ha stimato che questa revisione temporanea dell’Irpef porterà 169 euro di risparmi per ogni beneficiario. Questi soldi, divisi per 12 mesi, danno un beneficio di poco superiore ai 14 euro al mese.

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