Il 31 maggio si è tenuto su Sky l’ultimo dei confronti televisivi tra i candidati sindaco di Roma, a cui hanno partecipato Giorgia Meloni, Roberto Giachetti, Stefano Fassina, Alfio Marchini e Virginia Raggi con la moderazione di Gianluca Semprini (qui i video). Come abbiamo fatto per Milano, passiamo in rassegna le dichiarazioni dei candidati.



Le tasse locali



Il candidato democratico Roberto Giachetti ha detto che “l’IRPEF più alta d’Italia è a Roma”.



Il fact-checking



L’addizionale comunale dell’IRPEF a Roma è allo 0,9 per cento, con esenzione per i redditi fino a 12 mila euro. Secondo uno studio Unimpresa, si tratta in effetti della più alta in una selezione di 21 città: a questo va aggiunto anche che l’addizionale regionale (al 3,3 per cento) è la più alta d’Italia in Lazio insieme al Piemonte. Ognuno dei 7.999 comuni italiani può fissare le aliquote e la soglia di esenzione, anche se non tutti lo fanno. Abbiamo consultato l’elenco completo delle aliquote comunali italiane, disponibile sul sito del MEF, e Roma sembra effettivamente l’unico comune d’Italia con un’aliquota dello 0,9 per cento (mentre diverse centinaia, per esempio, si fermano allo 0,8 per cento.



L’aspettativa di vita



Il candidato di SinistraxRoma Stefano Fassina ha fatto diverse dichiarazioni sulla qualità della vita nelle periferie di Roma. Una della più forti stabilisce addirittura un nesso tra il quartiere di nascita e l’aspettativa di vita: “Se nasci ai Parioli hai una aspettativa di vita superiore di quattro-cinque anni rispetto a chi nasce intorno al raccordo anulare”.



Il fact-checking



Non ci sono informazioni sull’aspettativa di vita nei diversi municipi romani nella sezione “Popolazione” dell’Annuario statistico 2015 di Roma Capitale, curato dall’ufficio statistica cittadino e peraltro molto ricco di informazioni. Quello citato da Fassina, tuttavia, è uno degli aspetti riportati dal “Rapporto Benessere e qualità della vita nei municipi di Roma”, curato in due edizioni (2011 e 2012) all’interno della facoltà di economia dell’università Roma Tre. La seconda edizione, pubblicata a luglio 2012, non è disponibile online, ma quando venne pubblicato la stampa riportò i dati, che l’autrice del rapporto Valentina Callari ci ha confermato come affidabili. L’aspettativa di vita più alta della città, in effetti, si era registrata nell’allora II municipio, appunto i Parioli (81,2 anni), mentre in fondo alla classifica c’erano i periferici VIII (allora corrispondente alla zona Don Bosco-Delle Torri: 75 anni), XIII (Ostia: 76,1 anni) e XII (EUR: 76,7 anni).



Creditori sconosciuti



Virginia Raggi ha ricordato la difficile e confusa situazione finanziaria del Comune, e a dimostrazione di quella confusione ha citato un dato attribuito al commissario straordinario per il Piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, Silvia Scozzese: “Quando la Scozzese è andata in Commissione, in Parlamento, ha detto chiaramente che il 44 per cento dei debiti non sono noti e il 77 per cento dei crediti non sono noti”.



Il fact-checking



Il 5 aprile 2016, Scozzese è stata sentita dalla Commissione Bilancio della Camera sulla situazione debitoria di Roma (qui il resoconto stenografico). Il commissario straordinario ha sottolineato effettivamente che “attualmente, per il 43 per cento delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune di Roma […] non è individuato direttamente il soggetto creditore” e “il 77 per cento di queste posizioni si riferisce a creditori non identificati analiticamente”. Quindi, come dice Raggi, il sistema informatico comunale non sa con precisione a chi deve i soldi nel 43 per cento dei casi e in oltre tre quarti non sa chi gliene debba.



Gli introiti della metro



I trasporti pubblici sono un altro tema ricorrente delle campagne elettorali romane. A questo proposito, Alfio Marchini ha dichiarato: “La metropolitana a Milano incassa 400 milioni e la metropolitana di Roma, con il doppio dei passeggeri, ne incassa meno della metà”.



