Negli ultimi giorni si sta diffondendo in Italia la presunta notizia secondo cui il nuovo coronavirus – scoperto da alcune settimane in Cina e le cui caratteristiche sono ancora poco note – sia stato creato in un laboratorio del governo cinese, situato nella città di Wuhan (epicentro del contagio) e che sarebbe collegato a un programma segreto di armi batteriologiche.

Ad oggi, in base alle informazioni riportate dai media italiani e dalle verifiche condotte da diversi altri fact-checker, non esiste però alcuna prova in favore di questa ipotesi. Vediamo perché.

Che cosa c’entra il laboratorio di Wuhan

Uno dei primi a parlare in Italia della tesi secondo cui il nuovo coronavirus sarebbe stato creato in un laboratorio è stato il direttore di TgCom24 Paolo Liguori, che il 25 gennaio 2020 ha detto in tv di «aver avuto notizia da una fonte attendibilissima» secondo cui «tutto nasce dal laboratorio di Wuhan, un laboratorio di cui già in passato le riviste occidentali si erano già interessate».

Durante la diretta, Liguori ha mostrato ai telespettatori un articolo online della rivista scientifica Nature, del 22 febbraio 2017, che parlerebbe di un laboratorio della città di Wuhan dove «si studiano i virus più pericolosi e mortali».

«Negli ultimi anni, questo laboratorio di Wuhan, a quanto mi riferiscono queste fonti, ha cominciato anche degli esperimenti militari, coperti dal più grande segreto, dalla più grande riservatezza» ha detto Liguori. «Un tecnico, agli inizi di dicembre [2019, n.d.R.], sarebbe entrato in contatto con il virus, non se ne sono accorti, si è rapidamente propagato».

Come spiegano, tra gli altri, l’articolo del 2017 di Nature citato da Liguori e un report di maggio 2019 del Centers for disease control and prevention degli Stati Uniti (Cdc, l’ente di controllo sulla sanità pubblica statunitense), è vero che nella città di Wuhan esiste il National Bio-safety Laboratory, ma da nessuna parte si fa riferimento ad accuse verso programmi «segreti» per sviluppare «armi batteriologiche».

In base al rapporto del Cdc, nel 2017 questo laboratorio (che ha un livello 4 di bio-sicurezza, il più alto per lo studio di agenti patogeni pericolosi, come altri in giro per il mondo) ha ricevuto le certificazioni per operare nell’ambito della ricerca. La preparazione specializzata del personale è stata frutto di una cooperazione internazionale, che ha coinvolto scambi con scienziati provenienti da università della Francia, degli Stati Uniti e dell’Australia.

Come spiega un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità del 2017, il laboratorio di Wuhan è stato frutto in particolare di un memorandum d’intesa con la Francia, che ha partecipato attivamente alla realizzazione del progetto, seguendo il rispetto degli standard internazionali di sicurezza.

Ad oggi, dunque, non ci sono prove che dietro alla diffusione del coronavirus ci sia un errore umano all’interno di questo laboratorio. Si tratta, quindi, di una delle informazioni false e fuorvianti che sono state messe in circolo in Italia da quando si è iniziato a parlare del coronavirus 2019-nCoV (qui, qui, qui e qui altri casi di cui ci siamo occupati).

Che cosa dice davvero l’«esperto di armi biologiche»

Diversi media italiani che hanno pubblicato questa presunta notizia hanno citato in proposito l’intervista data a un quotidiano statunitense da un «esperto», ma come vedremo questa intervista – e il quotidiano che l’ha pubblicata – è tutt’altro che affidabile.

Da Il Messaggero a Libero, passando per Tpi e Il Giornale, diversi media italiani hanno ripreso un articolo del 24 gennaio 2020 pubblicato dal Washington Times (da non confondere con il più autorevole Washington Post, come vedremo meglio più avanti), in cui sono riportati alcuni virgolettati di Dani Shoham, identificato come un «esperto di armi batteriologiche» ed «ex ufficiale dell’intelligence militare israeliana».

