La nostra Germania: dati alla mano, la Campania ha gestito bene la seconda ondata

Ansa
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Con l’arrivo della seconda ondata, la Campania è stata una delle aree d’Italia più discusse nel dibattito pubblico e politico. La regione governata da Vincenzo De Luca (Pd) – rieletto presidente nelle elezioni del 20-21 settembre scorso – è stata per esempio accusata di aver gestito male l’aumento dei casi nella stagione autunnale, e addirittura di aver comunicato dati (come quelli sulle terapie intensive) sbagliati, per evitare l’ingresso nella zona rossa.

Dai contagi ai decessi, passando per gli ospedalizzati e i test, abbiamo verificato che cosa dicono i numeri principali dell’epidemia campana e no, non è vero che la regione di De Luca è stata tra quelle più colpite dalla seconda ondata. Anzi, è stata tra quelle che sembra aver contenuto di più i danni.

Come sta oggi la Campania

Partiamo dai dati più recenti. In base alla distribuzione dei casi a livello provinciale, la Campania è messa piuttosto bene. Nell’ultima settimana, le province di Avellino, Salerno, Caserta e Napoli oscillano tra i 15 e i 17 casi in media per 100 mila abitanti (Grafico 1). Queste quattro province sono tra la 30° e la 45° per minor numero di casi. Benevento invece ne ha 27 ogni 100.000 abitanti, un livello maggiore ma che non la rende una delle province con il maggior numero di casi (72° posto).

Per fare un confronto e avere un ordine di grandezza, le province sotto i 10 casi per 100.000 abitanti sono solo cinque (Cosenza, Agrigento, Siena, Arezzo e Vibo Valentia) e sopra i 100 ce ne sono otto, tra cui Belluno, Treviso, Verona e Padova.

I dati sui contagi

In base alle statistiche aggiornate al 20 dicembre, la Campania è la quinta regione ad avere meno casi in relazione alla popolazione, in media mobile a sette giorni (ossia la media calcolata ogni giorno con i sei precedenti). Ne ha solo 16 ogni 100 mila abitanti, contro i 22 della Lombardia, i 27 della Puglia e i 77 del Veneto (Grafico 2).

La regione guidata da De Luca ha un trend in continuo calo dal 18 novembre. Una decina di giorni prima aveva raggiunto il massimo livello di casi giornalieri con 68 al giorno. Anche nel peggiore momento, però, la Campania è andata sensibilmente meglio di diverse altre regioni, tra cui la Lombardia, il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano.

La Campania è passata in zona rossa il 15 novembre scorso, dopo che il monitoraggio settimanale condotto dall’Istituto superiore di sanità (Iss) le aveva assegnato un rischio “alto” e un indice Rt pari a 1,62. È poi retrocessa a zona arancione a partire dal 6 dicembre grazie al miglioramento della situazione nelle tre settimane precedenti.

Il forte calo dei nuovi contagi ha avuto inizio sette giorni dopo l’introduzione della zona rossa: come abbiamo spiegato in passato, si tratta di un intervallo di tempo compatibile con le stime su quando iniziano ad avere effetto le restrizioni più stringenti.

La discesa non è stata ripida come in altre regioni, ad esempio la Valle d’Aosta o la Provincia autonoma di Bolzano, ma comunque costante e – almeno fino ad ora – non ci sono segnali di risalita.

Va sottolineato che la Campania si trova in questa situazione nonostante sia una delle regioni con la maggiore densità abitativa d’Italia, condizione che in teoria dovrebbe favorire il diffondersi del coronavirus. La provincia di Napoli, in particolar modo, ha 2.600 abitanti per chilometro quadrato contro i 2.080 di Milano e gli 800 di Roma.

Quanti test sono stati fatti

Quando si guarda al calo dei casi è però sempre necessario controllare come cambia il cosiddetto “tasso di positività”, ossia il rapporto tra il numero di nuovi casi e quello dei tamponi eseguiti. Se i casi calano, ma il tasso di positività sale, significa che molto probabilmente siamo di fronte a una discesa, per così dire, fittizia del contagio, dovuta per lo più al minor numero di test fatti.

Nella prima metà di novembre, in Campania il tasso di positività era arrivato poco sotto il 20 per cento, ma dal 10 novembre ha iniziato a scendere in modo progressivo e costante: ora è pari al 6,5 per cento.

È il quarto tasso di positività più basso d’Italia ed è molto vicino al 5 per cento, il livello con cui si può ritenere un’epidemia sotto controllo secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Anche in questo caso, neppure nei momenti più difficili la Campania è stata la regione con il peggior tasso di positività: messe peggio c’erano la Lombardia, la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Provincia autonoma di Bolzano. La Campania è anche una delle poche regioni in cui il tasso di positività non è mai tornato a crescere in questo ultimo mese e mezzo, sebbene il calo sia iniziato soltanto a dicembre (Grafico 3).

