Il 1° ottobre 2019, l’europarlamentare Carlo Calenda ha commentato su Twitter l’assenza di tagli all’istruzione nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza per il 2019 (Nadef), approvata dal Consiglio dei ministri il 30 settembre 2019.

Secondo Calenda, «non ci saranno tagli vuol dire che rimangono i 4 miliardi di tagli in tre anni del governo precedente».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato e qualcosa non torna.

Di che cosa stiamo parlando

La Relazione illustrativa alla legge di Bilancio per il 2019 – approvata dallo scorso esecutivo a fine dicembre 2018 – contiene una tabella con le previsioni di spesa per la voce “Istruzione scolastica”.

Per il 2019, la cifra stimata è di poco più di 48,3 miliardi di euro, che scendono a circa 46,8 miliardi di euro nel 2020 e a quasi 44,4 miliardi di euro nel 2021.

Sembrerebbe quindi che Calenda abbia ragione. Ma c’è un “ma”.

Se si analizzano nel dettaglio gli stanziamenti dell’ultima legge di Bilancio, si scopre che nell’istruzione del primo ciclo (scuola elementare e medie) le riduzioni più consistenti riguardano i docenti per circa 950 milioni di euro e i docenti di sostegno per oltre un miliardo di euro. Per il secondo ciclo (scuola superiore), nel 2021 ci sono circa 700 milioni di euro in meno per i docenti e 350 milioni per quelli di sostegno. Nel primo ciclo d’istruzione, tra 2019 e 2021 sembra anche esserci un taglio di oltre 100 milioni di euro per i dirigenti scolastici e il Personale Ata.

In totale, si tratta di oltre 3,1 miliardi di euro. Per arrivare ai «4 miliardi» di cui parla Calenda vanno aggiunte altre riduzioni, come quella più consistente da oltre 440 milioni di euro al 2021 in “Interventi per la sicurezza nelle scuole statali e per l’edilizia scolastica”.

Ma si tratta davvero di un taglio?

Facciamo un po’ d’ordine

A inizio luglio 2019, diversi siti del settore – come Orizzonte Scuola ed Educazione & Scuola– avevano riportato la notizia della diminuzione delle risorse destinate all’istruzione.

Ma secondo quanto riportato all’epoca da alcune fonti interne al Miur, «una lettura superficiale del bilancio potrebbe dare l’impressione che vi siano “tagli” all’istruzione, in particolare al sostegno», ma in realtà «non vi è alcuna riduzione delle risorse».

Come ha spiegato su Facebook il deputato di +Europa Alessandro Fusacchia (membro alla Camera della Commissione istruzione e all’opposizione del governo Lega-M5s), bisogna tenere presente la distinzione all’interno del corpo docente scolastico tra l’organico di diritto e quello di fatto.

Semplificando: nella contabilizzazione dell’ultima legge di Bilancio triennale, il Ministero dell’Economia ha tenuto in considerazione per il secondo e il terzo anno le risorse necessarie a finanziare solo l’organico di diritto, mentre per il primo anche quello di fatto. Di qui l’impressione che ci sia un taglio.

Una lettura confermata secondo fonti stampa anche dal Miur, che a luglio 2019 ha precisato che «la spesa degli stipendi del personale docente e Ata a tempo determinato è iscritta solo per il primo degli anni scolastici del bilancio triennale».

Ma andiamo a vedere meglio i dettagli.

Organico di diritto

«Per organico di diritto si intende la dotazione delle cattedre e dei posti del personale assegnata annualmente alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, in riferimento al numero di alunni iscritti e di classi previste», spiega un approfondimento sul tema del 2014 di Orizzonte Scuola.

«Si tratta di un organico previsionale e i posti che spettano alle istituzioni scolastiche sono determinati tenendo conto delle classi autorizzate sulla base del numero degli alunni iscritti e dei piani orari delle singole materie di insegnamento».

Organico di fatto

Durante l’anno, dopo la scadenza delle iscrizioni degli studenti, si può verificare la necessità di modificare l’organico di diritto in vista dell’anno scolastico successivo. In pratica, lo Stato deve far fronte a questo problema assumendo supplenti a tempo determinato, che vanno così a costituire, insieme al precedente, il cosiddetto “organico di fatto”, ossia «quell’organico che consente realmente a settembre, ovvero all’inizio dell’anno scolastico, il buon funzionamento di tutte le classi».

Sono i cosiddetti “insegnanti precari”, di cui si sente tanto parlare, i cui contratti vanno dal 1° settembre al 30 giugno di un anno scolastico.

Come ha ricostruito Fusacchia nel suo post, da anni c’è un dibattito tra il Ministero dell’Istruzione e quello dell’Economia su come contabilizzare le previsioni di spesa per questi docenti, che fanno parte dell’organico di fatto, ma non di diritto.

Taglio o mancato stanziamento?

In sintesi, la soluzione scelta dal Mef è stata quella di contabilizzare i loro contratti solo per la durata del contratto stesso, ossia un anno.

«Formalmente questo ha preso nelle tabelle allegate alla legge di bilancio una forma semplice: sono iscritti i fondi solo per il primo anno del bilancio triennale», ha chiarito Fusacchia.

Dunque, per il 2020 e il 2021 i contratti in questione non sono ancora stati stipulati (si veda per esempio il caso specifico dei posti di sostegno in deroga, che non fanno parte dell’organico di diritto) e, di conseguenza, i fondi a loro destinati non sono al momento compresi nei rispettivi budget. Di qui l’impressione di un “taglio” alle risorse.

Bisognerà dunque aspettare la contabilizzazione nella prossima legge di Bilancio per scoprire quali soldi saranno stanziati in questo ambito. E verificare se ci saranno effettivamente riduzioni o meno.

La Nadef, come spiega il sito del Ministero dell’Economia, «contiene l’aggiornamento degli obiettivi programmatici», e non il dettaglio degli stanziamenti. Cosa che invece fa la legge di Bilancio di fine anno.

Tra le “Linee programmatiche” in tema di istruzione si legge infatti che «le dotazioni a favore della scuola pubblica verranno migliorate», senza riferimenti a cifre.

Il verdetto

Secondo l’eurodeputato Calenda, con la Nota di aggiornamento al Def Pd-M5s hanno mantenuto «i 4 miliardi di tagli in tre anni del governo precedente» all’istruzione. Ma si tratta di un’affermazione imprecisa.

La legge di Bilancio per il 2019 ha previsto tra il 2019 e il 2021 un calo degli investimenti nell’istruzione scolastica pari a circa 4 miliardi di euro, ma di questi circa 3 miliardi di euro riguardano docenti che fanno parte del cosiddetto “organico di fatto”. Questo significa che le risorse annualmente utilizzate per questi insegnanti precari non sono state ancora contabilizzate dal Mef per il 2020 e il 2021.

Con la nuova legge di Bilancio per il 2020 – e non con il Nadef – il governo potrebbe investire ulteriori risorse nella scuola per garantire l’assunzione del personale necessario (o far fronte ad altre riduzioni decise da Lega-M5s, come gli oltre 400 milioni in meno all’edilizia scolastica).

In conclusione, Calenda merita un “Nì”.