Il 24 novembre, ospite a Tg2 Post su Rai 2, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha dichiarato (min. -10:36) che l’Italia ha il «30 per cento» in meno di ricercatori, rispetto ad altri grandi Paesi simili al nostro.

Abbiamo verificato e Cingolani riporta una percentuale sostanzialmente corretta.

Il ritardo dell’Italia

Secondo i dati Ocse più aggiornati, nel 2019 in Italia c’erano oltre 222 mila ricercatori, statistica confermata anche dalle rilevazioni più aggiornate dell’Istat. Con il termine “ricercatori” qui si fa riferimento a «scienziati, ingegneri e specialisti delle varie discipline scientifiche impegnati nell’ideazione e nella creazione di nuove conoscenze, prodotti e processi, metodi e sistemi, inclusi anche i manager e gli amministratori responsabili della pianificazione o direzione di un progetto di ricerca».

Questa categoria è dunque piuttosto ampia, ma ben rappresenta l’insieme generico di «innovatori» e «ricercatori» citato da Cingolani in tv.

Come correttamente sottolineato dal ministro, l’Italia ha numeri più bassi rispetto a Paesi simili al nostro. Prendiamo per esempio la Francia e il Regno Unito. Secondo l’Ocse, nel 2019 la Francia aveva poco più di 11 ricercatori ogni mille occupati (la statistica usata per fare confronti tra Paesi diversi), il Regno Unito 9,9 e l’Italia 6,3. I dati francesi e britannici superano quelli italiani rispettivamente del 40 e del 35 per cento.

Anche Spagna e Germania – gli altri due grandi Paesi europei – hanno dati più alti del nostro Paese, se consideriamo la percentuale sugli occupati. Nel 2019 la Germania aveva 9,7 ricercatori ogni mille occupati (circa il 36 per cento in più dell’Italia), mentre la Spagna 7,1 (circa l’11 per cento in più). La media delle distanze con i quattro grandi Paesi europei coincide con un 30 per cento circa, la percentuale citata da Cingolani.

Una percentuale simile corrisponde anche alla distanza con la media dell’Unione europea, che nel 2019 era pari a 8,8 ricercatori ogni mille occupati.

Il verdetto

Secondo Roberto Cingolani, l’Italia ha il «30 per cento» di «innovatori» e «ricercatori» in meno rispetto ad altri Paesi simili al nostro, come Francia e Regno Unito. I dati Ocse più aggiornati danno sostanzialmente ragione al ministro della Transizione ecologica.

Nel 2019 l’Italia aveva oltre 222 mila ricercatori (compresi scienziati, ingegneri e altri specialisti nell’innovazione), pari a 6,3 ogni mille occupati. La Francia ne aveva 11, il Regno Unito 9,9, la Germania 9,7 e la Spagna 7,1. In media, i quattro grandi Paesi europei hanno il 30 per cento in più di ricercatori rispetto all’Italia.

In conclusione, Cingolani si merita un “Vero”.