Di Maio usa il suo profilo Facebook per riportare l’attenzione su quel che lui considera una mancanza di vere riforme da parte del governo. Secondo il deputato grillino, il governo dovrebbe “restituire” i soldi a coloro che hanno perso il lavoro. A tal proposito ricorda una recente ricerca pubblicata dalla rivista americana The Lancet, effettuata in collaborazione con il sociologo svizzero Carl Nordt, del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Zurigo (per accedere al testo completo è necessario iscriversi gratuitamente al sito).



C’è un legame tra disoccupazione e suicidi?



La ricerca cerca di fare chiarezza su un dibattito particolarmente acceso (per quanto macabro) in seguito alla recente crisi economica, ovvero il legame tra disoccupazione e suicidi. Usando i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ed il Fondo Monetario Internazionale, i ricercatori hanno scelto 63 Paesi rappresentativi per fare un’analisi del tasso dei suicidi ed il rapporto con la disoccupazione.



Lo studio di Nordt et al., che prende in considerazione un periodo di tempo che va dal 2000 al 2011, riconosce che in seguito ad un periodo di disoccupazione più alta, i tassi di suicidio sembrano aumentare. Lo studio non specifica però se il suicidio è necessariamente legato alla perdita di lavoro, poiché non è chiaro se le vittime abbiano perso il lavoro o meno. Nordt spiega inoltre che, se vi è un legame, questo non dovrebbe essere limitato ai periodi di crisi economica in quanto il problema non è necessariamente più accentuato per via delle crisi economiche, e per questo motivo si richiederebbero politiche ben più durature. Prendendo in considerazione gli anni dal 2000 al 2011, sarebbero circa 233 mila i suicidi all’anno di cui circa 45 mila – il 20% – sarebbero collegati alla disoccupazione. Lo studio spiega poi che la disoccupazione è collegata ad un incremento relativo del rischio di suicidio di circa 20-30% in tutte le regioni globali.



E l’Italia?



Se i dati presenti nello studio sono divisi per le quattro zone globali menzionate sopra, in un’intervista a Repubblica Nordt rivela che in Italia i casi di suicidio legati alla disoccupazione sono, all’anno, “circa 900, ovvero 1,7 casi per 100 mila abitanti”.



Il caso italiano non sarebbe tra i più drammatici, dice Nordt, che paragona la situazione italiana a quella lituana che, “con una popolazione di poco inferiore ai 3 milioni di abitanti, ha dovuto registrare 224 suicidi provocati dalla disoccupazione, quindi in percentuale quasi 10 volte più dell’Italia”.



Sul peggioramento o meno del tasso di suicidi durante la recessione, Nordt spiega che “in realtà la situazione è risultata essere sempre piuttosto stabile, con solo lievi oscillazioni”.



Cosa dicono l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Istat



Dobbiamo fare però delle importantissime precisazioni. Nel riportare quanto detto nello studio pubblicato da The Lancet, non possiamo infatti non menzionare un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che, tra le altre cose, spiega che quando i media riportano notizie sui suicidi, può esserci un effetto “imitativo” che può provocare altri suicidi. L’Oms invita quindi a prestare particolare attenzione nel presentare informazioni sul tema, spiegando che i fattori che portano al suicidio sono molteplici e complessi, e non dovrebbero essere presentati in modo semplicistico. “Quasi sempre”, spiega l’organizzazione, “sarà ingannevole attribuire un suicidio ad un singolo evento come una bocciatura ad un esame o la fine di una relazione, particolarmente nei casi in cui la morte non è stata pienamente investigata. Il suicidio non deve essere rappresentato come un mezzo per affrontare i problemi personali”.



Lo stesso avvertimento arriva dall’Istat, che da qualche anno ormai ha smesso di riportare le cause dei suicidi: “Il suicidio, inoltre, è un fenomeno di natura multidimensionale per quel che attiene le cause che spingono a compiere il gesto. Per questo motivo, anche quando i casi di suicidio vengono riconosciuti come tali e rilevati dalle indagini statistiche, importanti limiti permangono circa una corretta identificazione delle cause che hanno portato i singoli individui a togliersi la vita”.



Dobbiamo tenere quindi a mente queste osservazioni leggiamo e interpretiamo lo studio di Nordt et al. e l’intervista riportata sul quotidiano Repubblica.



Il Verdetto



Sebbene Di Maio citi correttamente lo studio pubblicato da The Lancet, non possiamo ignorare le osservazioni dell’Oms- e anche dell’Istat – sulla natura complessa dell’atto suicida, che, essendo un risultato di molteplici fattori, non può essere semplificato e ricondotto ad una sola causa. Inoltre, dobbiamo tenere a mente il ruolo che svolgono i media e l’effetto “imitativo” che viene provocato da un discorso su questo tema delicato. Prendendo tutti questi fattori in considerazione, assegniamo un “Nì” a Di Maio, che cita bene i numeri ma azzarda un nesso di causalità che richiede più cautela.