Una delle promesse contenute nel contratto di governo tra Lega e M5S è quella di «rivedere in senso restrittivo le norme che riguardano l’imputabilità, la determinazione e l’esecuzione della pena per il minorenne».

Eppure, con il decreto legislativo 121 del 2 ottobre 2018, divenuto legge il 26 ottobre, sembra che l’esecutivo giallo-verde abbia fatto in realtà l’esatto contrario, in particolare riguardo l’esecuzione della pena per i condannati minorenni.

La retromarcia

Il decreto 121/2018 infatti, recependo «numerose pronunce della Corte Costituzionale» e «gli impegni assunti dall’Italia con la sottoscrizione di svariati atti internazionali ed europei», ha stabilito una disciplina meno repressiva per l’esecuzione delle sentenze di condanna nei confronti dei minorenni.

Come ha scritto Italia Oggi, in un articolo ripreso anche da Ristretti Orizzonti (rivista che si occupa dei temi legati al carcere), queste sentenze della Consulta e questi impegni internazionali «avevano evidenziato l’assoluta inadeguatezza del sistema penitenziario nazionale applicabile ai detenuti minorenni, ai quali non era garantita nessuna effettiva possibilità di un’esecuzione non detentiva per i reati per i quali essi erano stati condannati».

Ora il decreto restringe il ricorso al carcere quale misura punitiva, e introduce una serie di nuove misure penali in comunità a favore dei detenuti minorenni. Una «modifica radicale», ancora secondo Italia Oggi.

L’articolo 1 del decreto stabilisce che «l’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato». Deve poi «favorire la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l’inclusione sociale e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive e di tempo libero».

L’articolo 2 elenca le «misure penali di comunità» citate dall’articolo 1, che consentono al minore di scontare la pena al di fuori delle mura degli istituti penali. Queste misure – disciplinate nel dettaglio dagli articoli successivi del decreto – sono: l’affidamento in prova al servizio sociale, l’affidamento in prova con detenzione domiciliare, la detenzione domiciliare, la semilibertà, l’affidamento in prova in casi particolari.

Il giudice può non disporle (art. 2 co. 2) solo nel caso in cui «vi sia il pericolo che il condannato si sottragga all’esecuzione o commetta altri reati».

Siamo insomma di fronte all’esatto opposto di una revisione in senso restrittivo delle norme che riguarda l’esecuzione della pena per il minorenne. Grazie all’intervento del governo, il condannato minorenne avrà decisamente meno possibilità di finire in carcere.

Un “contentino”?

L’unica “concessione” a quanto scritto nel contratto di governo sembra essere quanto disposto dall’articolo 9 del decreto in questione, che modifica l’art. 24 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272. Vediamo di capire il perché.

Prima di questo decreto, in base alla precedente formulazione dell’articolo 24 del d.lgs 272/1989, il minorenne che stava scontando la pena, e che diventava maggiorenne durante l’esecuzione della pena stessa, continuava a scontarla nell’ambito della giustizia minorile, a meno che – ma solo per chi avesse compiuto 21 anni – il giudice non ritenesse esistessero particolari ragioni di sicurezza per affidarlo alla giustizia ordinaria.

Il decreto ha eliminato il riferimento ai 21 anni, per cui adesso anche chi ha 18, 19 e 20 anni può essere affidato alla giustizia ordinaria se il giudice lo ritiene necessario in base a ragioni di sicurezza.

Conclusione

Nonostante questa piccola modifica in senso restrittivo, il decreto 121/2018 approvato dal governo Lega-M5S rende meno punitiva e più rieducativa la pena per i condannati minorenni. Si può quindi dire che nel complesso la nuova normativa abbia reso meno restrittiva l’esecuzione della pena nei confronti del minore. Come abbiamo già detto, l’esatto opposto di quanto scritto nel contratto di governo.