In Italia, dal 1948 al 2023 si sono succeduti 68 governi alla guida del Paese, presieduti da trenta presidenti del Consiglio diversi. Spesso, questi esecutivi sono caduti in seguito a una “crisi di governo”, ossia la situazione in cui uno o più partiti decidono di non sostenere più il governo, facendo perdere a quest’ultimo la maggioranza che lo sosteneva.
In Italia, infatti, il governo deve godere della fiducia del Parlamento, ossia un esplicito voto di sostegno da parte della maggioranza dei membri della Camera e del Senato (vedi: Fiducia). La crisi di governo si apre formalmente con le dimissioni del presidente del Consiglio in un incontro con il presidente della Repubblica. A quel punto, il capo dello Stato prende atto delle dimissioni e di solito avvia uno o più giri di consultazioni (vedi: Consultazioni).
Non tutte le crisi di governo si risolvono nello stesso modo. Se al termine delle consultazioni i partiti trovano un accordo, il presidente della Repubblica può nominare un nuovo presidente del Consiglio sostenuto da una nuova maggioranza; in assenza di un accordo, invece, il più delle volte il presidente della Repubblica è costretto a sciogliere il Parlamento e a indire nuove elezioni politiche.
Un esempio di quest’ultimo caso si è verificato nella crisi del governo guidato da Mario Draghi, avvenuta alla fine di luglio 2022. Nel pomeriggio di giovedì 21 luglio, infatti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha annunciato lo scioglimento delle camere, dopo che nella mattinata Draghi aveva rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili. Nella settimana precedente, le dimissioni di Draghi inizialmente non erano state accolte, in attesa del voto di fiducia al Senato, previsto per mercoledì 20 luglio. In quell’occasione la maggioranza che sosteneva Draghi è di fatto finita, con la decisione di Forza Italia, Lega e Movimento 5 stelle di non partecipare al voto di fiducia a favore dell’esecutivo.
In Italia, infatti, il governo deve godere della fiducia del Parlamento, ossia un esplicito voto di sostegno da parte della maggioranza dei membri della Camera e del Senato (vedi: Fiducia). La crisi di governo si apre formalmente con le dimissioni del presidente del Consiglio in un incontro con il presidente della Repubblica. A quel punto, il capo dello Stato prende atto delle dimissioni e di solito avvia uno o più giri di consultazioni (vedi: Consultazioni).
Non tutte le crisi di governo si risolvono nello stesso modo. Se al termine delle consultazioni i partiti trovano un accordo, il presidente della Repubblica può nominare un nuovo presidente del Consiglio sostenuto da una nuova maggioranza; in assenza di un accordo, invece, il più delle volte il presidente della Repubblica è costretto a sciogliere il Parlamento e a indire nuove elezioni politiche.
Un esempio di quest’ultimo caso si è verificato nella crisi del governo guidato da Mario Draghi, avvenuta alla fine di luglio 2022. Nel pomeriggio di giovedì 21 luglio, infatti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha annunciato lo scioglimento delle camere, dopo che nella mattinata Draghi aveva rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili. Nella settimana precedente, le dimissioni di Draghi inizialmente non erano state accolte, in attesa del voto di fiducia al Senato, previsto per mercoledì 20 luglio. In quell’occasione la maggioranza che sosteneva Draghi è di fatto finita, con la decisione di Forza Italia, Lega e Movimento 5 stelle di non partecipare al voto di fiducia a favore dell’esecutivo.