Il fact-checking



L’affermazione di Marchini ha un problema di fondo: sia a Roma che a Milano, la società del trasporto pubblico gestisce sia la metropolitana che la rete di superficie (autobus, tram e altro). Poiché i biglietti sono di norma gli stessi, non si può delimitare esattamente quanto incassi la metropolitana in senso stretto. Ad ogni modo, i ricavi totali da trasporto pubblico locale di ATM, la società milanese di cui è socio unico il Comune, sono stati di 742 milioni di euro nel 2014. Di questi, 655 vengono dal contratto di servizio con il Comune stesso, che però non è calcolato direttamente in funzione del numero di passeggeri trasportati ma dal livello di servizio e dalle vetture per chilometro, come spiegavamo qui. Nel 2015, il ricavo della vendita dei biglietti a Milano – che è gestita da ATM ma i cui proventi vanno interamente al Comune – è stato di 423 milioni di euro, più o meno la cifra citata da Marchini. I passeggeri, tra rete metropolitana e mezzi di superficie, sono circa 2 milioni al giorno, per un totale di 735,6 milioni l’anno: di questi, circa 330 milioni utilizzano la metropolitana.



Tutto il sistema romano trasporta ogni anno – dati 2014 – 1.295 milioni di passeggeri: quasi il doppio, effettivamente, della rete milanese. Nella rete della metropolitana di Roma, che è lunga circa la metà di quella di Milano (58 chilometri contro i circa cento del capoluogo lombardo), i passeggeri sono 285 milioni all’anno, dunque circa il 10 per cento in meno di quelli milanesi. Su tutta la rete del trasporto pubblico, invece, i ricavi della vendita dei biglietti sono distribuiti a Roma in un modo molto complesso, ma si può dire che il totale dei ricavi da titoli di viaggio destinati ad ATAC – anche se, come abbiamo ricordato, si tratta di una rete molto diversa – è stato di 270 milioni di euro nel 2014. In definitiva: è vero che la rete dei trasporti romana sposta circa il doppio delle persone e ricava dalla vendita dei biglietti molto di meno; il discorso, però, non vale per la “metropolitana” in senso stretto.



Il crimine



Parlando di sicurezza, la candidata del M5S Virginia Raggi ha dichiarato che durante l’ultima amministrazione di centrodestra la situazione ha mostrato un deciso peggioramento: “Tra il 2010 e l 2013, durante l’era Alemanno […], sono aumentati del 75% i borseggi e del 30% i furti”.



Il fact-checking



I numeri di Virginia Raggi si possono verificare con facilità consultando il database ISTAT, che registra i delitti denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria per le grandi città italiane. Nel grafico successivo visualizziamo l’andamento delle due tipologie di reato – il borseggio, che rientra nella definizione un poco agée di “furto con destrezza”, è più precisamente un sottoinsieme dei furti – tra 2010 e 2013.



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L’aumento c’è, anche se un po’ inferiore a quello segnalato da Raggi per i furti (più 19,4 per cento) mentre è proprio del 75,32 per cento per quanto riguarda i borseggi. La tendenza è però in linea con l’andamento nazionale, che per entrambe le categorie ha mostrato un forte aumento negli anni della crisi economica: tra il 2010 e il 2013 il totale dei furti è passato da 1.325.013 a 1.554.777 (più 17,3 per cento) e i borseggi da 115.577 a 166.116 (più 43,7 per cento).



Il Movimento 5 Stelle riceve soldi pubblici?



Sul tema dei soldi pubblici ricevuti dal M5S, c’è stato un confronto tra Virginia Raggi e Giorgia Meloni. La candidata del Movimento ha detto che “noi rifiutiamo i rimborsi elettorali”, a cui la leader di Fratelli d’Italia ha ribattuto che “i soldi dei gruppi parlamentari li spendete eccome e sono 4 milioni e mezzo alla Camera dei deputati e circa 3 milioni al Senato della Repubblica: quindi sono 7 milioni e mezzo che il M5S si porta a casa”.



Il fact-checking



Ci siamo già occupati della questione nell’analisi di una dichiarazione di Alessandro Di Battista: per essere precisi, il M5S non ha “rifiutato” i rimborsi, piuttosto non ha mai presentato tutta la documentazione necessaria a riceverli (come ad esempio uno statuto). Tuttavia, come avevamo scritto, “oltre agli stipendi che deputati e senatori ricevono, lo Stato sborsa ulteriori somme di denaro ai gruppi parlamentari: precisamente nel 2014 il Movimento 5 Stelle ha ricevuto oltre 2,7 milioni di euro al Senato e oltre 4,4 milioni alla Camera”. In totale circa 7,1 milioni di euro (vincolati a scopi istituzionali), poco meno di quanto detto da Meloni.



Le presenze di Marchini



Virginia Raggi ha accusato Alfio Marchini di partecipare molto poco alle attività del consiglio comunale, in cui è stato consigliere di minoranza a partire dal 2013: “Qui abbiamo un estratto delle sedute in Commissione e c’è scritto che Marchini Alfio ha zero presenze”, ha detto l’esponente Cinque Stelle.



