Con il cashback lo Stato ci guadagna o ci perde? È presto per dirlo

Ansa
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Negli ultimi mesi una delle misure più dibattute dai politici italiani è stata quella del cashback, con cui lo Stato rimborsa ai cittadini una parte degli acquisti fatti con i pagamenti elettronici.

Da settimane indiscrezioni parlano della volontà del governo Draghi di modificare o addirittura cancellare questo provvedimento, anche se il 7 aprile il Senato ha bocciato una mozione di Fratelli d’Italia che chiedeva di usare gli stanziamenti del cashback (circa 4,7 miliardi di euro per gli anni 2021 e 2022) per i cosiddetti “ristori”, ovvero gli aiuti per le attività più colpite dalla crisi economica.

Lo stesso giorno la sottosegretaria all’Economia Laura Castelli (M5s) ha scritto su Facebook che il cashback è «una misura che si autofinanzia», perché, secondo le stime, aumenterà i consumi di «23 miliardi» nel biennio 2021-2022 ed entro il 2025 farà crescere le entrate fiscali dello Stato di «9 miliardi». Gli stessi dati sono stati riportati il 9 aprile dal deputato del M5s Francesco D’Uva in un’intervista con Il Foglio, mentre il giorno prima Il Blog delle Stelle ha pubblicato un articolo intitolato “Il cashback funziona e serve”, che però non contiene dati specifici a supporto di questa tesi.

Senza entrare nel merito delle posizioni in campo, ad oggi che cosa sappiamo sull’impatto del cashback? I dati citati dal Movimento 5 stelle sono corretti? Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza su uno dei temi più divisivi del dibattito politico italiano e al momento non esistono statistiche ufficiali. C’è chi ha provato a fare alcuni conti, ma in questo caso le previsioni vanno prese con cautela. Vediamo perché.

Non ci sono ancora stime ufficiali sull’impatto del cashback

Ad oggi non sono ancora state pubblicate stime ufficiali sugli effetti del cashback, né dal governo né dal Ministero dell’Economia (Mef) o da altri dicasteri. Come abbiamo anticipato, gli stanziamenti per questa misura sono di 1,75 miliardi di euro per il 2021 e di 3 miliardi per il 2022 (per l’Extra cashback di Natale sono stati fatti rimborsi per 223 milioni) e hanno seguito un procedimento piuttosto tortuoso.

Il cashback è stato infatti prima introdotto dalla legge di Bilancio per il 2020, poi rivisto dai decreti “Rilancio” e “Agosto” durante l’emergenza coronavirus, e infine ufficializzato a novembre 2020 con un decreto del Mef (la legge di Bilancio per il 2021 ha introdotto solo modifiche procedurali, senza conseguenze finanziarie).

In nessuno di questi documenti è però contenuta una valutazione del potenziale impatto positivo del cashback sulle casse dello Stato e sugli acquisti dei cittadini, cosa che di solito viene fatta nelle varie relazioni tecniche o nei dossier parlamentari. L’obiettivo del cashback, ricordiamo, è quello di ampliare la diffusione dei pagamenti digitali e di incentivare i consumi, consentendo un aumento del gettito per lo Stato (si pensi all’Iva) e un maggiore contrasto all’evasione fiscale (Figura 1). Al momento, come hanno sottolineato alcuni osservatori, questa misura è una «scommessa», che potrà avere successo, come no.
Figura 1. Come funziona il cashback – Fonte: Italia Cashless
Figura 1. Come funziona il cashback – Fonte: Italia Cashless

Quali dati sono stati comunicati fino ad oggi

Alcuni dati sul ricorso al cashback, e non sull’impatto, sono stati divulgati di recente da alcuni membri del governo.

Il 24 marzo, in risposta ad un’interrogazione parlamentare, il sottosegretario all’Economia Claudio Durigon (Lega) ha detto che il numero degli aderenti all’iniziativa è in costante crescita (7 milioni di utenti attivi a marzo scorso), così come il numero degli strumenti di pagamento registrati. Durigon ha anche rivelato che oltre un pagamento su due effettuato con il cashback ha un importo inferiore ai 25 euro, andando a sostituire micropagamenti che solitamente sono fatti con il contante.

Il 18 marzo, sempre in un’audizione parlamentare, il ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale Vittorio Colao non ha voluto sbilanciarsi sull’«impatto economico complessivo» del cashback, dicendo che «va valutato» e che comunque finora è stato un «grande successo». Secondo Colao, ad oggi c’è già stato un «effetto traino», che ha spinto molti italiani ad adottare per la prima volta nuove abitudini d’acquisto.

Questi numeri danno un ordine di grandezza del provvedimento, ma non permettono di rispondere alla domanda di partenza: lo Stato ci guadagna o ci perde, in soldoni, con il cashback?

Da dove viene la stima dei “+23 miliardi di consumi” e dei “+9 miliardi di gettito”

Come abbiamo visto, secondo la sottosegretaria Castelli si stima che il cashback porterà un aumento dei consumi di 23 miliardi di euro nel biennio 2020-2021, con più entrate per lo Stato di 9 miliardi di euro fino al 2025. Sulla base di queste cifre, uno stanziamento di quasi 5 miliardi sembra dunque conveniente: le entrate sarebbero maggiori delle uscite. Ma da dove vengono questi numeri, se abbiamo detto che ad oggi valutazioni ufficiali sugli impatti del cashback non ci sono?

