Intervistato nel corso della trasmissione Di Martedì, il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) Raffaele Cantone ha espresso un giudizio riguardo ai livelli di corruzione del nostro Paese.



Il magistrano campano ha dichiarato che (min. – 3’47”) «Siamo un po’ più corrotti rispetto ad altri europei ma stiamo recuperando. Le classifiche di Transparency International adesso ci posizionano sestultimi, rispetto ad essere penultimi è un piccolo passo in avanti».



È davvero così? Abbiamo verificato.



Il Corruption Perception Index



Transparency International è una Ong che opera a livello internazionale per sensibilizzare governi e cittadini riguardo ai danni derivanti dai fenomeni legati alla corruzione, fornendo consigli e proponendo misure per combatterli.



Transparency Internationl cura il Corruption Perception Index (Cpi). Questo misura i livelli di corruzione percepiti nel settore pubblico e nel mondo della politica di centinaia di Paesi del mondo (180 nel 2017), basandosi su diversi strumenti come, ad esempio, interviste e collaborazioni con analisti, esperti e imprenditori di ciascuna nazione analizzata.



Ogni Paese può variare da un valore minimo di zero (altamente corrotto) a un valore massimo di 100 (totalmente pulito), posizionandosi così nelle prime posizioni quando la corruzione percepita è minima.



Il Cpi dell’Italia e degli altri paesi dell’Ue



Nel 2017, la stessa Transparency International ha sottolineato come l’Italia abbia migliorato la sua condizione in termine di corruzione percepita, passando da un punteggio di 42 punti nel 2012 a uno di 50 nel 2017. Tuttavia, la Ong evidenzia anche come il nostro Paese presenti ancora un indice di corruzione percepito di 16 punti inferiore rispetto alla media dell’Europa Occidentale.



Analizzando i dati del Cpi per il periodo 2012-2017 (tabella 1) si può trovare riscontro rispetto a quanto affermato da Raffaele Cantone. L’Italia nel 2017 – i risultati più recenti disponibili – risulta effettivamente sestultima nella classifica relativa alla corruzione percepita nei Paesi Ue, salendo di quattro posizioni rispetto al 2015, quando era penultima (preceduta solamente dalla Bulgaria).



Un dato significativo, specialmente se si pensa che ciò è dovuto principalmente a una crescita del punteggio in termini assoluti del nostro Paese rispetto al 2015, piuttosto che a un incremento relativo dovuto a cali drastici del Cpi dei Paesi che ci precedevano in quell’anno (tranne nel caso dell’Ungheria).






Tabella 1: Ultimi 10 Paesi Ue in termini di Cpi (2012-2017) – Fonte: Transparency International, Corruption Perception Index 2017




I difetti del Cpi



Un problema fondamentale del Cpi è che misura la percezione della corruzione e non i livelli di corruzione reale di un Paese. Sebbene questa percezione non sia quella di comuni cittadini, bensì di analisti e imprenditori, percezione e realtà possono essere molto differenti. Questo difetto è stato evidenziato più volte da studiosi del tema (come la Banca Mondiale e come riporta l’Economist).



Un Paese con elevata corruzione potrebbe infatti avere un Cpi più basso di altri Paesi, semplicemente perché in questa nazione i fenomeni sono più nascosti e/o meno seguiti dai media.



Facciamo un esempio. Il Brasile nel 2012 aveva un Cpi di 43, contro i 42 dell’Italia. Nel 2017 il Paese sudamericano è scivolato a un punteggio di 37, ben 13 punti inferiore al nostro livello in quello stesso anno. Sarebbe però errato ritenere che nel 2012 il Brasile fosse meno corrotto dell’Italia. Il motivo è un altro: nel 2014, infatti, un’inchiesta ha scoperchiato un sistema corruttivo che da anni riguardava la politica brasiliana, con tangenti per un ammontare di 5 miliardi di dollari. Questa vicenda ha contribuito ad accendere un faro sui fenomeni corruttivi dell’intero Paese latinoamericano.



In altre parole, l’inchiesta ha aumentato la percezione della corruzione (portando il Paese da 43 a 37 punti nel Cpi), nonostante questi fenomeni di corruzione si verificassero anche negli anni precedenti allo scandalo, proprio quando il Brasile sembrava godere di una reputazione migliore rispetto a quella italiana.



In definitiva, dire che l’Italia è oggettivamente meno corrotta rispetto al passato sulla base del Cpi è fuorviante, perché l’indice misura la percezione del fenomeno, non l’effettivo ammontare (in larga parte nascosto) di fenomeni corruttivi che riguardano il settore pubblico.



Misurare la corruzione reale



Misurare la corruzione presenta innumerevoli sfide: è infatti difficile definire cosa rientra nella categoria della corruzione ed è complicato misurare un fenomeno che si verifica, per lo più, in segreto.



Nonostante ciò, alcuni studiosi hanno provato a utilizzare elementi oggettivi per calcolare l’effettivo livello di corruzione di ciascun Paese, concentrandosi ad esempio sulla corruzione nelle gare pubbliche o sull’esistenza di istituzioni e meccanismi utili per combattere il fenomeno.



Il gruppo di esperti dell’European Research Centre for Anti-Corruption and State-Building ha creato un indice (l’Index of Public Integrity o Ipi) che misura come gli stati si adoperino per creare un ambiente che presenti condizioni meno favorevoli per lo sviluppo della corruzione. Nello specifico, l’Ipi misura i livelli di indipendenza giudiziaria, eccessiva burocrazia, libertà di stampa, apertura commerciale, trasparenza di bilancio e cittadinanza digitale di ciascun Paese, con valori che variano da zero (ambiente favorevole alla corruzione) a dieci (ambiente sfavorevole alla corruzione).



Secondo questo indice l’Italia, pur avendo migliorato di 0,12 punti il suo punteggio in termini di corruzione (dal 7,77 del 2015 al 7,89 del 2017), è rimasta in diciannovesima posizione rispetto ai Paesi dell’Ue. Questo dato sembrerebbe confermare che l’Italia è effettivamente più corrotta della media dei Paesi europei, così come affermato da Raffaele Cantone.






Tabella 2: Index of Public Integrity per i primi 20 Paesi europei (2017) – Fonte: European Research Centre for Anti-Corruption and State-Building



Tuttavia, a prescindere da questo risultato, non esiste un consenso generalizzato tra gli studiosi riguardo a come misurare la corruzione, e il tema rimane ancora largamente dibattuto. Pur essendo basato su dati oggettivi, l’Ipi non è accettato dalla totalità degli esperti.



Per questi motivi, affermare che in Italia la corruzione è diminuita basandosi solamente su un (contestato) indicatore sembra essere una dichiarazione piuttosto fuorviante.



In conclusione



Il Presidente dell’Anac Raffaele Cantone ha dichiarato che l’Italia è mediamente più corrotta degli altri Paesi europei. Ciononostante, la situazione del nostro Paese è migliorata rispetto al passato, passando dalla penultima alla sestultima posizione nella classifica di Transparency International.



L’Italia ha effettivamente scalato cinque posizioni nel ranking del Corruption Perception Index, passando dalla penultima posizione nel 2015 alla sestultima nel 2017 in termini di livelli di corruzione percepita tra i paesi dell’Ue. Ma usare l’indicatore Cpi per affermare che in Italia la corruzione è diminuita può risultare fuorviante. Infatti, questo è stato ampiamente criticato poiché si basa sulla sola percezione del fenomeno.