Il Brasile è tornato alle urne oggi, per il secondo turno delle elezioni presidenziali. Una campagna travagliata che ha visto, tra le altre cose, la morte di uno dei candidati principali, Eduardo Campos del Partido Socialista Brasileiro (Psb), in un incidente aereo. La Presidente uscente, Dilma Rousseff (del Partido dos Trabalhadores – Pt di Lula), in origine largamente favorita per la rielezione, si è trovata in una tempesta perfetta di scandali relativi alla corruzione che si sono aggiunti alle cattive notizie economiche, tanto dall’aver scatenato previsioni di una sua sconfitta al secondo turno contro l’ambientalista Marina Silva.

Le elezioni si sono finalmente svolte e i risultati del primo turno (usciti poche ore dopo la chiusura dei seggi grazie alle meraviglie del voto elettronico) hanno sorpreso. Silva, che è passata da candidato vicepresidenziale a leader del ‘ticket’ Psb, ha in realtà preso soltanto il 21,3% dei voti, rispetto al 41,6% di Rousseff. Il ballottaggio di oggi ha quindi visto la Presidente uscente sfidata da Aécio Neves del più conservatore Psdb – Partido da Social Democracia Brasileira (33,6% al primo turno). Dediti come sempre alla nostra missione, affrontiamo alcuni temi chiave della campagna elettorale brasiliana attraverso la lente del fact-checking.



I Campionati Mondiali di Calcio hanno fatto aumentare il Pil?



In un contesto economico piuttosto deludente (la crescita prevista per il 2014 é un misero +0,3%, particolarmente triste se confrontata al ritmo tempestuoso degli anni precedenti) sono molti ad aver messo in discussione le rosee previsioni sull’impatto economico dei Campionati Mondiali di Calcio.

Nel 2011 la società di revisori Ernst & Young e la Fondazione Getulio Vargas hanno pubblicato un rapporto in cui si quantificavano in 142,39 miliardi di reais (circa 46 miliardi di euro) i vantaggi economici dei mondiali nel periodo 2010-2014.

Una stima che potrebbe essere considerata ottimistica. La mediana delle 116 previsioni censite dalla Reuters, infatti, si attestava su un impatto positivo sul Pil di circa 0,2 punti percentuali. Questo é in linea con alcune stime (ex post) di Citi sull’effetto dei Mondiali 2010 in Sudafrica, equivalenti ad un impatto positivo sull’economia locale pari allo 0,3-0,5%. E’ stata poi la stessa Citi a confermare, nel terzo trimestre 2014, che la maggior parte delle sedi locali delle banche internazionali non includevano nessun effetto “mondiale” negli scenari di crescita per il 2014.

Lo studio di Ernst & Young prevedeva inoltre la creazione di 3,63 milioni di posti di lavoro all’anno. Alla prova dei fatti i posti di lavoro creati sono stati in media 1,3 milioni all’anno nel periodo 2010-2013, secondo i dati del Ministero del Lavoro brasiliano.



Inoltre, per quanto riguarda il mese dei mondiali, l’aumento netto di 25.363 posti di lavoro a giugno era stato il più limitato dal 1998 (prima di essere polverizzato dal record negativo del mese successivo); il ministro del Lavoro Manoel Dias ha attribuito questo calo ad un “drastico calo dei consumi”. Non trova quindi riscontro la stima del Presidente di Embratur, secondo cui i mondiali di calcio avrebbero generato un milione di posti di lavoro. Per quanto riguarda invece l’aumento del turismo, il governo prevedeva l’arrivo di 600 mila visitatori internazionali. I turisti arrivati sono stati, in realtà, ben 1 milione, anche se un esperto di economia dello sport come il professor Andrew Zimbalist si é espresso con scetticismo in un’intervista alla CNN: “ogni turista per la Coppa del Mondo fa perdere un turista normale”. La Copa avrebbe fatto perdere anche numerosi giorni lavorativi: per alleviare la pressione sui trasporti il governo avrebbe infatti dichiarato numerose nuove feste pubbliche. Il che avrebbe avuto un ruolo importante nella contrazione del settore manifatturiero di questa estate, secondo la Confindustria brasiliana.

I vantaggi, anche quando si sono verificati, sono difficili da quantificare. Walter Boettcher, Chief Economist di Colliers International ha ricordato infatti che si tratta di vantaggi non solo finanziari ma legati all’immagine del Paese e al suo profilo geopolitico. La professoressa Delpy Neirotti della George Washington University ha sottolineato, invece, come gli effetti positivi della Coppa del Mondo possano essere stati meno tangibili ma comunque rilevanti, e ha citato, ad esempio, il trasferimento di conoscenze dovuto all’organizzazione di un evento di scala mondiale e l’apprendimento, quindi, di nuove abilità nell’ospitalità, nei media, nella tecnologia.

La domanda non si limita però unicamente all’effetto degli investimenti per la Coppa del Mondo sull’economia brasiliana. Un’altra controversia verte sul “costo di opportunità”. Quei soldi avrebbero potuto essere spesi meglio? Oltre alle proteste che hanno preceduto i Mondiali, volte a contestare la scelta di spendere risorse in stadi invece che in servizi sociali (“ospedali agli standard Fifa” chiedevano i cartelloni dei manifestanti), l’effetto strutturale è stato limitato dal fatto che molte infrastrutture non sono state completate, secondo Capital Economics.


Insomma, mentre il giudizio degli analisti sportivi é stato piuttosto equanime e positivo, non si puó dire lo stesso di quello degli analisti economici. Se l’aver ospitato la Coppa del Mondo ha sortito un effetto economico positivo non sembra essere stato al livello di quello promesso dalle stime iniziali. Chissá che ció non riduca l’entusiasmo locale per le prossime Olimpiadi di Rio 2016.



