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Pieni poteri

«Chiedo agli italiani, se ne hanno la voglia, di darmi pieni poteri» disse il 9 agosto 2019 l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, a margine di un comizio a Pescara, in Abruzzo. La frase non portò fortuna al leader leghista, ma è da tempo utilizzata nel gergo politico per definire – in maniera piuttosto negativa – l’atteggiamento di chi detiene il potere esecutivo in misura tale da coinvolgere poco il Parlamento nella sua attività di governo e ricorrere a strumenti come il voto di fiducia e i decreti-legge.

Uno dei cardini delle democrazie costituzionali – come quella italiana – è infatti la cosiddetta “separazione dei poteri”, che assegna le tre funzioni fondamentali dello Stato a tre poteri specifici: quello esecutivo (in mano al governo), quello legislativo (in mano al Parlamento) e quello giudiziario (in mano alla magistratura). Questi tre poteri devono restare sempre distinti tra loro e avere una loro indipendenza.

Andando indietro nel tempo, il termine “pieni poteri” è stato utilizzato in diversi momenti della storia dell’Italia. Nel 1894 il governo presieduto da Francesco Crispi chiese al Parlamento di dare «pieni poteri al re», «per riordinare gli uffici dello Stato e semplificarne le funzioni», mentre nel 1915, durante la prima guerra mondiale, fu approvato un decreto che conferiva “pieni poteri” al Re.

«Chiediamo i “pieni poteri” perché vogliamo assumere le piene responsabilità», disse Benito Mussolini nel famoso “Discorso del bivacco” fatto alla Camera il 16 novembre 1922, pochi giorni dopo la marcia su Roma.

Nei decenni successivi, l’espressione “pieni poteri” è comparsa periodicamente sui quotidiani del nostro Paese. Nel 1992 il Corriere della Sera titolava in prima pagina: «Economia, Amato chiede i pieni poteri», in un articolo secondo cui l’allora presidente del Consiglio Giuliano Amato avrebbe voluto «una delega in bianco dal Parlamento per intervenire quando la situazione economica precipita». Nel 1996 Silvio Berlusconi criticò invece l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi accusandolo di mettere «sotto i piedi ogni regola, comportandosi in Parlamento come Mussolini quando chiese i pieni poteri».

Curiosità: anche al cinema qualcuno ha chiesto “pieni poteri”. In Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni il cancelliere supremo Sheev Palpatine – che poi si rivelerà essere Darth Sidious, il capo dei Sith – chiese e ottenne dal Senato della Repubblica galattica i “pieni poteri”, dando vita all’Impero galattico, «per una società più salda e più sicura», secondo Palpatine.
Figura 4. La prima pagina della Stampa del 26 novembre 1922.
Figura 4. La prima pagina della Stampa del 26 novembre 1922.
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