«Napoli è la mia forza e il mio dolore». Con un lungo e accorato post su Facebook l’ex ministro dell’Università Gaetano Manfredi ha annunciato che non correrà come candidato sindaco di Napoli sotto le insegne di Partito democratico e Movimento 5 stelle.

Il rifiuto dell’ex rettore dell’Università Federico II ha riportato in alto mare la ricerca di un nome per la città partenopea, l’unica in cui l’alleanza giallorossa sembrava decollare con un candidato comune già dal primo turno.

Manfredi ha rifiutato, secondo quanto ha scritto, perché la situazione finanziaria del comune è disastrosa. «In queste condizioni della città – ha detto l’ex ministro – il sindaco diventa un commissario liquidatore».

Vediamo i dettagli.

La denuncia di Manfredi

Davanti alla richiesta di candidarsi a sindaco di Napoli, «il cuore fibrillava e la testa ragionava», ha scritto Gaetano Manfredi in una lunga lettera (anche d’amore) alla città. «Mi sono messo a studiare – ha raccontato Manfredi– e ho scoperto il dolore».

Secondo l’ex rettore, «il comune presenta una situazione economica e organizzativa drammatica» con passività che «superano abbondantemente i cinque miliardi di euro, tra debiti e crediti inesigibili». Al punto che Manfredi ha definito Napoli «di fatto, in dissesto»: un dissesto che, se non verrà dichiarato dall’attuale sindaco Luigi Di Magistris, spetterà al nuovo primo cittadino entro la fine dell’anno.

Il dissesto di un comune è, semplificando, equivalente alla dichiarazione di fallimento di un’azienda. Secondo la legge, un comune è in dissesto se «l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili» oppure «esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili» non più recuperabili.

Quando viene dichiarato il dissesto, il sindaco e la giunta restano in carica ma vengono affiancati da una commissione inviata dal governo centrale. Lo Stato interviene a risanare i bilanci del comune, ma non lo fa senza conseguenze: l’ente locale deve a sua volta contribuire al risanamento con provvedimenti speciali, spesso misure impopolari per tagliare la spesa.

«Il dissesto e i conseguenti vincoli di bilancio – ha aggiunto Manfredi – creerebbero ferite profonde e azzopperebbero immediatamente il desiderio di ripartenza che tutti noi abbiamo» e i «più deboli pagherebbero il prezzo più alto». Nelle parole dell’ex ministro: «sarebbe una fase lontana dalla mia visione di società e dai miei valori».

Tuttavia, nel suo post, l’ex ministro all’Università ha anche lanciato un appello che è stato letto – da chi spera ancora nella sua candidatura – come una condizione da soddisfare perché possa tornare sui suoi passi: «Soltanto un intervento legislativo di riequilibrio, un immediato, incisivo e concreto “Patto per Napoli” – ha scritto Manfredi – può garantire alla città un futuro di sviluppo. Un Patto privo di artifici contabili, colmo di realtà, basato su uno stralcio del debito con un commissario straordinario come fatto per Roma e un piano straordinario di investimenti nazionali e regionale». In altri termini: lo Stato risolva i problemi delle casse napoletane e forse ripenserò alla mia scelta.

Infatti Manfredi, nelle conclusioni, ha specificato che la sua disponibilità a candidarsi, «al momento» e «in queste condizioni», non sarebbe utile alla città. Non una chiusura definitiva, dunque, e a questo si sono aggrappati i leader dei partiti che lo sostengono.

Fra questi, Giuseppe Conte, che è stato uno degli sponsor più convinti della candidatura dell’ex ministro: «Il Movimento 5 Stelle sarà in prima fila per portare avanti questo “Patto per Napoli” e per realizzare questo intervento legislativo di riequilibrio – ha commentato l’ex premier su Facebook – costituiremo un fronte ampio, che permetterà a persone di valore, come nel caso di Manfredi, di restituire a Napoli i doni ricevuti». E dunque di candidarsi.

Gli altri candidati

Prima ancora di Gaetano Manfredi, il nome su cui avrebbero voluto puntare Movimento 5 stelle e Partito democratico (ma non il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca) è quello del presidente della Camera Roberto Fico (M5s). Fico, già nei mesi passati, non ha nascosto di aver preso seriamente in considerazione l’idea di correre per le comunali della sua città.

L’ipotesi – almeno per ora – è sfumata per un dato di realismo politico: lasciare vacante la presidenza della Camera rischierebbe di aprire una partita parlamentare complicata, in cui rientrerebbero di diritto anche i partiti di centrodestra alla luce della maggioranza larga che sostiene il governo Draghi.

Con la rinuncia di Manfredi, i due partiti dell’alleanza giallorossa sarebbero ora in pressing su Enzo Amendola, attualmente sottosegretario agli Affari esteri ed ex ministro agli Affari europei. L’intenzione di correre insieme già dal primo turno, per le due forze politiche, sarebbero quindi ancora salda almeno sul capoluogo campano, dopo il fallimento degli accordi a Roma e a Torino.