Il Il 21 aprile, durante il Consiglio dei ministri, la Lega – in dissenso con la scelta di confermare il coprifuoco alle 22 – ha scelto di astenersi durante il voto che ha portato all’approvazione del decreto “Riaperture”.

Oltre agli annunci che avevano preceduto il Consiglio dei ministri, il leader della Lega Matteo Salvini ha spiegato sui social la posizione del suo partito: «Non potevamo votare un decreto che continua a imporre chiusure, coprifuoco, limitazioni».

Stefano Ceccanti, capogruppo Pd in commissione Affari costituzionali alla Camera, ha criticato il comportamento della Lega, mettendo in evidenza una norma curiosa (e forse sconosciuta ai più): secondo un Dpcm del 1993, le «opinioni dissenzienti» in Consiglio dei ministri non dovrebbe uscire dalle stanze di Palazzo Chigi.

In effetti la regola – largamente ignorata dai governi – esiste. Vediamo meglio che cosa prevede e quali principi richiama.

Il funzionamento del Consiglio dei ministri

La norma in questione si trova nel Dpcm del 10 novembre 1993, ovvero il Regolamento interno del Consiglio dei ministri. All’articolo 7, comma 3, si legge in effetti che «prima della votazione chi dissente può chiedere che ne sia dato atto nel processo verbale» ma «in ogni caso, non è consentita la pubblica comunicazione o esternazione dell’opinione dissenziente».

Che cosa motiva questa sollecitazione a non rendere pubblico il dissenso? «Il Consiglio dei ministri non è un organo parlamentare ma un organo di governo – spiega il deputato Pd Stefano Ceccanti a Pagella Politica – per cui è giusto che all’interno ci siano discussioni ma poi, una volta raggiunta una posizione, è importante che venga difesa in maniera unitaria all’esterno». Il rischio è, altrimenti, quello di «indebolire l’azione del governo», aggiunge Ceccanti.

Il deputato Pd, costituzionalista, fa notare che la regola risponde a un principio espresso dalla Carta all’articolo 95: «I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri». In altri termini, con quel “collegialmente”, la Costituzione sottolinea che la decisione dell’organo è in teoria la decisione di tutti i ministri, nessuno escluso.

Va detto che la Lega non è certo la prima né l’unica forza politica a ignorare questa parte del regolamento. Da anni, i dibattiti (e anche gli scontri più duri) filtrano dal Consiglio dei ministri ai giornali sotto forma di retroscena, quando non di dichiarazioni ufficiali.

Il caso più recente? L’astensione di Italia viva, a gennaio, sul testo del Recovery Plan italiano proposto dal precedente governo, guidato da Giuseppe Conte. Certo in quel caso il dissenso del partito di Matteo Renzi, reso noto all’esterno, anticipava l’apertura di una vera e propria crisi di governo.