Almeno un paio di volte all’anno Renato Brunetta si dedica a confrontare i dati economici attuali con quelli del governo Berlusconi IV di cui era ministro (si veda ad esempio qui e qui). Dal momento che non sempre ci azzecca – e visto che i dati si aggiornano – torniamo a verificare la dichiarazione del capogruppo forzista.



La disoccupazione giovanile



Secondo i dati Istat, a ottobre 2011 – ultimo mese pieno del governo Berlusconi – il tasso di disoccupazione nella fascia d’età 15-24 era pari al 29,0%. A marzo 2015 questo tasso aveva raggiunto il 43,1%. Un aumento sicuramente rilevante ma non si può dire che la disoccupazione giovanile sia raddoppiata, come invece sostiene Brunetta. Volendo guardare ai numeri assoluti piuttosto che alle proporzioni, i giovani disoccupati sono passati da 474 mila nel terzo trimestre 2011 a 675 mila nel quarto trimestre 2014 (+42% circa).



graphDebito



Se sulla disoccupazione Brunetta ha esagerato, sul debito si è contenuto. Nel terzo trimestre del 2011 il rapporto tra debito e Pil era al 120,0%. Secondo la Commissione Europea questo rapporto era pari a 132,1% nel 2014 e destinato a raggiungere il 133,1% nell’anno in corso.



La povertà



Come abbiamo avuto modo di notare in un’analisi sul nostro sito europeo FactCheckEU, la definizione di povertà è abbastanza variabile. Ciò detto, sia l’Istat che Eurostat raccolgono alcuni indicatori che siamo andati a verificare per valutare la dichiarazione di Brunetta. Purtroppo molti di questi non sono aggiornatissimi. Il documento Istat “La povertà in Italia” indica che nel 2011 8,2 milioni di Italiani erano considerati relativamente poveri mentre 3,4 milioni di nostri connazionali rientravano nella definizione di poveri in maniera assoluta. Tali numeri sono effettivamente aumentati a 10,0 milioni e 6,0 milioni rispettivamente nel 2013.



I dati Eurostat sulle persone a “rischio” di povertà indicano invece le persone che vivono con il 60% del reddito mediano. Secondo questi dati, le persone a rischio di povertà erano 11,9 milioni nel 2011 e leggermente meno (11,6) nel 2013. Coloro che sono in una condizione cosiddetta di “severa deprivazione materiale” sono lievemente aumentati: da 6,8 milioni nel 2011 a 6,9 milioni nel 2014.



Come conciliare questi due dati con andamenti così diversi tra loro? La spiegazione risiede nella differente metodologia utilizzata. L’Istat definisce la povertà attraverso il confronto con la spesa media delle famiglie, mentre Eurostat usa il reddito delle famiglie mentre, nel caso della severa deprivazione materiale, fa riferimento alle indagini campionarie*. Se l’indice delle persone a rischio di povertà non riesce a coprire quanto effettivamente si riesce a fare con il 60% del reddito mediano in un dato Paese, ci sembra che sia gli indicatori di povertà dell’Istat che l’indice di severa deprivazione materiale di Eurostat misurino in maniera diretta la difficoltà di sostenere spese essenziali.



Il verdetto



Brunetta esagera grossolanamente l’andamento della disoccupazione giovanile, che è aumentata del 50% e non del 100% dai tempi del suo governo, mentre è più fedele alla realtà quando cita i dati dell’aumento del rapporto debito/Pil. La verifica dell’aumento della povertà è resa complicata dalla scelta dell’indicatore. Gli indicatori Istat che misurano le famiglie che spendono sotto a una certa soglia di spesa ritenuta necessaria per non vivere in povertà assoluta o relativa indicano un aumento della povertà di 1,8 e 2,6 milioni di persone dal 2011 al 2013. D’altra parte, l’indicatore Eurostat sulla capacità delle famiglie di far fronte ad alcune spese fondamentali non mostra un aumento ed è anche più aggiornato (2014 invece di 2013). Su questo punto diamo il beneficio del dubbio a Brunetta, presumendo che parlasse dei dati Istat, i quali indicano effettivamente un aumento nella povertà in Italia. “C’eri quasi” per il deputato di Forza Italia.



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* Eurostat definisce “severa deprivazione materiale” l’impossibilità di permettersi almeno quattro dei seguenti: pagamenti del mutuo o affitto/bollette/altri pagamenti a rate; una settimana di vacanza al di fuori della propria casa; un pasto con carne, pesce o corrispettivo vegetariano ogni secondo giorno; spese inaspettate; un telefono (incluso cellulare); una TV a colori; una lavatrice; una macchina; riscaldamento per mantenere adeguatamente calda la propria casa.