In base a quanto riportato dal Washington Times, secondo Shoham «alcuni laboratori del centro di ricerca di Wuhan sono stati probabilmente coinvolti, in termini di sviluppo e ricerca, nello studio di armi biologiche, almeno collateralmente, non come struttura principale».

In effetti, Shoham è un esperto di armi biologiche, ma contattato via email dal fact-checker Pavel Bannikov (del sito di fact-checking kazako factcheck.kz) ha specificato di aver detto al Washington Times che «ad oggi non c’è alcuna prova che ci sia stato un incidente» tramite il quale si sia diffuso il virus.

Non solo: «L’intero contagio potrebbe avere ovviamente un’origine naturale, come sembra essere la via più probabile al momento», ha detto Shoham via email a Bannikov. «Servono più informazioni per scoprire davvero come è nato questo virus».

In sostanza, è lo stesso Shoham a ribadire quanto detto in precedenza, ossia che non ci sono prove per sostenere che il nuovo coronavirus sia stato prodotto – e poi diffuso volontariamente, e con un incidente – da un laboratorio di Wuhan. Lo stesso esperto ha detto che l’origine naturale del contagio è «la via più probabile».

Che cos’è il Washington Times

Il quotidiano che ha pubblicato la notizia, più in generale, ha poi un problema di affidabilità. Come spiega il suo sito ufficiale, il è stato fondato nel 1982 dal predicatore coreano Sun Myung Moon, leader del movimento religioso della Chiesa dell’Unificazione nato in Corea del Sud nel 1954.

Negli anni la testata è stata accusata di non essere imparziale e di prestare poca attenzione alla correzione dei propri errori.

Stando alla classificazione fatta da Media bias/Fact check, sito web che cerca di valutare la qualità dell’informazione online e tradizionale basandosi su dei criteri di analisi il più possibile oggettivi, il Washington Times rientra tra le testate i cui contenuti rispecchiano per lo più un’ideologia conservatrice e di centrodestra.

Le scelte editoriali passate del Washington Times hanno dimostrato in diverse occasioni una scarsa attenzione alla realtà dei fatti e alle informazioni ufficiali.

Ad esempio, il 4 dicembre 2018 è stato pubblicato un articolo a tema scientifico – settore in cui rientra anche la notizia del coronavirus come un’arma batteriologica creata in laboratorio – in cui veniva promossa una teoria cospirazionista sui cambiamenti climatici. Si leggeva che «il riscaldamento globale e quindi la narrativa sul cambiamento climatico sono stati elaborati dagli avversari d’America per consentire ai nostri nemici di dominarci fino alla fine». Come verificato dai colleghi fact-checker di Climate Feedback, in passato la testata ha pubblicato articoli a tema scientifico con una credibilità «molto bassa», «fuorviante» e «in disaccordo con la scienza elementare».

In anni recenti poi il Washington Times ha inoltre condiviso notizie false o fuorvianti su Barack Obama, falsamente accusato di aver speso milioni di dollari per andare a giocare a golf con Tiger Woods, oppure su una chiesa della Virginia accusata senza fondamento di voler rimuovere una targa dedicata a George Washington (in realtà la controversia riguardava il generale sudista Robert E. Lee).

In conclusione

Non c’è alcuna prova che il nuovo coronavirus che si sta diffondendo in questi giorni sia nato in un laboratorio di armi batteriologiche cinese. Esiste in effetti a Wuhan un laboratorio nel settore della biosicurezza: il collegamento è stato fatto da un esperto intervistato da un quotidiano statunitense di scarsa affidabilità. Lo stesso esperto ha successivamente detto che la sua era soltanto un’ipotesi speculativa e che la diffusione naturale resta l’opzione più probabile. La presunta notizia dell’origine umana e “segreta” del virus ha però ricevuto molta diffusione negli ultimi giorni, in Italia e non solo.