Dopo aver riportato le posizioni di politici (Simone Baldelli e Vittoria Baldino) e giuristi (Carlo Fusaro e Fiammetta Salmoni) favorevoli e contrarie al taglio dei parlamentari, che sarà oggetto di referendum confermativo il prossimo 20 e 21 settembre, abbiamo deciso di dare spazio nel nostro speciale anche all’opinione dei nostri lettori.

Qui di seguito abbiamo riportato alcune delle ragioni di chi – tra gli iscritti alla nostra newsletter o tra i fan della nostra pagina Facebook che hanno risposto al nostro invito a farci avere la loro opinione – ha comunicato la propria intenzione di votare “No” alla riduzione dei parlamentari da 945 (630 deputati e 315 senatori) a 600 (400 deputati e 200 senatori).

Alcune risposte sono state editate per chiarezza e brevità.

Con la riforma meno velocità o meno qualità dei lavori in commissione

Alessandro ci ha scritto: «Voterò “No” perché ritengo che la riforma non possa portare ad una maggiore efficienza, a causa del necessario accorpamento delle commissioni parlamentari, soprattutto al Senato. Mi sembra quindi che i lavori possano solo richiedere più tempo oppure essere completati a discapito della qualità. Inoltre, al contrario di quanto affermano alcuni esponenti politici, sostenendo che facendo parte di più commissioni un parlamentare possa acquisire esperienza e conoscenze in altri ambiti, non credo che le commissioni siano la sede opportuna. Ritengo infatti che ciascuno si debba occupare di ciò per cui è più preparato (…). Inutile dire, inoltre, che il risparmio è irrisorio in relazione al bilancio dello Stato e che comunque non è opportuno tenere eccessivamente in considerazione costi e spese quando si parla di democrazia e rappresentatività. Detto ciò, è vero che il numero di parlamentari eletti a suffragio universale si allineerebbe maggiormente ad altri paesi europei (anche se ciò non si può giudicare di per sé come un aspetto positivo a prescindere, senza considerare il contesto istituzionale e il funzionamento delle altre democrazie europee), ma permarrebbe in Italia il bicameralismo paritario. Penso invece che una riforma che punta al miglioramento dell’efficienza avrebbe potuto ritoccare questo aspetto, ad esempio eliminando il Senato a favore di un’unica camera».

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Politici peggiori e riforme più difficili

Andrea spiega che intende votare “No” perché in caso di vittoria dei “Sì” «avremmo un Senato troppo piccolo per le sue funzioni attuali ed una Camera troppo piccola per una successiva riforma verso il monocameralismo. Perché questo taglio intaserà i lavori delle Commissioni parlamentari. Perché nessuna legge elettorale potrà limitare gli effetti sottorappresentativi di questa riforma. Perché collegi elettorali così grandi renderebbero ancora più difficile far politica per chi non ha i mezzi finanziari. Perché i capipartito preferiranno mantenere in Parlamento i più fedeli, considerato il peso aumentato dei singoli voti, a scapito dei più competenti, che sarebbero i primi a rimanere fuori».

Altre opinioni

«Sono abbastanza orientata, però, al “No”. Non mi piacciono i populisti e quelli che stuzzicano il peggio che può esserci in ognuno di noi. Si può essere d’accordo a ridurre il numero dei parlamentari (in linea col resto d’Europa) ma facendo (il Parlamento stesso) e per tempo ciò che serve per farlo senza creare fratture nel funzionamento delle commissioni e, soprattutto, con una nuova legge elettorale». (Franca)

«Voterò “No”: i risparmi sono pochi e non giustificano questa riforma, inoltre non c’è un nesso chiaro di causalità tra il taglio dei parlamentari e una maggiore efficienza del parlamento: si riduce la quantità senza andare ad inficiare qualitativamente le funzioni delle due camere». (Simone)

«“No”. Non serve a nulla senza una riforma organica, e diminuisce la rappresentanza aumentando il potere dei franchi tiratori e dei mercenari». (Luca)

«Penso di votare “No”. È una non riforma, non ha visione, è un taglio populista stupido e inutile. Resta il bicameralismo che è il vero problema». (Maria Silvia)