I dati sui ricoveri

Un altro indicatore fondamentale da guardare per valutare la gestione dell’epidemia è il numero di persone ospedalizzate. Per avere un confronto tra regioni, il Grafico 4 mostra i dati sui ricoverati Covid-19 in relazione a 100 mila abitanti.

La Campania non è stata una delle regioni con il maggior numero di persone ospedalizzate e la crescita è stata molto lenta rispetto a regioni come la Valle d’Aosta, il Piemonte o la Liguria. Nel peggior momento della seconda ondata ha avuto 42 ospedalizzati ogni 100 mila abitanti rispetto, per esempio, i 92 della Lombardia. Il massimo livello in Campania si è raggiunto il 23 novembre e poi è iniziata la discesa (il calo che si nota il 5 dicembre è dovuto probabilmente a un errore di comunicazione dei dati).

Secondo il monitoraggio settimanale condotto dall’Iss nella settimana che va dal 7 al 13 dicembre, la Campania ha il 20 per cento di posti letto di terapia intensiva occupati da pazienti Covid-19 e il 37 per cento delle aree mediche rilevanti (malattie infettive, medicina generale e pneumologia). Le soglie di allerta del Ministero della Salute sono fissate rispettivamente al 30 e al 40 per cento.

I dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionale (Agenas), disponibili solo da fine novembre, mostrano che la Campania è arrivata ad occupare con pazienti Covid-19 al massimo il 31 per cento dei posti in terapia intensiva e il 42 per cento di quelle delle aree mediche.

La situazione dei decessi

La Campania è inoltre una delle regioni più virtuose se si guarda ai numeri dei morti Covid-19 ogni 100 mila abitanti. Nel suo momento peggiore, era comunque la quarta regione messa meglio d’Italia, con meno di un decesso ogni 100 mila abitanti. La Valle d’Aosta è arrivata a 5,2, il Friuli venezia Giulia a 2,7, il Veneto a 1,9, e le Province autonome di Bolzano e Trento rispettivamente a 2,2 e a 2,1.

Al momento, solo quattro regioni hanno, in media mobile, meno decessi della Campania ogni 100 mila abitanti: la Calabria, la Basilicata, il Molise e la Sicilia.

Va comunque sottolineato che la Campania ha una delle popolazioni più giovani d’Italia, meno a rischio per quanto riguarda la letalità della Covid-19, particolarmente pericolosa per le persone più anziane. In Italia gli over 65 sono pari al 23,2 per cento della popolazione, mentre in Campania sono il 19,2 per cento.

Va anche tenuto conto che è possibile che una parte dei decessi causati dal coronavirus sia sfuggita alle statistiche ufficiali, come già accaduto nella maggior parte delle regioni nella prima ondata, tra marzo e aprile.

La capacità di monitoraggio

Infine, un ulteriore ambito da analizzare riguarda la capacità della Campania di monitorare l’andamento dell’epidemia.

Nella settimana dal 7 al 13 dicembre, la Campania è riuscita a fornire la data di inizio sintomi del 92 per cento dei positivi sintomatici. È un dato abbastanza buono e migliore di altre dieci regioni o province autonome. Come abbiamo spiegato in precedenza, questo è un dato fondamentale per calcolare Rt e l’Iss stabilisce che la soglia minima debba essere pari al 60 per cento.

Il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione note – dunque, di cui non si conosce l’origine – è pari a 2.546 su oltre 20 mila casi segnalati nelle ultime due settimane. I nuovi focolai noti sono 451, in forte calo rispetto alla scorsa settimana.

Il tasso di positività ricalcolato dall’Iss, escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e i test ripetuti sugli stessi soggetti, mostra che il numero di tamponi positivi è pari al 10,2 per cento, in calo rispetto al 14,8 per cento della settimana scorsa. Il tempo per essere testati tra quando emergono i sintomi è uno dei migliori d’Italia: passa infatti solo un giorno. Servono poi in media altri due giorni per essere messi in isolamento.

In conclusione

A differenza di quello che è stato detto nei mesi scorsi, la Campania sembra aver gestito tutto sommato bene la seconda ondata di coronavirus. Il numero di casi giornalieri non è mai esploso del tutto ed è stato riportato abbastanza velocemente sotto controllo. Il calo non è stato fittizio: anche il tasso di positività ha avuto un sensibile miglioramento.

A livello ospedaliero il numero di pazienti in relazione alla popolazione è rimasto più basso di diverse regioni e il numero di decessi è stato uno dei più bassi di tutta Italia. Questo è avvenuto nonostante la sanità campana sia spesso descritta come in difficoltà e in un contesto potenzialmente “esplosivo” – o altri aggettivi parimenti allarmistici – a causa dell’alta densità abitativa della regione.

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