Il 16 febbraio il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5s), in un’intervista al Corriere della Sera, ha difesola riforma della prescrizione sostenendo che «andava affrontato» il problema che «un processo su quattro vada in fumo ogni anno».

Ma davvero la prescrizione impatta ogni anno su un quarto dei processi? E quanto incide su questa situazione la riforma della prescrizione?

I processi che si estinguono per prescrizione del reato

Come abbiamo scritto in una nostra recente analisi, nel 2017 – dati più recenti disponibili – sono stati definiti per prescrizione poco meno di 126 mila procedimenti penali.

Il totale dei processi definiti quell’anno ammonta, sommando ai circa 860 mila processi conclusi in primo grado quelli in Appello (quasi 80 mila) e Cassazione (56.500), a poco meno di un milione.

Dunque i processi che «vanno in fumo» a causa della prescrizione sono un ottavo del totale, non un quarto come invece affermato da Bonafede.

L’impatto della riforma della prescrizione

Vediamo ora quanto incide su questi numeri la riforma della prescrizione approvata dal governo Lega-M5s ed entrata in vigore il 1° gennaio 2020.

Questa riforma prevede che il decorso della prescrizione venga sospeso dopo la sentenza di primo grado fino alla sentenza definitiva. Delle quasi 126 mila prescrizioni totali del 2017, quasi 67 mila sono avvenute nelle fasi iniziali del processo, davanti al Giudice per le indagini preliminari (Gip) o davanti al Giudice dell’udienza preliminare (Gup); quasi 27.500 davanti al tribunale ordinario; circa 2.500 davanti al giudice di Pace; poco più di 28 mila in Corte di Appello e 670 in Cassazione.

Dunque la riforma incide su meno di 30 mila prescrizioni su 126 mila circa: un quarto scarso del totale. Possiamo insomma dire che se prima della riforma andava «in fumo» circa un processo su otto, dopo la riforma andrà comunque in fumo circa un processo su dieci. Un miglioramento, ma non di grande portata.

Oltretutto, con le modifiche contenute nel cosiddetto “lodo Conte bis” – l’accordo trovato tra M5s, Pd e Leu, ma osteggiato duramente da Italia Viva – l’impatto della riforma sarebbe ulteriormente depotenziato. Secondo il “lodo Conte bis”, infatti, la prescrizione si sospenderebbe solo per chi viene condannato in primo grado, e non per chi viene assolto, e oltretutto per chi venisse assolto in appello dopo essere stato condannato in primo grado, non solo la prescrizione riprenderebbe a scorrere ma verrebbe anche conteggiato con effetto retroattivo il tempo in cui è stata sospesa dopo la condanna di primo grado.

Questa soluzione, secondo alcuni giuristi, sarebbe incostituzionale, in quanto discriminerebbe cittadini innocenti – in base all’art. 27 della Costituzione, per cui si è innocenti fino a sentenza definitiva – in base all’esito di fasi non definitive del processo.

Al di là di questo, non abbiamo numeri precisi sulle assoluzioni e le condanne nei vari gradi di giudizio interessati, ma è facilmente intuibile che l’impatto della riforma sarebbe, se fosse approvato il “lodo Conte bis”, ancora inferiore a quello sopra descritto.

Il verdetto

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha sostenuto che ogni anno, per effetto della prescrizione, vada in fumo un quarto dei processi e che a questa situazione si dovesse trovare un rimedio.

Bonafede dà una proporzione errata: è circa un ottavo la quota dei processi che si estingue per prescrizione ogni anno (in base alle statistiche del 2017). La metà di quanto sostenuto dal ministro della Giustizia.

Inoltre la riforma attualmente in vigore porterebbe questa percentuale a scendere da un ottavo a un decimo, e se verrà approvato il “lodo Conte bis” sulla prescrizione l’impatto della riforma sarà ancora minore.

Per Bonafede, nel complesso, un “Pinocchio andante”.