Il 30 marzo la senatrice del M5s – e dottoressa di ricerca – Maria Domenica (detta Mariolina) Castellone ha scritto sulla sua pagina Facebook che tra i dottori di ricerca (Phd, secondo la sigla inglese) solo «uno su tre resta in Italia», mentre gli altri si trasferiscono all’estero. Lo stesso concetto viene espresso anche nel video di Castellone associato al suo post.

Si tratta di un’affermazione sbagliata: secondo le ultime indagini Istat, meno di un dottore di ricerca su cinque si è trasferito all’estero. Andiamo a vedere i dettagli.

Il report dell’Istat

Il report dell’Istat “L’inserimento professionale dei dottori di ricerca”, pubblicato a novembre 2018, è il documento più recente dell’Istituto di statistica riguardo questo tema. È attualmente in corso la raccolta dati per la prossima pubblicazione.

Nel report del 2018 si analizza quale sia la situazione occupazionale dei dottori di ricerca (italiani o stranieri) che hanno conseguito il titolo in Italia nel 2012 e nel 2014, e vengono riportati anche i dati – contenuti nell’indagine precedente, del gennaio 2015 – riguardo a chi aveva conseguito il titolo nel 2008 e nel 2010.

Per quanto riguarda la percentuale di dottori di ricerca che si sono trasferiti all’estero, l’indagine del 2018 riporta che «il 17,2 per cento dei dottori di ricerca dichiara di vivere abitualmente all’estero al momento dell’intervista (15,9 per cento dei dottori 2012 e 18,5 per cento dei dottori 2014)».

La percentuale più elevata è riferita ai dottorati in Fisica, che arrivano al 31,9 per cento di residenti all’estero. La più bassa ai dottorati in Agraria e Veterinaria, con l’8,7 per cento.

La percentuale complessiva è in continuo aumento: nell’indagine del 2015 (dottorati nel 2008 e nel 2010) era pari al 12,9 per cento e nell’indagine ancora precedente, relativa ai dottorati nel 2004 e nel 2006 era pari al 7 per cento. In meno di dieci anni è insomma più che raddoppiata.

Ma torniamo all’ultimo report disponibile, del 2018. Qui si legge anche che circa un terzo dei dottorati che hanno lasciato l’Italia è «formato da individui che vivevano all’estero già prima di iniziare gli studi universitari: il dottorato in un ateneo italiano ha dunque rappresentato solo una tappa di passaggio nel nostro Paese».

Dunque, meno di un dottore di ricerca su cinque che ha ottenuto il titolo in Italia si è trasferito all’estero. Se inoltre non contiamo chi ha fatto il dottorato in Italia, ma che viveva all’estero fino al diploma, la percentuale diminuisce ulteriormente e si arriva a circa un dottore di ricerca su dieci che ha lasciato il nostro Paese dove si è formato prima di entrare in università.

Il verdetto

Il 30 marzo la senatrice del M5s Mariolina Castellone ha sostenuto che tra i dottori di ricerca (Phd) solo «uno su tre resta in Italia», mentre gli altri si trasferiscono all’estero.

Non è vero. In base alle più recenti rilevazioni dell’Istat la percentuale dei dottorati che si è trasferita all’estero – a quattro e sei anni dal conseguimento del titolo – è del 17,2 per cento, meno di uno su cinque, anche se è in costante crescita negli ultimi anni.

Inoltre circa un terzo di questi non ha fatto l’università in Italia, e dunque il dottorato nel nostro Paese si può considerare «solo una tappa di passaggio». Se non consideriamo questo sottoinsieme, la percentuale di dottorati che – dopo aver fatto università e dottorato in Italia – si trasferisce all’estero è di poco superiore al dieci per cento.

In conclusione per Castellone un “Pinocchio andante”.