Il 29 ottobre, il quotidiano La Stampa ha pubblicato una lettera di Noemi Di Segni – presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) – che accusava il governo di aver tagliato le risorse per il fondo dello Stato in sostegno ai perseguitati politici e razziali.



La notizia – ripresa da alcuni giornali – ha subito suscitato prese di posizione polemiche, ad esempio del deputato del Partito Democratico Emanuele Fiano e del giornalista Enrico Mentana. Dopo poche ore, però, è arrivata la smentita del ministero dell’Economia e della viceministra dell’Economia Laura Castelli.



Ma che cosa è successo davvero? Che cos’è il fondo in questione e di quali tagli si sta parlando? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.



Che cos’è il fondo per i perseguitati politici e razziali?



Secondo Di Segni, «nell’allegato tabellare al Decreto-Legge n. 119/18 si prevede, tra le riduzioni delle dotazioni finanziarie delle spese dei ministeri, anche un importo pari a 50 milioni del sostegno in favore dei pensionati di guerra e dei perseguitati politici e razziali».



Il fondo in questione è quello istituito dalla legge n. 96 del 10 marzo 1955, intitolata “Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti” e nota anche come “legge Terracini”, dal nome del proponente Umberto Terracini, politico antifascista ed ex presidente dell’Assemblea costituente.



Come spiega l’articolo 1 della norma, lo Stato italiano si è impegnato a concedere un «assegno vitalizio di benemerenza» (o più impropriamente “pensione”, termine utilizzato dal ministero dell’Economia) ai cittadini italiani che dopo il 28 ottobre 1922 – data della Marcia su Roma – «sono stati perseguitati a seguito dell’attività politica da loro svolta contro la dittatura fascista e abbiano subito una perdita della capacità lavorativa in misura non inferiore al 30 per cento». Lo stesso assegno – spiega la legge – viene attribuito anche ai cittadini italiani che dopo il 7 luglio 1938 hanno subito persecuzioni per «motivi d’ordine razziale».



Che cosa dice il decreto fiscale del governo?



Il 24 ottobre è entrato in vigore il decreto legge n. 119, intitolato “Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria”. Questo testo – noto più semplicemente come “decreto fiscale” – è collegato alla Legge di bilancio che sarà presentata nelle prossime settimane ed è stato al centro delle polemiche per la questione della “manina” sollevata dal ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio.



Un allegato del decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale contiene una tabella sulle riduzioni previste per le dotazioni finanziarie delle spese dei ministeri. Per quanto riguarda quello dell’Economia e delle Finanze (Mef), e in particolare la missione n. 24 (“Diritti sociali, politiche sociali e famiglia”), nel 2018 sono previste riduzioni di 50 milioni di euro per il «sostegno in favore di pensionati di guerra ed assimilati, perseguitati politici e razziali», ossia il fondo visto in precedenza.



Il chiarimento del governo



Il 29 ottobre, il ministero dell’Economia ha precisato però che queste «riduzioni» non rappresentano alcuna limitazione delle pensioni a carico dello Stato in sostegno ai perseguitati di guerra, politici e razziali. Come chiarisce un comunicato del Mef, «il decreto-legge n.119 del 23 ottobre 2018 (conosciuto come ‘decreto fiscale’) ha semplicemente operato un allineamento dello stanziamento in bilancio alla effettiva erogazione delle risorse in base ai diritti soggettivi degli interessati».



Anche la viceministra dell’Economia Laura Castelli ha ribadito in un post su Facebook che «non verrà tolto un solo euro dall’assegno per le vittime delle leggi razziali e per i perseguitati dal fascismo per motivi politici! Il fondo per le pensioni c’è ed è capiente per tutto il 2019. Tutti i beneficiari riceveranno l’intero assegno».



In sostanza, il provvedimento fiscale ha operato una ridistribuzione delle risorse, vista la normale diminuzione del numero dei beneficiari dell’assegno con il passare del tempo. Questa versione dei fatti è stata confermata anche dall’Ucei, che in una nota trasmessa alla stampa ha accolto «con sollievo» i chiarimenti del governo.



In conclusione



Il 29 ottobre, l’Unione delle comunità ebraiche italiane ha denunciato che il nuovo decreto fiscale del governo ha ridotto di 50 milioni di euro il fondo istituito dallo Stato nel 1955 per sostenere economicamente i perseguitati di guerra e le vittime di odio razziale durante il fascismo.



Il decreto fiscale – entrato in vigore il 24 ottobre – effettivamente contiene una tabella che indica il taglio alle pensioni, ma come ha chiarito il ministero con un comunicato, l’interpretazione data alle cifre in questione è in realtà frutto di un malinteso.



La riduzione di 50 milioni di euro al fondo non è un taglio vero e proprio, ossia nessun beneficiario si vedrà ridotto l’assegno corrisposto dallo Stato, ma un allineamento di risorse inutilizzate, visto il calo naturale del numero dei beneficiari.