Il 14 febbraio l’ex presidente del Consiglio e attuale senatore del Pd Matteo Renzi, in un’intervista con il Corriere della Sera, ha difeso l’operato del suo governo, rivendicando i risultati nell’aumento dell’occupazione e nella riduzione della povertà.

Secondo l’attuale senatore del Partito democratico, negli ultimi anni in Italia «il tasso di povertà ha iniziato a diminuire quando ha iniziato a venir su la crescita». Renzi fa qui riferimento ai 14 trimestri consecutivi di aumento del Pil registrati in Italia sotto i governi del Pd a guida sua e di Paolo Gentiloni (tra il 2015 e il 2018), prima dell’ingresso del Paese in recessione tecnica a inizio 2019.

Ma è davvero così? Abbiamo verificato, e i numeri dicono il contrario.

Quanti sono i poveri in Italia?

I dati più aggiornati sulla povertà in Italia sono contenuti in un report dell’Istat pubblicato a giugno 2018, e distinguono – come è usuale in questi casi – povertà assoluta e relativa. [1]

Nel 2017, nel nostro Paese vivevano in condizioni di povertà assoluta 1 milione e 778 mila famiglie residenti, 5 milioni e 58 mila individui. La loro incidenza – l’equivalente del “tasso di povertà”, ossia il rapporto sul numero totale delle famiglie residenti e su quello totale degli individui – era rispettivamente del 6,9 per cento e dell’8,4 per cento.

Nello stesso anno, la povertà relativa riguardava invece 3 milioni 171 mila famiglie residenti, e 9 milioni 368 mila individui. L’incidenza era rispettivamente del 12,3 per cento e del 15,6 per cento.

Com’è cambiata la povertà in Italia negli ultimi anni

Secondo Renzi, i dati appena elencati sarebbero il risultato di un progressivo miglioramento alla crescita economica registrata negli ultimi anni, quella iniziata nel primo trimestre del 2015 e durata fino al secondo trimestre del 2018. L’ex segretario del Pd era stato presidente del Consiglio tra febbraio 2014 e dicembre 2016, per poi essere succeduto da Paolo Gentiloni, rimasto in carica fino a marzo 2018.

Ma rispetto all’aumento del Pil, qual è stato il parallelo andamento dell’incidenza della povertà?

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Se si considera la percentuale di famiglie residenti in povertà assoluta rispetto a quelle totali, nel 2015 questo dato era del 6,1 per cento e del 6,3 per cento nel 2016. Cifre, a loro volta, entrambe più basse rispetto a quelle più aggiornate (6,9 per cento) del 2017.

Discorso analogo vale per i singoli individui che vivono in condizione di povertà assoluta. Nel 2015, erano il 7,6 per cento sulla popolazione totale, percentuale salita al 7,9 per cento nel 2016.

Se si considera invece la percentuale di famiglie residenti in povertà relativa rispetto a quelle totali, nel 2015 questo dato era del 10,4 per cento e del 10,6 per cento nel 2016. Le cose non cambiano anche per i singoli individui che si trovavano in questa situazione. Nel 2015, sotto la soglia della povertà relativa, in Italia viveva il 13,7 per cento degli individui; nel 2016, era il 14 per cento.

Ricapitolando: nei tre anni di crescita economica registrati nel nostro Paese, il tasso di povertà è sempre cresciuto, al contrario di quello che dice Renzi. Inoltre, analizzando le serie storiche dell’Istat, si scopre che i dati aggiornati al 2017 (sia quelli della povertà assoluta che quelli della povertà relativa) sono tra i peggiori dal 2005.

I poveri sono sempre più poveri?

Oltre all’incidenza, l’Istat rileva anche l’intensità della povertà, che misura “quanto poveri sono i poveri”, cioè di quanto la spesa media mensile delle famiglie povere è inferiore in termini percentuali al valore monetario del paniere di povertà assoluta e alla soglia di povertà relativa.

Nel 2017, l’intensità di povertà assoluta familiare era del 20,9 per cento, in aumento sia rispetto al 2016 (20,7 per cento) sia rispetto al 2015 (18,7 per cento). Discorso diverso vale per l’intensità della povertà relativa familiare, in leggero calo: nel 2017 era del 24,1 per cento, rispetto al 24,4 per cento nel 2016. Nel 2015, però, era su livelli ancora più bassi (23,1 per cento).

Il verdetto

Secondo Matteo Renzi, in Italia il numero delle famiglie e delle persone povere, rispetto al totale della popolazione, è calato durante gli anni di crescita economica registrata nella scorsa legislatura.

I dati ufficiali Istat dicono però il contrario. Sia per la povertà assoluta che per quella relativa – di famiglie e singoli individui – il tasso di povertà (ossia l’incidenza) è sempre aumentato, arrivando a dati tra i peggiori dal 2005.

In conclusione, “Panzana pazzesca” per Matteo Renzi.




[1] Con la misura di povertà assoluta si intende la spesa minima necessaria per acquistare un insieme di determinati beni e servizi, come abitazioni, generi alimentari e beni durevoli di prima necessità. Il calcolo della soglia di questa misura cambia in base a determinati parametri, come la grandezza di una famiglia, la sua componente anagrafica e la collocazione geografica.

La stima della povertà relativa, invece, si basa su una soglia diversa, che stabilisce come “povera” una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o uguale alla spesa media per persona nel Paese.