Il 29 ottobre 2019, ospite di Cartabianca su Rai3, il leader della Lega Matteo Salvini ha detto (min. -1:27:26) di aver «personalmente […] 31 mila ingressi per motivi di lavoro temporaneo o a tempo indeterminato».

Vediamo se ha ragione o meno.

Di che cosa stiamo parlando

L’ex ministro dell’Interno fa riferimento al cosiddetto “decreto Flussi”, ossia il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2019 intitolato “Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2019”.

Il decreto – come dimostra la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» del 9 aprile 2019 – è stato firmato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, anche se la definizione delle disposizioni attuative della norma (art. 7) è di competenza del Ministero dell’Interno (ossia all’epoca, quello presieduto da Salvini).

Il testo stabilisce il numero di lavoratori non comunitari «che potranno fare regolarmente ingresso in Italia», come spiega il Ministero dell’Interno.

La quota massima di ingresso stabilita dal “decreto Flussi 2019” è in totale di 30.850 unità (arrotondata da Salvini a «31 mila»), distinte in «12.850 per lavoro subordinato non stagionale, autonomo e conversioni» e «18.000 per lavoro subordinato stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero».

Se si guarda al testo del decreto, si scopre che della prima delle due quote (12.850 ingressi), sono 9.950 – oltre il 77 per cento – le conversioni in permessi di soggiorno per lavoro subordinato di persone che avevano già un permesso di soggiorno per stare in Italia (per esempio, per motivi di studio o di lavoro stagionale).

I nuovi ingressi concessi corrispondono dunque alle restanti 2.900 unità (che comprendono, tra gli altri, lavoratori di origine italiana residenti in Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela, «artisti di chiara fama o di alta e nota qualificazione professionale»).

A ragione, Salvini parla poi di permessi per lavoro a tempo temporaneo o indeterminato. Come spiega infatti un focus sul “decreto Flussi” del Portale integrazione migranti del Viminale, i rapporti di lavoro che rientrano nel testo riguardano entrambe le tipologie contrattuali, anche se non sono stabilite specifiche quote a riguardo. Si parla di lavoratori subordinati non stagionali in generale.

Il focus sottolinea anche che l’ultimo “decreto Flussi” adottato per l’assunzione dall’estero di lavoratori subordinati non stagionali – e quindi potenzialmente a tempo indeterminato – risaliva al 2010.

I numeri del passato

Il “decreto Flussi” non è una novità del governo Lega-M5s, così come non lo è il numero di circa 31 mila ingressi autorizzati. Ma andiamo con ordine.

Lo strumento normativo del “decreto Flussi”, che serve appunto a stabilire le quote di lavoratori stranieri extracomunitari che possono entrare in Italia, è stato introdotto nel 1998 dal “Testo unico dell’immigrazione”.

Un approfondimento della Camera ricostruisce poi le quote di ingressi programmati da quella data al 2006 e ne risulta che in quegli anni i numeri sono sempre stati più alti di quelli più recenti.

Le quote stabilite dai “decreti Flussi” si sono infatti ridotte notevolmente negli ultimi anni, sia per la situazione occupazionale italiana sia per l’aumento dei migranti accolti.

Vediamo i numeri.

Il “decreto Flussi” per il 2018 – approvato a fine dicembre 2017, quando Salvini non era ministro – aveva stabilito una quota massima di ingresso di 30.850 lavoratori non comunitari, così come quello per il 2017. Lo stesso identico numero di quello approvato quando era ministro Salvini.

Durante gli ultimi governi del Pd sono stati concessi pochi posti ai lavoratori non stagionali che non fossero già titolari di un permesso, e nessuno ai lavoratori subordinati che non appartenessero a specifiche categorie.

Questo atteggiamento è stato quindi proseguito anche da Salvini, che dunque non ha fatto niente di nuovo, anche se si può notare come l’ingresso irregolare di stranieri in Italia (che poi possono regolarizzarsi tramite le domande di asilo) via mare sia crollato nel 2018 e soprattutto nel 2019.

In ogni caso i numeri dei recenti decreti flussi, sia di Salvini che degli ultimi governi del Pd, sono molto più bassi di quelli di oltre dieci anni fa. Nel 2008, il “decreto Flussi” aveva infatti stabilito per quell’anno la possibilità di immigrazione regolare per circa 170 mila lavoratori stranieri, scesi a 100 mila nel 2011.

Il verdetto

Salvini sostiene di avere firmato «31 mila ingressi per motivi di lavoro temporaneo o a tempo indeterminato».

È vero che il “decreto Flussi” ha consentito nel 2019 una quota massima di ingressi regolari in Italia per quasi 31 mila lavoratori non comunitari (30.850, per la precisione), ma il testo è stato firmato da Giorgetti, non da Salvini.

Il numero di ingressi, poi, è in linea con quanto fatto dai governi precedenti.

In conclusione, il leader della Lega si merita un “C’eri quasi”.