Lo scorso 10 ottobre Teresa Bellanova, ministra per le Politiche Agricole, ha dichiarato in un’intervista a Tpi che, all’interno della filiera agricola, su 100 euro di spesa, solo 3 euro e 30 centesimi rimangono al produttore.

È così? Abbiamo verificato.

Qualche dato

Il settore agricolo italiano è molto importante a livello europeo. Secondo Eurostat, nel 2016 il numero di aziende agricole presenti in Italia era di 1.145.710, pari al 10,9 per cento del totale Ue. Di queste, più della metà (50,6 per cento) erano imprese classificate come “molto piccole”, con una produzione standard inferiore agli 8.000 euro.

L’ultimo report Istat sull’andamento dell’agricoltura, pubblicato a maggio 2019, riporta un’incidenza del 2,1 per cento dell’agricoltura sull’intera economia nazionale, che sale al 3,9 per cento includendo anche l’industria alimentare. Sempre secondo Istat, l’occupazione è cresciuta nel 2018 dello 0,7 per cento e il valore aggiunto della branca agricoltura, silvicoltura e pesca è di circa 33 miliardi di euro.

Che cosa succede nell’economia agricola

Il 24 luglio 2018 l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea) ha presentato all’allora ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e del Turismo Gian Marco Centinaio (Lega) un approfondimento sul tema della competitività agroalimentare in Italia.

Il rapporto indica lo stato di salute del settore agroalimentare italiano, evidenziandone i punti di forza e le maggiori difficoltà. Un intero capitolo è dedicato al reddito agricolo e alla distribuzione del valore lungo la filiera.

Il rapporto Ismea (qui scaricabile) fa una distinzione tra la catena del valore dei prodotti agricoli freschi e quella dei prodotti alimentari trasformati, analizzando come vengono suddivisi 100 euro spesi da un consumatore all’interno di queste due catene.

Come comunicato a Pagella Politica da Ismea, questa analisi e i rispettivi calcoli vengono realizzati con «complessa elaborazione» di dati Istat (guardando alle «tavole intersettoriali di contabilità») ed Eurostat.

Per quel che riguarda i prodotti agricoli freschi, su 100 euro spesi dal consumatore, 22 euro rimangono come valore aggiunto ai produttori agricoli (al netto dei contributi e delle imposte). Sottratti poi gli importi destinati a coprire gli ammortamenti e i salari,

il residuo per l’imprenditore agricolo è di 6,3 euro. In confronto, il valore residuo destinato a commercio e trasporto è di 17 euro, quasi il triplo.

Per i prodotti alimentari trasformati, i valori si abbassano ulteriormente. Su 100 euro spesi dal consumatore, la remunerazione dell’imprenditore agricolo si riduce a meno di 2 euro. Il restante denaro viene invece spartito tra il commercio, la distribuzione e la logistica.

Il verdetto

Teresa Bellanova ha dichiarato che in Italia su 100 euro spesi dal consumatore ai produttori ne vanno 3 euro e 30 centesimi. I produttori agricoli dei prodotti freschi intascano 6,3 euro a fronte dei 100 spesi da un consumatore. L’imprenditore agricolo di prodotti alimentari trasformati, su 100 euro spesi, ne ottiene 1,8 euro.

Non sappiamo a quale delle due categorie facesse riferimento il Ministro; facendo una semplice media troviamo che il valore è di 4,05 euro per ogni 100 euro di spesa dei consumatori.

Teresa Bellanova ha sostanzialmente ragione. “C’eri quasi”.