No, non troviamo più contagiati perché facciamo più test

Ansa
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In breve

• Nell’ultimo mese i casi di nuovo coronavirus in Italia sono tornati ad aumentare, e parallelamente è cresciuto il numero dei tamponi e quello dei casi testati. È vero quindi che l’aumento dei casi è dovuto all’aumento del numero dei test?

• I dati dicono che a fronte di un incremento dei casi, i tamponi e le nuove persone sottoposte a test non sono cresciute a un ritmo sufficiente per tenere costanti i tassi di positività.

• I casi di Sars-CoV-2 non stanno crescendo solo perché aumentano i test, ma per una maggiore circolazione del virus.

• In questa nuova fase dell’epidemia a essere maggiormente colpite rispetto a prima sono le regioni del Centro e del Sud, che hanno una minore capacità diagnostica.



In Italia, da metà luglio, i casi positivi al Sars-CoV-2 notificati ogni giorno dal Ministero della Salute e dalla Protezione Civile sono ripresi ad aumentare.

In un mese si è passati dai 254 casi comunicati il 26 luglio ai 1.367 del 26 agosto. Se si guarda alla media mobile a sette giorni – un particolare tipo di media che permette di limare la variabilità dei singoli dati giornalieri – si va da 241 nuovi casi di inizio luglio ai 1.037 del 26 agosto, evidenziando un trend di crescita, come mostra il Grafico 1.
Grafico 1. Nuovi casi giornalieri di Sars-CoV-2 e media mobile a sette giorni – Fonte: Protezione civile
Ma è vero, come se si sente quotidianamente ripetere da più parti, che questo aumento dei casi registrato nell’ultimo mese è dovuto a un maggior numero di test che vengono fatti nel nostro Paese?

Vediamo che cosa dicono davvero i numeri, iniziando da quelli sui test.

I due indicatori italiani sui test

In Italia ogni giorno la Protezione Civile comunica due differenti dati in merito ai test sul nuovo coronavirus.

Il primo dato è quello sui tamponi nasofaringei – anche detti tamponi molecolari o Pcr, da Polymerase chain reaction, nome della tecnica di rilevamento utilizzata – mentre il secondo è quello sui cosiddetti “casi testati”. I tamponi sono tutti i test che vengono fatti per rilevare la positività o la negatività al nuovo coronavirus, mentre i casi testati equivalgono al totale dei soggetti sottoposti al test.

I numeri di questi due indicatori dunque, facendo riferimento a due cose diverse, non coincidono: se una persona viene infatti sottoposta a più tamponi, per esempio al doppio tampone in 24 ore per accertare la negatività al virus e la sua conseguente guarigione virologica, sarà contato come solo un caso singolo tra i casi testati.

Nell’ultimo mese si è assistito a un aumento di entrambi gli indicatori. In media mobile, si è passati infatti da 46.075 tamponi a 72.324, e da 26.078 casi testati a 46.556.

Il 27 agosto, in termini di valori assoluti, c’è stato il massimo numero di tamponi comunicati in un giorno da inizio epidemia, 93.529, e il terzo maggior numero di casi testati, 58.054. Il 9 giugno, in audizione in Commissione Affari sociali alla Camera, il commissario straordinario di governo per l’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri disse che «arriveremo a fare 92mila tamponi al giorno fino al 31 dicembre», un dato vicino a quello toccato in questi ultimi giorni.

Ma a quale dei due indicatori bisogna guardare? I tamponi o i casi testati? Nei suoi report, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) – un’agenzia indipendente dell’Unione europea che si occupa del contrasto alle malattie infettive – fa riferimento ai tamponi, mentre nei suoi monitoraggi la Fondazione Gimbe – che ha lo scopo di promuovere e realizzare attività di formazione e ricerca in ambito sanitario – utilizza il dato sui casi testati (anche se li definisce “tamponi diagnostici”).

Che cosa è successo a questi due indicatori (tamponi e casi testati) nell’ultimo mese, dove abbiamo visto essere stato registrato un aumento dei casi positivi al nuovo coronavirus?

Più test = più casi?

Se avessimo più casi solo perché facciamo più tamponi, il rapporto tra tamponi effettuati e nuovi casi trovati dovrebbe rimanere costante. Guardiamo allora il tasso di positività, ossia il numero di nuovi positivi al Sars-CoV-2 diagnosticati in relazione al numero di test eseguiti: si scopre che questo indicatore è aumentato sia per quanto riguarda i tamponi che i casi testati.

Al 26 luglio il tasso di positività di questi due indicatori era pari rispettivamente allo 0,5 per cento e allo 0,9 per cento. In parole semplici, bisognava fare almeno duecento tamponi per trovarne un positivo e testare almeno centodieci nuove persone per trovare un nuovo infetto di Sars-CoV-2.

Al 26 agosto entrambe queste percentuali sono aumentate, passando rispettivamente all’1,4 per cento (tasso di positività dei tamponi) e 2,2 per cento (tasso di positività dei casi testati). Oggi quindi si trova complessivamente quasi il triplo dei positivi a parità di tamponi e circa due volte e mezzo a parità di casi testati.

Ci sono comunque significative differenze tra le regioni sia per il numero di soggetti positivi che si trovano sia per le differenti capacità nel testing. In Lombardia e Veneto, ad esempio, il 26 agosto sono stati notificati oltre 16 mila tamponi, mentre in Sicilia circa 4 mila e in Sardegna meno di 2 mila.

Le differenze regionali

In quasi tutte le regioni italiane, a partire da giugno in poi – ossia con l’inizio della cosiddetta “Fase 3” – si è anche registrato un aumento dei tassi di positività sia dei tamponi che dei casi testati, in particolare nelle regioni del Centro-Sud.