“Bolsa Familia” rimarrá solo se verrá rieletta Dilma?

Una delle accuse piú pesanti lanciate da Rousseff (in una campagna elettorale contraddistinta più che in passato da “attack ads” in stile americano) é stata la minaccia implicita secondo cui solo con lei il popolare programma “Bolsa Familia” sarebbe continuato.

L’affermazione é stata rispedita al mittente da Marina Silva. Con un discorso molto emotivo la candidata ha infatti fatto leva sullo stato di estrema povertà in cui è cresciuta, concludendo con il grido: “Bolsa Familia non è un comizio. E’ una vita.” Anche Aécio Neves promette di mantenere Bolsa Familia, trasformando il programma di sviluppo sociale in diritto permanente.



Ma cos’è Bolsa Familia? E’ un programma di trasferimento di reddito condizionale (in inglese conditional cash transfer o CCT), da cui beneficiano famiglie in condizioni di relativa ed estrema povertà in tutto il Paese. Ogni mese il governo federale trasferisce un reddito alle famiglie, una somma che dipende dal numero di individui all’interno del nucleo familiare, dall’età dei membri che ne fanno parte e dal loro reddito. Il pagamento è subordinato ad alcune condizioni: i figli devono frequentare almeno l’85% delle lezioni a scuola e devono sottoporsi alle regolari visite mediche, pena il blocco dei trasferimenti per tutta la famiglia. È stimato che circa un quarto della popolazione brasiliana ne abbia beneficiato, ovvero 13.8 milioni di famiglie, o 50 milioni di individui.

Il programma viene generalmente considerato come un successo per il suo enorme impatto sulla riduzione della povertà. La popolazione che vive in condizioni di estrema indigenza si è infatti più che dimezzata, passando da 15,7 milioni di persone a 6,5. Non tutto questo calo è attribuibile a Bolsa Familia, ma l’effetto diretto del programma diviene tangibile soprattutto a partire dal 2009. Anche la salute ed i livelli di nutrizione dei bambini sembrano essere vistosamente migliorati: secondo uno studio della Fao i bambini di una famiglia beneficiaria di Bolsa Familia avevano il 26% di probabilità in più di quelli di una famiglia non beneficiaria di raggiungere l’altezza appropriata per la loro età. Di conseguenza il tasso di ineguaglianza ha visto una riduzione attribuibile a Bolsa Familia. Tutto ciò per un costo di appena 0,5% del Pil.

Uno studio dell’Instituto de Pesquisa Economica Aplicada (IPEA) ha inoltre rilevato che per ogni real investito in Bolsa Familia il programma produce 1,78 di crescita Pil aggiuntiva.

Bolsa Familia è anche destinataria di critiche, tra cui quella che solo il 12% dei beneficiari ha lasciato il programma dieci anni dopo la sua creazione, facendo sorgere dubbi sull’efficacia di lungo termine. Parrebbe inoltre che Bolsa Familia sia stato più efficace nelle zone rurali piuttosto che in quelle urbane.

Insomma, visti questi dati (e la popolarità del programma con i suoi beneficiari) è difficile immaginare che il programma venga drammaticamente ridimensionato, almeno per ora.



Il Brasile diventerá uno dei principali produttori di petrolio al mondo?

Secondo Maria das Gracas Silva Foster, presidente dell’agenzia petrolifera statale Petrobras e amica di lunga data di Dilma, il Brasile nel 2035 diventerá il 6° produttore mondiale di petrolio.

E’ un numero che trova conferma nelle previsioni dell’International Energy Agency. Il “World Energy Outlook 2035” cita infatti la scoperta di immensi giacimenti di petrolio al largo delle coste brasiliane, aggiungendo a queste risorse un enorme potenziale in energia idrica ed eolica. Stando alle previsioni, la produzione brasiliana di petrolio schizzerebbe da 2,2 milioni di barili al giorno nel 2012 a 6 milioni nel 2035, portando il Brasile alla sesta posizione.


E’ vero che Marina Silva è stata l’unica a ridurre la deforestazione dell’Amazzonia?


Nel programma elettorale di Marina Silva si attribuiva al suo mandato da ministro dell’Ambiente l’unico momento di riduzione nel tasso di deforestazione della foresta Amazzonica. Considerando che quest’area rappresenta piú della metá di tutta la foresta tropicale mondiale e produce il 20% dell’ossigeno sulla terra, é un tema che riguarda tutti.


Secondo la serie storica dei dati del Progetto di Monitoraggio della Deforestazione dell’Amazzonia attraverso Satellite (Prodes) dell’Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale (Inpe), l’andamento della deforestazione della cosiddetta “Amazonia legal” é stato abbastanza variabile. Da un massimo di 29.059 kmq nel 1995 (quasi pari alla superficie del Belgio o dell’Armenia, per intenderci) la deforestazione è andata calando nel 1996 e 1997 per poi risalire in maniera costante fino al 2004.


E’ a partire da quell’anno che il tasso di deforestazione sembra aver preso un andamento piú chiaramente discendente. Marina Silva, ministro dell’Ambiente di Lula dal 2003 al 2008 puó vantarsi di aver avuto un ruolo nel calo significativo del tasso di deforestazione annua: è infatti opinione diffusa che sia stata fondamentale per tale fenomeno. Tuttavia vale la pena ricordare che la riduzione della deforestazione era riscontrabile anche prima del suo arrivo, e fortunatamente ha continuato a calare anche dopo il suo allontanamento.