Il giorno in cui è nata l’Europa

Oggi, settantaquattro anni fa, il discorso di un ministro francese gettò le basi per la creazione dell’attuale Unione europea
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Oggi, giovedì 9 maggio, i Paesi dell’Unione europea celebrano la Giornata dell’Europa. La data è stata scelta per ricordare il discorso che il ministro degli Esteri francese Robert Schuman tenne a Parigi in questo giorno del 1950, gettando le basi dell’attuale Unione europea. In quell’occasione Schuman sostenne che per mantenere la pace nel continente fosse necessaria un’Europa federale, il cui primo passo sarebbe stata la messa in comune delle riserve di carbone e acciaio.

Proprio questo fu lo strumento con cui prese il via il processo di integrazione europea, motivo per cui nel 1985 i leader degli Stati membri riuniti a Milano decisero di rendere il 9 maggio la festa dell’Unione europea.

La nascita dell’Europa unita

Nel 1950 i Paesi europei cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze della Seconda guerra mondiale e, allo stesso tempo, volevano assicurare un futuro di pace al continente. Per rispondere a queste esigenze Schuman propose di superare la storica ostilità tra Francia e Germania mettendo «l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri Paesi europei». Secondo il ministro, la cooperazione avrebbe fatto sì che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventasse «non solo impensabile, ma materialmente impossibile». Inoltre, per Schuman l’Alta Autorità avrebbe costituito «il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace».

La Repubblica Federale Tedesca aderì all’iniziativa francese, seguita da altri quattro Stati europei: Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Italia. Nel 1951 i cosiddetti “Sei” firmarono a Parigi il Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), che entrò in vigore l’anno successivo. A differenza delle organizzazioni internazionali fino ad allora esistenti, gli Stati cedevano una parte della propria sovranità a un’Alta Autorità, che avrebbe vigilato sul mercato comune dei prodotti carbosiderurgici. Tra i suoi poteri, l’Alta Autorità poteva emettere decisioni e raccomandazioni vincolanti per gli Stati membri. A questa si affiancava un’Assemblea, composta dai delegati dei Parlamenti nazionali degli Stati membri, che esercitava poteri di controllo. Per questo maggiore grado di integrazione la CECA, così come le successive comunità europee, è spesso definita come “organizzazione sovranazionale”.

Dalla CECA alla CEE

Per proseguire il processo di integrazione, i sei Stati della CECA tentarono di costituire una Comunità europea di difesa (CED) firmando un nuovo trattato nel 1952. Questo avrebbe dato origine a un esercito europeo sottoposto al controllo di un comando comune. Nel frattempo, l’assemblea della CECA fu incaricata di redigere un trattato istitutivo di una Comunità politica europea, in cui sarebbero confluite le competenze della CECA e della futura CED. Ma nel 1954 il parlamento francese rigettò il trattato che avrebbe istituito la CED, ponendo fine al progetto di una difesa comune e, di conseguenza, alla nascita della Comunità politica europea.

I sei Paesi decisero quindi di tornare alle origini del progetto europeo, rafforzando l’integrazione dal punto di vista economico. Un comitato intergovernativo fu incaricato di elaborare un progetto di mercato comune fondato sull’unione doganale. A partire dal lavoro del comitato, nel 1957 gli Stati firmarono a Roma due trattati, entrati in vigore l’anno successivo: uno istituì la Comunità economica europea (CEE), mentre l’altro diede vita alla Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) con l’obiettivo di promuovere l’integrazione nel settore del nucleare. A partire dall’anno successivo le tre Comunità (CECA, CEE ed Euratom) hanno avuto una assemblea parlamentare comune, che dal 1962 prese il nome di “Parlamento europeo”.

L’Unione europea e l’euro

Per essere efficace, il mercato comune richiedeva un coordinamento non solo delle politiche economiche degli Stati membri, ma anche di quelle estere e di difesa. D’altra parte, però, gli Stati membri (diventati nel frattempo 12 con l’ingresso di Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Grecia, Spagna e Portogallo) erano restii a cedere ulteriori quote della propria sovranità. Cercando di tenere insieme queste esigenze, gli Stati membri firmarono nel 1986 l’Atto unico europeo, che prevedeva l’instaurazione progressiva di un mercato interno, inteso come «uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali». L’Atto introduceva poi la cooperazione in politica estera e attribuiva nuove competenze alla CEE, per esempio in materia ambientale e di sviluppo tecnologico.