I dati indicati da Castelli sono contenuti nel “Rapporto 2021 – Italia cashless: cambiamenti in atto e prospettive future”, pubblicato il 25 marzo dalla Community Cashless Society, che fa parte di The European House Ambrosetti, un think tank italiano che da anni promuove iniziative per incentivare i pagamenti elettronici in Italia.

Innanzitutto, come sottolinea il rapporto, va detto che le stime di Ambrosetti sul cashback «si basano su informazioni ad oggi disponibili in modo parziale e non sempre aggiornato e che i dati a consuntivo che verranno presentati nei prossimi mesi permetteranno una più precisa quantificazione dei benefici effettivi». In secondo luogo, come hanno spiegato i ricercatori di Ambrosetti a Pagella Politica, gli impatti stimati del cashback sono stati calcolati attraverso un modello econometrico – un particolare modello statistico adottato dagli economisti – che si basa su diverse assunzioni con un certo margine di incertezza. Queste stime, secondo quanto riferito a Pagella Politica da Ambrosetti, sono al momento le uniche pubblicamente consultabili sui potenziali effetti del cashback.

Entrambe le osservazioni suggeriscono dunque che i benefici del cashback citati da Castelli vanno presi con la dovuta cautela. Al di là di questo avvertimento, vediamo che cosa dicono i numeri.

Come primo passo, i ricercatori di Ambrosetti hanno cercato di quantificare quale impatto ha avuto l’introduzione del cashback in via sperimentale durante lo scorso periodo natalizio, quando tra l’8 e il 31 dicembre 2020 è entrato in vigore l’Extra cashback di Natale. Senza entrare troppo nei dettagli, i ricercatori hanno stimato i consumi mensili delle famiglie nel 2019 e nel 2020 (Istat comunica solo i dati trimestrali) e per quanto riguarda dicembre 2020 li ha rapportati ai dati delle transazioni raccolti con l’app IO, quella con cui è possibile accedere al cashback.

Quanti dei consumi fatti in più a dicembre scorso sono da ricondurre al cashback o meno? Secondo i ricercatori di Ambrosetti, a fine 2020 i consumi addizionali generati da questa misura sarebbero stati di 1,1 miliardi di euro. Questo dato è stato ottenuto in base a un modello econometrico e prendendo per solidi i risultati di un sondaggio, secondo cui quasi quattro italiani su dieci hanno detto di aver aumentato i loro consumi proprio grazie all’introduzione del cashback. Per il 2021 e il 2022 (anno in cui per ora è previsto il termine dei rimborsi), Ambrosetti ha stimato consumi addizionali rispettivamente per 9,3 miliardi e 13,9 miliardi. In totale, stiamo parlando di una crescita dei consumi nel biennio 2021-2022 di oltre 23 miliardi (la cifra indicata da Castelli, Grafico 1).
Grafico 1. Le stime di Community Cashless Society pubblicate il 25 marzo 2021
Grafico 1. Le stime di Community Cashless Society pubblicate il 25 marzo 2021
A questa cifra è stata poi applicata una media delle aliquote con cui sono tassati una serie di prodotti e servizi e si è calcolato un gettito addizionale per le casse dello Stato di circa 4,4 miliardi di euro fino al 2022. Questa cifra sale a 9,2 miliardi fino al 2025 se si considerano gli effetti indiretti del cashback nel triennio dopo il 2022 e l’emersione del nero (Grafico 1).
Grafico 2. Gettito aggiuntivo per lo Stato e recupero da sommerso con il cashback – Fonte: Community Cashless Society
Grafico 2. Gettito aggiuntivo per lo Stato e recupero da sommerso con il cashback – Fonte: Community Cashless Society
Senza entrare troppo nei dettagli, anche qui ci sono diversi assunti che consigliano di prendere con cautela queste stime. Per esempio, per quanto riguarda il recupero del sommerso, i ricercatori hanno utilizzato i risultati ottenuti dal cashback in Portogallo, mentre gli effetti indiretti fino al 2025 sono calcolati in base «alla diffusione della cultura cashless stimolata dalla misura negli anni precedenti» nel nostro Paese. Detta altrimenti, qui sono anche considerati gli effetti che nei prossimi anni potranno avere altri provvedimenti, come la lotteria degli scontrini e gli altri incentivi per i pagamenti digitali.

In conclusione

Il cashback è diventato una delle misure più divisive nel dibattito politico italiano. Da un lato c’è chi chiede di cancellarlo, come Fratelli d’Italia, e di destinare le risorse per i ristori delle attività più colpite dalla crisi. Dall’altro lato c’è chi sostiene, come alcuni esponenti del Movimento 5 stelle, che lo Stato ci guadagnerà dal cashback, numeri alla mano.

Ad oggi valutazioni ufficiali sui potenziali benefici del cashback non ci sono, o almeno non sono state rese pubbliche né dal governo né dai vari ministeri competenti.

A fine marzo un think tank italiano – da anni attivo nel promuovere la diffusione dei pagamenti digitali – ha pubblicato delle prime stime, secondo le quali il cashback farà aumentare i consumi in Italia di 23 miliardi circa nel biennio 2021-2022, generando un maggiore gettito di oltre 9 miliardi fino al 2025.

Queste stime sono state riprese di recente dalla sottosegretaria Castelli per difendere il cashback, ma vanno prese con cautela. Hanno infatti un ampio margine di incertezza, sia perché si basano su dati ancora preliminari e provvisori sia perché poggiano su una serie di assunzioni che non si sa se saranno o meno confermate dalla realtà dei fatti.

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