Il fact-checking



I consiglieri sono in totale 48: vediamo per prima cosa i numeri delle presenze in Consiglio comunale di Marchini e di altri due politici famosi a livello nazionale, Gianni Alemanno e Virginia Raggi. Nel primo semestre 2015, Marchini ha partecipato a 25 sedute, contro le 63 di Raggi e le 28 di Alemanno. Nel secondo semestre 2015, le presenze di Marchini sono state solo tre, contro le 28 di Raggi e le 15 di Alemanno. Sia nel primo che nel secondo semestre 2015, nessuno è stato più assenteista di Marchini tra i consiglieri che sono rimasti in carica tutto il mandato. Veniamo alle presenze nelle commissioni. Marchini era membro della Commissione Mobilità: sia nel primo che nel secondo semestre del 2015 le sue presenze sono state pari a zero, contro numeri molto più alti in particolare di Raggi (46 e 57 presenze rispettivamente) ma anche di Alemanno (25 e 21). C’è una parziale scusante per il dato del secondo semestre: il 15 giugno 2015 Marchini annunciò l’“autosospensione” del suo gruppo, composto da lui e dal consigliere Alessandro Onorato, in polemica con la giunta Marino (che decadde il 1° novembre).



Si guadagna di più facendo il sindaco o il parlamentare?



Giorgia Meloni ha dichiarato che “un sindaco guadagna molto meno di un parlamentare della Repubblica”.



Il fact-checking



L’affermazione di Giorgia Meloni è di certo vera per la stragrande maggioranza dei sindaci italiani, visto che le retribuzioni – fissate a livello nazionale – sono a grandi linee dipendenti dal numero di abitanti del comune amministrato. Quando si tratta però dei sindaci delle grandi città, come Roma, è difficile arrivare a una risposta in base alla normativa. Ci siamo già occupati degli stipendi dei parlamentari, proprio a proposito di una dichiarazione di Ignazio Marino che si lamentava della sproporzione tra i compensi dei sindaci delle grandi città e quelli dei parlamentari. Possiamo ragionevolmente concludere che un parlamentare riceve intorno ai 13.300-13.500 euro mensili, tra diaria, indennità e rimborsi. Quanto ai sindaci, la situazione è altrettanto se non più complessa, come spiega ad esempio questa guida per gli amministratori locali curata dall’ANCI del Lazio. La sezione dedicata all’indennità e al gettone di presenza è lunga una trentina di pagine, ma una tabella riassuntiva permette di semplificare.






In concreto, si va dai circa 1.300 euro per i comuni con meno di mille abitanti ai 7 mila circa dei sindaci di capoluoghi di regione con oltre 500 mila abitanti, oppure dei comuni con oltre 250 mila. Questa cifra va considerata soltanto come riferimento, perché ad essa vanno aggiunti rimborsi ed altri emolumenti secondo una normativa molto complessa. Ignazio Marino, durante i suoi ultimi mesi da sindaco, percepiva oltre 9.700 euro al mese. In generale, la frase di Giorgia Meloni è vera, ma nel caso concreto le cifre dei compensi dei sindaci di Roma ci possono andare vicino.



Le biblioteche di Torre Angela



Stefano Fassina ha parlato del diverso accesso alla cultura nelle zone centrali e periferiche, e per farlo ha fatto un esempio riguardo le biblioteche: “A Torre Angela, 88 mila abitanti, c’è una sola biblioteca, in centro storico, 29 mila abitanti, ci sono 46 biblioteche”.



Il fact-checking



Torre Angela è una zona nella periferia orientale della capitale, appena fuori dal Grande Raccordo Anulare. La sua popolazione al 31 dicembre 2015 era di 78.996 abitanti, diecimila in meno di quanti ricordati da Fassina ma comunque nello stesso ordine di grandezza (dati disponibili qui: Tavola 3, cod. 413). La zona fa parte del VI municipio e, secondo il sito del Comune di Roma, in quella parte della città in effetti non ci sono biblioteche. Per quanto riguarda il “centro storico”, Fassina si riferisce probabilmente alla vecchia suddivisione dei municipi di Roma, che è stata modificata a marzo 2013. Prima di allora, la zona urbanistica 1A del primo municipio era effettivamente denominata “Centro storico” e contava, nel 2010, oltre 39 mila abitanti. Difficile verificare che le biblioteche, nella vecchia suddivisione, siano effettivamente 46: in tutto il I municipio attuale – una zona parecchio più ampia, che conta 135 mila abitanti – il sito del Comune elenca 13 biblioteche del sistema comunale, ma ad esse andranno aggiunte moltissime altre non comunali (statali, universitarie, di singoli istituti di ricerca) registrate ad esempio nell’Anagrafe delle Biblioteche Italiane.