Il percorso di integrazione europea proseguì nel 1992, quando a Maastricht si firmò il Trattato sull’Unione europea. Il termine “Unione” veniva utilizzato per la prima volta ma, come specificato dal trattato, si trattava di un quadro di cooperazione fondato sulle comunità europee. Per farlo rafforzava il ruolo del Parlamento europeo, introducendo per alcune materie la procedura di “codecisione” tra il Parlamento e il Consiglio dell’Ue. Questa, oggi conosciuta come procedura legislativa ordinaria, prevede che un atto legislativo debba ricevere il consenso di entrambe le istituzioni per essere approvato. Il Trattato di Maastricht estendeva poi le competenze della CEE ad altre materie tra cui la sanità pubblica, l’istruzione e la protezione dei consumatori. Anche per questo la CEE cambiò nome in Comunità europea (CE), perdendo la specificazione di “economica”. 

Tra le altre novità del Trattato di Maastricht fu istituita la nozione di “cittadinanza dell’Unione” e fu pianificata l’adozione di una moneta unica, allora denominata “ECU”. La nuova valuta, che cambiò poi nome in “euro”, entrò materialmente in circolazione il 1° gennaio 2002, sostituendo le monete degli Stati membri che avevano aderito. Oggi l’euro è adottato da 20 Stati Ue su 27, ma anche da Andorra, San Marino, principato di Monaco e Città del Vaticano. Altri Paesi, come il Kosovo e il Montenegro, adottano l’euro come valuta de facto: pur non avendo alcun accordo legale con l’Ue hanno deciso unilateralmente di utilizzarlo come moneta corrente.

Un’Europa senza Costituzione

Dopo la firma di altri due trattati (quello di Amsterdam nel 1997 e quello di Nizza nel 2001) che ampliarono le competenze della CE e adeguarono le istituzioni europee all’ingresso di nuovi Stati membri, era pensiero comune che fosse arrivato il momento di dare alla Comunità europea una Costituzione. Per redigerla fu convocata una Convenzione, presieduta dall’ex presidente francese Valéry Giscard d’Estaing, che pose le basi del “Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa”. Firmato a Roma nel 2004, il trattato non fu però ratificato da tutti gli Stati membri e non entrò quindi in vigore. Tra le opposizioni decisive ci furono gli esiti negativi di due referendum celebrati in Francia e nei Paesi Bassi, che bocciarono il progetto di Costituzione europea. A frenare gli entusiasmi fu tra le altre cose il ricorso a termini come “Costituzione”, “bandiera” e “inno”, solitamente associati a uno Stato più che a un’organizzazione internazionale.

Abbandonato il progetto costituzionale, la Germania presentò una nuova proposta di modifica dei trattati. Questa fu alla base del cosiddetto Trattato di Lisbona, firmato nella capitale portoghese nel 2007, che introduceva la gran parte delle modifiche già previste dalla Costituzione e cambiava ufficialmente il nome della Comunità in Unione europea (Ue). A differenza del tentativo precedente, però, si evitava di unificare i trattati in un testo unico e non si esplicitavano i simboli dell’Ue, inseriti invece in una dichiarazione allegata al Trattato.

Anche il Trattato di Lisbona rischiò di non essere ratificato da tutti gli Stati membri. Un referendum celebrato in Irlanda diede infatti esito negativo al testo. Questa volta, però, il Consiglio europeo tentò la strada della mediazione concordando una serie di misure volte a rassicurare il popolo irlandese, poi inserite all’interno di un protocollo specifico. Inoltre, il Consiglio europeo accettò di mantenere la presenza di un cittadino per ciascuno Stato membro all’interno della Commissione europea, che per questo è tuttora composta da 27 commissari. 

Più di recente la riduzione del numero dei membri della Commissione è tornata al centro di una nuova proposta di modifica dei Trattati, che gli Stati membri saranno chiamati a discutere nei prossimi mesi.

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