In base alle medie mobili, si osservano dati con un’alta varianza dovuta, tra le altre cose, alla componente settimanale di tamponi e casi testati, perché in alcuni giorni – in particolare il weekend – si testa di meno.

I dati mostrano che in Veneto si è passati in media mobile a sette giorni dallo 0,33 per cento di positività sui tamponi del 26 luglio all’1,08 per cento del 26 agosto. In Lombardia dallo 0,72 per cento all’1,47 per cento. In Emilia Romagna l’aumento è stato più contenuto grazie a un contemporaneo incremento dei test che ha permesso di bilanciare parzialmente l’aumento dei casi: si va dallo 0,94 per cento all’1 per cento (Grafico 2).
Grafico 2. Tassi di positività giornalieri dei nuovi casi sui nuovi tamponi e i nuovi casi testati in medie mobili a sette giorni – Fonte: Protezione civile
Nelle regioni del Centro Italia, il Lazio è passato dallo 0,67 per cento al 2,09 per cento e la Toscana dallo 0,29 per cento all’1,60 per cento.

Al Sud, nelle regioni con i maggiori aumenti di contagiati, negli ultimi giorni la Campania è passata dallo 0,79 per cento dei tamponi positivi al 2,95 per cento, mentre in Sicilia si è saliti dallo 0,34 per cento all’1,59 per cento.

Al 26 agosto la regione con il maggiore aumento registrato dei tassi di positività è però la Sardegna. Un mese fa per trovare un positivo bisognava fare circa 500 tamponi e testare altrettante persone, mentre adesso sono sufficienti 22 tamponi e 19 nuove persone testate. I tassi si positività sono infatti passati da 0,19 per cento e 0,21 per cento a 4,49 per cento e 5,14 per cento.

I tassi della Sardegna risultano molto vicini, e in parte oltre, a quanto indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per capire se in una specifica area geografica l’epidemia di Covid-19 è sotto controllo o meno.

In un documento pubblicato a maggio 2020, tra i criteri epidemiologici l’Oms ha inserito la necessità di stare sotto il 5 per cento di test positivi per almeno due settimane, assumendo che la sorveglianza dei casi sospetti sia completa, ossia che testi effettivamente tutti i sospetti positivi.
Tabella 1. Criteri epidemiologici dell’Oms per stabilire se l’epidemia è sotto controllo in un’area geografica, o meno – Fonte: Oms
Tabella 1. Criteri epidemiologici dell’Oms per stabilire se l’epidemia è sotto controllo in un’area geografica, o meno – Fonte: Oms
Un ruolo nell’aumento dei tassi di positività nelle singole regioni italiane è possibile che lo stiano avendo i cosiddetti “test rapidi”, svolti per esempio nel Lazio (dove un eventuale caso positivo viene poi sottoposto a tampone), o i test per chi arriva da alcuni Paesi esteri (come Spagna, Grecia, Malta e Croazia), dove nelle ultime settimane la circolazione del virus è molto cresciuta.

La composizione dei casi e dei test per macroregioni

Come è cambiato invece il “peso” delle singoli regioni sui contagi, i tamponi e i casi casi testati in Italia?

La Lombardia è passata dal pesare, in media mobile, il 25 per cento sui nuovi contagi al 17 per cento, mentre il resto del Nord è calato dal 47 per cento al 33 per cento. Il Centro Italia ha invece raddoppiato le sue percentuali, passando dal 12 per cento al 25 per cento, in particolar modo per la crescita registrata nel Lazio, mentre il Sud e le isole sono passati dal 16 per cento al 25 per cento. In sostanza, se un mese fa il 72 per cento dei nuovi contagiati era concentrato nella parte settentrionale dell’Italia, ora lo è “solo” il 50 per cento.

La stessa dinamica non si è però avuta sui tamponi. Il 26 luglio la Lombardia aveva il 18 per cento dei tamponi totali eseguiti e il resto delle regioni del Nord il 47 per cento; ora le percentuali sono pari al 17 per cento e al 45 per cento. Il Centro è passato dal 15 per cento al 20 per cento dei tamponi totali e il Sud è calato dal 20 per cento al 18 per cento. Nonostante quindi il maggiore peso del Centro-Sud sul totale dei nuovi contagi, la percentuale dei tamponi è rimasta quasi costante.

Per quanto riguarda i casi testati, invece, un mese fa il Nord valeva complessivamente il 55 per cento e ora il 54 per cento; il Centro il 19 per cento e adesso il 23 per cento; e il Sud il 26 per cento e ora il 23 per cento. Anche in questo caso nel Meridione i nuovi testati in rapporto ai testati totali italiani sono meno di un mese fa, mentre al centro di più (Grafico 3).
Grafico 3. Nuovi tamponi, nuovi casi testati e nuovi positivi in medie mobili a sette giorni, divisi per macroregioni – Fonte: Protezione civile

In conclusione

In conclusione, gli attuali dati dell’epidemia in Italia mostrano che i casi di Sars-CoV-2 non stanno crescendo solo perché aumentano i test, ma per una maggiore circolazione del virus.

A fronte di un incremento dei casi, i tamponi e le nuove persone sottoposte a test non sono cresciute a un ritmo sufficiente per tenere costanti i tassi di positività.

In questa nuova fase dell’epidemia a essere maggiormente colpite rispetto a prima sono le regioni del Centro e del Sud, che hanno una minore capacità diagnostica.

È inoltre possibile attendersi un ulteriore aumento del tasso di positività in quanto si è vicini al limite della capacità di testing.

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