Il 24 maggio, ospite di Non è la D’Urso su Canale 5, la capogruppo di Forza Italia al Senato Anna Maria Bernini ha detto (min. 0:26) che il 18 maggio, con l’inizio della Fase 2 dell’emergenza coronavirus, «hanno aperto il 70 per cento degli esercizi commerciali». Secondo Bernini, questo «vuol dire che su 330 mila esercizi commerciali, 90 mila sono rimasti chiusi».

Le cose stanno davvero come dice la senatrice di Forza Italia? Abbiamo verificato.

Da dove vengono i numeri di Bernini?

I dati citati dalla senatrice di Forza Italia provengono molto probabilmente da stime di Fipe Confcommercio, un’associazione di categoria dei pubblici esercizi, che rappresenta oltre 300 mila imprese nel settore della ristorazione, dell’intrattenimento e del turismo.

Le stime di Fipe sono state citate anche da La Repubblica il 21 maggio scorso, in un pezzo intitolato: “Chiusi 90 mila bar e ristoranti. Rischiamo di non aprire più”.

Nell’articolo si legge che «novantamila, tra gli oltre 333 mila bar, ristoranti, pasticcerie e gelaterie, hanno deciso di non riaprire per il momento, secondo le stime di Fipe Confcommercio». Questi dati corrispondono a quelli fatti da Bernini, ma sono necessarie alcune osservazioni.

Per prima cosa, come abbiamo già anticipato, le stime di Fipe Confcommercio non sono su generici «esercizi commerciali» – di cui parla Bernini – ma su coloro che lavorano nel settore della ristorazione (come bar, ai ristoranti, alle pizzerie, alle gelaterie o alle mense) che hanno potuto riaprire al pubblico il 18 maggio.

Bisogna poi analizzare nel dettaglio la metodologia che è stata seguita per trovare i numeri di Fipe Confcommercio.

Il 17 maggio – il giorno prima della riapertura al pubblico di bar e ristoranti – la federazione ha pubblicato un’indagine, secondo la quale «sette locali su dieci» erano pronti a «riaprire» il giorno dopo. Fipe ha basato le sue conclusioni su un campione di 520 piccole e medie imprese del settore: ha intervistato gli esercenti tre giorni prima del 18 maggio, chiedendo loro: “Lei riaprirà il 18 maggio?”. Il 70 per cento ha risposto di sì, mentre il restante 30 per cento ha dichiarato che non avrebbe riaperto, o perché non sapeva che cosa doveva fare (12 per cento) o perché non voleva riaprire (18 per cento).

«Secondo le nostre stime è ancora chiuso il 30 per cento dei ristoranti e dei bar», ha spiegato Luciano Sbraga, direttore Centro Studi Fipe-Confcommercio, nell’articolo uscito il 21 maggio su La Repubblica. Le stime Fipe in questione, citate dal quotidiano, si tradurrebbero in 90 mila esercenti che non hanno deciso di riaprire al 18 maggio.

Ricordiamo che quel 30 per cento proviene però da un sondaggio, che è stato fatto sulle intenzioni degli esercenti a riaprire e non sulle loro riaperture effettive. Nel concreto, potrebbero esserci dunque stati degli esercenti che hanno riaperto il 18, nonostante pochi giorni prima avessero annunciato il contrario.

Un indizio a proposito è stato dato da una ricerca, condotta sempre da Fipe pochi giorni dopo.

Il 27 maggio – tre giorni dopo la dichiarazione di Bernini – Fipe Confcommercio ha pubblicato infatti una nuova indagine (qui consultabile nel dettaglio), secondo cui «la maggior parte degli imprenditori ha deciso di riaprire già a partire dal 18 maggio (circa il 48 per cento) mentre circa il 35 per cento lo ha fatto solo qualche giorno dopo». Stiamo parlando dunque di un 83 per cento, un 13 per cento in più rispetto all’indagine prima del 18 maggio.

«Una minima parte il 10,8 per cento riaprirà il primo giugno – ha aggiunto Fipe – mentre ancora meno, il 5,6 per cento, ha rinunciato del tutto a riaprire a causa delle condizioni imposte ritenute economicamente svantaggiose».

Che cosa dicono le altre stime

Vediamo adesso se ci sono altre stime che sono in linea, o meno, con quanto riportato da Bernini.

Secondo un sondaggio commissionato alla Swg da Confesercenti – che rappresenta più di 350 mila piccole-medie imprese, tra commercio, turismo e artigianato, in Italia – al 23 maggio 2020 il 72 per cento delle imprese aveva riaperto.

Se si parla di bar e ristoranti, la percentuale è simile. Lo dimostrano sia i dati di Confesercenti Fiepet (la Federazione italiana degli esercenti pubblici e turistici), secondo cui hanno riaperto il 65-70 per cento di bar e ristoranti, sia quelli di Cna capitolina (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) che parla – per quanto riguarda Roma – di un terzo dei ristoranti rimasti chiusi.

A Milano Alfredo Zini, presidente del Club Imprese Storiche e uno dei ristoratori che ha protestato il 6 maggio all’Arco della Pace posando a terra decine di sedie vuote a simboleggiare i locali chiusi, sostiene che è rimasto chiuso il 30-35 per cento degli esercenti milanesi.

Il verdetto

Secondo Anna Maria Bernini, il 18 maggio ha riaperto «il 70 per cento degli esercizi commerciali», mentre «90 mila sono rimasti chiusi». Abbiamo verificato e la senatrice di Forza Italia ha quasi ragione.

Questi dati molto probabilmente provengono da un’indagine pubblicata il giorno prima delle riapertura del 18 maggio da Fipe Confcommercio, un cui sondaggio avrebbe registrato un 70 per cento di esercenti (tra bar, ristoranti, gelaterie e simili, e tra «esercizi commerciali» in generale) disposto a riaprire. Percentuale che, secondo stime Fipe, si tradurrebbe in 90 mila esercenti rimasti chiusi.

Stiamo comunque parlando di intenzioni, e non di una vera e propria quantificazione delle reali aperture.

Un’altra indagine di Fipe Confcommercio – pubblicata tre giorni dopo la dichiarazione di Bernini – ha rilevato che l’83 per cento degli esercenti ha dichiarato di aver riaperto il 18 maggio o qualche giorno dopo.

“C’eri quasi”, dunque, per lei.