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Consultazioni

In Italia, in occasione di ogni crisi di governo (vedi: Crisi di governo) e dopo ogni elezione politica, viene il momento di parlare delle “consultazioni”. Questo termine si riferisce ai colloqui che il presidente della Repubblica svolge con i rappresentanti dei partiti in Parlamento per individuare la persona che dovrà formare e guidare il nuovo governo. In Italia, infatti, il presidente del Consiglio non è eletto direttamente dai cittadini, ma è nominato dal capo dello Stato.

La pratica delle consultazioni non è regolata né dalla Costituzione né da norme o leggi specifiche, ma è una prassi della politica italiana consolidata sin dall’epoca monarchica. Secondo questa prassi, il presidente della Repubblica convoca i capi dei gruppi parlamentari, che rappresentano i partiti in Parlamento, i leader di quei partiti, i presidenti di Camera e Senato e gli ex presidenti della Repubblica, anche se non è escluso che possa consultare anche altre personalità e rappresentanti di altre categorie. La durata delle consultazioni e l’ordine in cui sono convocati i vari esponenti politici variano a seconda della situazione politica e dai rapporti di forza tra partiti. 

Terminati i colloqui, le consultazioni possono concludersi in vari modi, a seconda che il loro esito sia positivo o negativo. In caso di esito positivo, e quindi di sostanziale accordo tra i partiti, il presidente della Repubblica dà l’incarico di formare un nuovo governo direttamente alla persona che, su indicazione dei gruppi parlamentari, sembra in grado di costituire un esecutivo e ottenere la fiducia dal Parlamento. In caso di esito negativo, invece, il presidente della Repubblica può assegnare a qualcun altro, magari estranea alla politica, un “mandato esplorativo” per verificare la presenza di una maggioranza parlamentare che possa sostenere un governo. 

Nel caso in cui non si riuscisse a trovare una figura che metta d’accordo i partiti, il presidente della Repubblica può indire elezioni anticipate e ridare la parola agli elettori.
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